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Ecobonus, il governo proroga di 90 giorni i termini per le immatricolazioni – La Stampa

Ecobonus, il governo proroga di 90 giorni i termini per le immatricolazioni - La Stampa

Il mercato dell’auto è schizofrenico. La domanda italiana è bassa (-24,3% da inizio anno, circa 180.000 macchine vendute in meno rispetto ai primi cinque mesi del 2021, un anno già non eccezionale), ma i prezzi sono alti. Case e concessionari hanno quasi eliminato gli sconti, ma il governo ha stanziato 650 milioni di euro per incentivare lo svecchiamento del parco circolante. I fondi destinati ai veicoli con emissioni di CO2 tra i 61 e i 135 g/km (170 milioni) sono andati esauriti nel giro di 10 giorni. Per gli automobilisti la buona notizia è che il governo ha prorogato di quasi tre mesi (da 180 a 270 giorni) i termini per la conferma dell’operazione e la comunicazione degli estremi dell’immatricolazione. La nuova scadenza dovrebbe consentire alle case di consegnare le auto, che attualmente hanno tempi estremamente dilatati per via non solo della carenza di semiconduttori, ma delle ripercussioni dell’invasione russa dell’Ucraina.

Le famiglie italiane – l’ecobonus riguarda solo i privati – hanno approfittato ben poco degli stanziamenti previsti per le vetture meno inquinanti, da 0 a 20 g/km di CO2 e da 21 a 60. Dal 25 maggio a oggi è stato consumato appena il 12% dei 445 milioni di euro per le elettriche e le plug-in, modelli con meno emissioni su strada, ma più costosi.

A quanto pare le famiglie non si possono ancora permettere i veicoli a batteria oppure non se ne fidano ancora. «Non c’è dubbio che il governo dovrà fare qualcosa, anche se non so cosa», osserva Aldolfo De Stefani Cosentino, presidente di Federauto. «Bisogna riconoscere che a livello comunitario è stato l’unico a prevedere incentivi anche per le più moderne auto con motori termici, ma il problema resta», aggiunge. È lo stesso che identifica anche Michele Crisci, presidente dell’Unrae, l’associazione che rappresenta i costruttori esteri che operano in Italia: «La norma esclude imprese e flotte aziendali», rilevano entrambi.

Secondo Crisci l’obiettivo ambientale della politica europea va perseguito in Italia con un’operazione a tenaglia: «Da una parte servono incentivi tra gli ottocento milioni e il miliardo l’anno per la conversione (lo stanziamento per il 2022 era di 650 milioni, ndr) e dall’altra occorre agire sulla fiscalità per favorire l’acquisto delle auto più ecologiche da parte delle imprese», insiste il presidente dell’Unrae. In Italia la detraibilità dell’Iva è del 40%, in Germania, dove le vetture aziendali valgono quasi due terzi dei volumi, è totale.

«Le auto delle flotte alimentano il mercato dell’usato nel giro di qualche anno», precisa de Stefani Cosentino. In condizioni normali contribuiscono anche a calmierare i prezzi, che adesso sono elevati perché c’è carenza di prodotto per via della tempesta perfetta che si è abbattuta sul comparto. «È importante che le aziende possano accedere ai finanziamenti – insistono i presidenti di Unrae e Federauto – per portare sul mercato veicoli più puliti: una volta usciti dal circuito del nuovo entrano in quello dell’usato a prezzi dimezzati consentendone l’acquisto ai privati».

Resta il dubbio che le case automobilistiche siano le vere beneficiare degli incentivi, come sembrano esserlo le compagnie petrolifere con lo sconto sui carburanti: «Siamo passati da una sovraproduzione e una sottoproduzione, anche non voluta – osserva Crisci – ma sono convinto che i conti di quest’anno non saranno come quelli che abbiamo visto. Però l’industria dell’auto sta investendo massicciamente non solo sull’elettrificazione, ma anche sulla guida autonoma».

Anche se dopo il voto dell’Europarlamento per il divieto di commercializzazione delle auto e dei veicoli commerciali leggeri con motori endotermici servono ancora alcuni passaggi tutt’altro che formali (prima si deve esprimere il Consiglio dell’Unione Europea in cui sono rappresentati i governi degli stati membri e poi serve il cosiddetto “trilogo”, la mediazione con la Commissione e lo stesso Europarlamento), c’è comunque preoccupazione per le possibili ripercussioni della svolta.

Crisci sollecita un «approccio pragmatico per raggiungere l’obiettivo ambientale». De Stefani Cosentino invoca anche un pragmatismo industriale europeo: «A me pare che questa guerra non abbia insegnato alcunché», ammonisce. «Per essere sostenibile, la transizione non deve permettere che ci consegniamo ai cinesi: hanno il controllo su tutte le materie prime necessarie per la produzione di batterie e noi puntiamo esclusivamente sull’elettrico», ricorda. A giudizio di Crisci la svolta a zero emissioni è invece un’opportunità: «Ci sono imprese, anche italiane, che possono crescere puntando sull’innovazione».

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