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Ecobonus: caldaie e climatizzatori, la giungla dei prezzi | Milena Gabanelli – Corriere della Sera

Per contrastare il riscaldamento globale non c’è più un minuto da perdere: bisogna ridurre drasticamente le emissioni di Co2 e le direttive europee hanno fissato tappe inderogabili per ogni Paese membro. Diminuire i consumi di energia elettrica è un imperativo. Per questo la maggior parte dei Paesi dell’Unione, sotto varie forme, aiuta i cittadini che si attivano per eliminare la dispersione di calore nelle loro case o installano apparecchi meno energivori. Anche lo Stato italiano finanzia chi decide di fare interventi radicali come i cappotti termici, la sostituzione degli infissi o delle vecchie caldaie, l’installazione di pompe di calore ovvero di un condizionatore d’aria che può anche riscaldare d’inverno. Le nuove caldaie a condensazione fanno risparmiare fino al 30% di energia rispetto a quelle tradizionali, riciclando il calore dei loro stessi fumi. Ma come funziona questo incentivo e come si ottiene?
La detrazione fiscale

Le campagne a sostegno dell’efficientamento energetico sono partite nel 2018 e i risultati si sono visti subito. Dai dati prodotti dall’Enea (l’Agenzia Nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo sostenibile), solo per l’acquisto di caldaie e climatizzatori, gli italiani hanno usufruito di circa 78 mila incentivi con un risparmio energetico totale di 278 GWh/anno e un costo a carico dello stato di circa 300 milioni di euro. Il meccanismo dei rimborsi funziona così: l’Agenzia delle entrate restituisce il 50% del costo per un modello standard, il 65% se il modello è evoluto e rileva la temperatura nelle varie stanze per modulare la produzione di calore. La procedura però è complessa: occorre farsi assistere da un tecnico per compilare la pratica, inviarla all’Enea per la verifica di conformità, e poi i soldi li scali dalla dichiarazione dei redditi sotto forma di detrazione fiscale in dieci anni.

La vendita porta-porta

Nell’ultimo anno le vendite si sono impennate: siamo passati dalle 16 mila pompe di calore e 62 mila caldaie vendute nel 2018, ai quasi 70.000 condizionatori e 171.000 caldaie del 2020. Con previsione di superare le 206.000 nel 2021. E i dati non includono i tanti apparecchi acquistati con il «superbonus del 110%». Cosa è successo? Nel maggio 2020 (Decreto Legge 34) è arrivato il «credito d’imposta»: il venditore ti può scontare dal 50 al 65% del costo direttamente in fattura al momento dell’acquisto e ci penserà lui poi a riscuotere la differenza dallo Stato nel giro di un anno. L’effetto del decreto, oltre a produrre benefici per l’ambiente, ha rivitalizzato settori trainanti dell’economia come le costruzioni, l’impiantistica e l’idraulica. Gli affari vanno così bene che si fatica a trovare un tecnico installatore libero. Secondo il Cresme, ad aprile chi ha effettuato interventi di riqualificazione energetica ha accumulato oltre il 60% in più di credito di imposta rispetto a un anno fa, quando la cessione diretta del credito non era operativa. Nell’affare si sono buttate le multiutility. I colossi di gas ed energia propongono i prodotti porta a porta, chiavi in mano, e li fanno pagare in piccole, comode rate nelle bollette. Ma i loro preventivi, se si vanno a leggere con attenzione, e si confrontano con i prezzi praticati nei negozi, sono incredibilmente pesanti. Vediamo qualche esempio.

