I tecnici del Tesoro l’hanno definita la più grande truffa messa in atto ai danni dello Stato. Quattro miliardi di euro di crediti per i bonus edilizi, di cui due già incassati, bloccati dall’Agenzia delle Entrate perché frutto di frodi, ovvero riferiti a lavori mai eseguiti con l’emissione di fatture false. Quando i buoi erano già scappati il governo ha chiuso la stalla, limitando le cessioni del credito a una sola. Ma in questo modo ha bloccato il mercato e messo in grave difficoltà le imprese oneste, finché è stato costretto a fare marcia indietro e alzare il tetto a tre cessioni del credito. In questa intervista a Economy, il presidente dell’Associazione nazionale costruttori edili Gabriele Buia spiega l’incredibile falla nella normativa dei bonus ordinari (tappata solo a novembre) che ha permesso la mega truffa, oltre ad aver contribuito all’esplosione del numero di imprese edilizie: 11600 nel secondo semestre 2021, incluse quelle riconvertite da altre attività quali macelleria, autotrasporto, agricola. E protesta: la nostra richiesta di qualificazione obbligatoria delle imprese, unico modo per garantire la realizzazione del Pnrr e la sicurezza nei cantieri, non è stata accolta.
Presidente Buia, in che modo il meccanismo della cessione senza limiti dei crediti ha favorito le truffe?
La cessione a caduta è sicuramente un mezzo adatto a nascondere frodi, ma l’attenzione va posta alla prima cessione, quella dalla quale nasce tutto. Se è corretta la prima, le successive cessioni non sono un problema. Purtroppo, in assenza di strumenti di controllo efficaci, non si è potuto evitare un utilizzo disonesto di alcuni bonus. I dati ci dicono che queste truffe non hanno colpito, se non marginalmente, il Superbonus 110%, proprio perché è nato, fin dall’inizio, con questi strumenti di controllo. Laddove queste misure non c’erano, lì si infilava il truffatore. Così abbiamo assistito a degli illeciti che, oltre ad essere condannabili, portano discredito a un settore in cui si riesce a operare con troppa facilità.
Ci fa un esempio di come si sono svolte in concreto le truffe?
Una società improvvisata si è presentata a una piattaforma che ritira i crediti e ha presentato documenti che partono da una fattura inerente lavori mai eseguiti. I bonus ordinari (bonus ristrutturazioni, ecobonus, sismabonus, bonus facciate, ndr) fino al decreto anti-frodi del novembre scorso non avevano bisogno di un asseveratore che certificasse l’esistenza dei lavori, prevista invece per il bonus 110%. In quelle tipologie di intervento, non essendoci necessità di dimostrare che i lavori fossero stati davvero eseguiti, si è permesso a queste società improvvisate di presentare documenti fasulli, e di scontare il credito. Spesso quelle società sono riuscite a far firmare a un condominio un contrattino, senza far partire i lavori ma presentando ugualmente documenti giustificativi, falsificandoli; oppure si è inventato un rapporto inesistente, creando tutto dal nulla. Inoltre, anche un’impresa privata poteva acquisire credito da una moltitudine di soggetti per poi cederli a caduta; questa mi pare sia stata un’esagerazione che quantomeno andava monitorata nelle successive cessioni. Bisognava arrivare a sapere chi faceva l’opera, e chi cedeva il credito a chi…
Per arginare questa mega truffa il governo aveva deciso di limitare a una sola la cessione dei crediti. Perché eravate contrari?
Perché le imprese oneste che hanno fatto i lavori per davvero si sono trovate in seria difficoltà. Il provvedimento ha bloccato immediatamente la cessione del credito. Le piattaforme si sono fermate e gli istituti non ritiravano più i crediti, bloccando l’erogazione di liquidità. Così le imprese oneste, pur avendo presentato tutti i documenti, non erano in grado di continuare perché non rientravano della liquidità e quindi non riuscivano a pagare i fornitori, la filiera, gli acquisti dei materiali, i cui prezzi tra l’altro sono esplosi.
Con il decreto Superbonus il governo è tornato sui suoi passi, alzando a tre le possibili cessioni dei crediti. Soddisfatti?