Prezzi a confronto

Per sostituire la nostra vecchia caldaia, l’incaricato di Eni Gas e Luce ci ha proposto una Riello Residence 30. Ottimo prodotto made in Italy. La fattura è di 3.991 euro (il preventivo): 2.911 di prodotto, 1.080 di non precisati oneri accessori, 30 di sali contro il calcare. Noi ne paghiamo, installazione compresa, il 35%, cioè 1.396 euro, lo Stato i restanti 2.595 (il 65%) a Eni Gas e Luce. E se comprassimo il prodotto in negozio? Il prezzo è di circa 1600 euro tutto compreso (1.089 per la caldaia): 560 sono a carico nostro, 1040 lo Stato ce li restituirà in dieci anni. Rispetto al contratto con Eni noi risparmiamo oltre 800 euro, lo Stato 1500. La pompa di calore invece ce la installa RetiEnergia, fornitore di servizi delegato da diverse grandi multiutilities. Per la Haier Tundra 2.0 35 (produzione cinese) ci chiede 1.957 euro (il preventivo): 685 li paghiamo noi, 1272 lo Stato. Se andiamo in negozio, la stessa Tundra costa soltanto 440 euro, iva e consegna comprese (il preventivo). A cui bisogna aggiungere la spesa montaggio, per un costo massimo 250 euro. Totale della spesa: 690 euro, di cui lo Stato ne rimborsa 450. Ricarichi mostruosi di cui il consumatore spesso nemmeno si accorge perché è attento solo al costo finale. Le multiutility interpellate giustificano i ricarichi con le spese di gestione della pratica e l’anticipo del credito. I produttori non aiutano a fare chiarezza sui costi reali dei prodotti. Chiamata in causa, Haier Italia dice che «non esistono listini, i prezzi ai venditori sono riservatissimi», ma dall’associazione di categoria Angaisa chiariscono che lo sconto riservato al venditore si aggira attorno al 50% e consente già da solo un buon margine di guadagno.

Negozi in crisi

È chiaro che acquistare caldaia o condizionatore più montaggio direttamente in negozio sarebbe più conveniente per tutti. Il problema è che deve poi pensarci il cittadino a chiedere la detrazione fiscale in 10 anni, perché i piccoli e medi rivenditori si fanno da parte: non dispongono della liquidità per anticipare il denaro che gli viene rimborsato dopo un anno. Infatti restano tagliati fuori dal mercato e sono in crisi. L’alternativa è la grande distribuzione che applica un ricarico per gestire la pratica, ma attorno al 20% non dal 100 al 150% come fanno le multiutilities. Se invece il prodotto ti viene offerto a casa, con il marketing martellante di tecnici/venditori dei colossi dell’energia, sei stimolato a comprare ed è tutto più comodo. Pazienza se il promoter delle multiutility consiglia spesso un apparecchio nuovo anche là dove basterebbe una semplice riparazione, perché «col credito fiscale conviene».

È chiaro che acquistare caldaia o condizionatore più montaggio direttamente in negozio sarebbe più conveniente per tutti.

Lo Stato, che rimborsa caldaie e condizionatori anche al triplo del loro valore, ha le sue colpe: il meccanismo di rimborso fiscale è complicato e diluito in tempi troppo lunghi. In Francia il credito per i miglioramenti energetici (il nuovo programma 2021 si chiama MaPrimeRénov) rimborsa dal 40 al 90% dell’importo speso in soli 5 anni. I controlli sui limiti di spesa e le modalità di installazione sono rigorosi e l’incentivo non è a pioggia: la percentuale è legata alle fasce di reddito e alla composizione del nucleo familiare. In Italia lo sconto del 65% si applica indistintamente a ricchi e poveri, ai single e alle famiglie con quattro figli. I cittadini transalpini hanno a disposizione un portale Internet che li guida passo passo nel compilare la domanda; per quello italiano servono competenze da geometra. Per quel che riguarda i limiti di spesa sono troppo ampi e vaghi: sui prezziari ministeriali la cifra massima indicata è «fino a 30 mila euro», perché sono dimensionati sui condomini e non sugli appartamenti. Vuol dire che chi fattura una caldaia al doppio del suo valore non rischia nulla. «Quello che segnalate – spiega l’ingegner Domenico Prisinzano, del Dipartimento Unità Efficienza Energetica di Enea – è un problema potenzialmente serio, che va indagato».

Un buco da 470 milioni

Ma chi deve indagare? Lo Stato delega all’Enea la gestione della pratiche per valutare il risparmio energetico ottenuto dalla sostituzione delle apparecchiature. È previsto che vengano rilevate le anomalie, da comunicare al Mite e all’Agenzia delle Entrate. Ma è l’Agenzia delle Entrate che deve fare le verifiche prima di erogare i rimborsi. Fino ad oggi nessuno ha controllato se un condizionatore o una caldaia vengono fatti pagare il doppio o il triplo del prezzo di mercato. Facciamo due conti: il Mef per queste due apparecchiature ha messo a bilancio 500 milioni l’anno di incentivi. Se il ricarico è stato applicato su tutte le 171.000 caldaie e 80.000 condizionatori installati nel 2020, fanno circa 470 milioni di euro in più. E in cassa non ci saranno.

dataroom@rcs.it

4 luglio 2021 | 21:29

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