È una misura equlibrata. Con tre possibilità di cessione del credito nell’ambito degli istituti vigilati dalla Banca d’Italia (banche, intermediari finanziari o imprese assicurative, ndr) credo si possa dare risposta alle necessità degli operatori. Tant’è vero che anche Cdp e Poste hanno annunciato la volontà di tornare sul mercato. Un altro aspetto positivo è che si è deciso di chiedere agli operatori l’applicazione obbligatoria del contratto dell’edilizia, il che vuol dire obblighi di rispettare i parametri contrattuali specie sulla formazione, con benefici sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. Ma non è passata, invece, una misura che chiediamo da tempo e riteniamo fondamentale.
Si riferisce al sistema di qualificazione obbligatoria anche per chi vuole fare l’imprenditore edile?
Proprio così. Le speranze di crescita dei bonus edilizi hanno fatto sì che negli ultimi 6 mesi abbiano aperto 11600 imprese alle Camere di commercio con codice Ateco costruzioni, che in media non hanno nessun dipendente. Questo proliferare di imprese che solo strumentalmente entrano nel mondo delle costruzioni, rischia di danneggiare il settore. Se si vuole fare il costruttore edile basta andare alla Camera di Commercio e iscriversi con la partita Iva, codice attività Ateco 41. Da quel momento si opera senza dover dimostrare niente. Ma, per fare un esempio, chi vuole fare l’agente di commercio invece deve dare un esame. Molte attività richiedono esami di competenza e conoscenza alle Camere di commercio, per fare il costruttore invece niente. Tutti possono intraprendere e costruire qualcosa di nuovo, ma a chi entra non si può permettere di fare lavori da milioni di euro senza che debba nemmeno dimostrare di avere un’organizzazione minima correlata all’entità dei lavori che va a eseguire. Questo vuol dire che non ci sarà mai un sistema imprenditoriale all’altezza di un Paese come il nostro.
C’è dunque una mancanza di filtro all’ingresso del mercato?
Non si capisce perché somme di tale entità debbano transitare su imprese che di qualificazione e professionalità non hanno niente. Ma questa non è in alcun modo una limitazione all’accesso alla professione. Sono un liberale, e mi piacerebbe vedere le imprese e il settore che crescono. È un fatto dimensionale e di rapporto organizzativo rispetto all’entità dei lavori che vai a eseguire. Se chi si iscrive alla Camera di commercio ha 2 dipendenti non può approcciare lavori da milioni di euro, anche perché non ha un minimo di organizzazione interna per affrontare una tematica ancora più importante, che è quella della sicurezza nei luoghi di lavoro. Esiste una normativa importante che necessita di imprese organizzate. Se un’impresa realizza un lavoro da 200mila euro ha bisogno di una struttura, ma se invece ne fa uno da 2 milioni ce ne vuole tutt’altra; inutile continuare a lamentarsi quando muore un lavoratore in un cantiere, se poi non si prendono provvedimenti per far sì che questi eventi si limitino. Un criterio c’è per le opere pubbliche, e non si capisce perché, essendo anche quelli dei bonus soldi pubblici, non venga applicata quella normativa, che mi sembra l’unico modo oggi per definire un’impresa strutturata. Cosa di cui abbiamo un gran bisogno, visto che alle Camere di commercio sono iscritte quasi 500mila imprese, e di queste quasi 350mila hanno da 0 a 1 dipendente, mentre il 95% non arriva a 10. Il problema è serio, e riguarda anche l’attuazione del Pnrr.
In che termini?
Lo Stato ci chiede imprese pronte ad affrontare il Pnrr: capitalizzate, in grado di crescere, con un’organizzazione tarata e proporzionata all’entità delle opere. Ma poi permette che migliaia di società entrino nel mercato dei bonus edilizi drogando il mercato. 11600 imprese che in 6 mesi aprono altrettanti cantieri mettono a repentaglio l’attuazione del piano nazionale, perché i ponteggi non si trovano più. Sono in grado di pagare di più per averli, a differenza delle imprese strutturate che hanno i costi dell’organizzazione. Così i prezzi sono spinti al limite da operatori poco qualificati privi di costi fissi: stiamo rovinando il mercato, le poche aziende serie che rispettano le regole non potranno competere.
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