IL CLIENTE HA SEMPRE RAGIONE Gli ultimi dati, aggiornati quasi in tempo reale, li potete leggere voi stessi sul sito del Ministero dello Sviluppo Economico dedicato all’Ecobonus, ma la situazione ad oggi non si discosta molto da quella dell’immagine che vedete in copertina: gli incentivi per le auto con emissioni tra 61 e 135 g/km di CO2, in cui ricadono buona parte delle motorizzazioni tradizionali e ibride Euro 6, sono finiti. Rimangono invece centinaia di milioni di euro (169 più quasi 76, a voler essere pignoli) per i modelli fino a 60 g/km, in cui troviamo sostanzialmente solo auto elettriche e plug-in hybrid. Tre mesi sono bastati perché il finanziamento pubblico – pagato quindi da tutti i cittadini – si rivelasse insufficiente per le auto che davvero la gente vuole comprare e che si confermasse enormemente sovrabbondante per veicoli che, ad oggi, rappresentano la scelta di meno del 5% degli utenti (in fondo all’articolo potete scaricare il documento di UNRAE da cui il dato è tratto).
C’È IN BALLO L’ECONOMIA Come spiega il Centro Studi Promotor di Bologna, lo stanziamento era finalizzato a sostenere il mercato delle autovetture nel primo semestre 2021 ed è stato decisivo per aiutare il comparto a riprendersi, pur rimanendo al disotto dei valori pre Covid-19 del 12,7%. Ora però che i soldi sono finiti ci si aspetta il crollo delle immatricolazioni: “È quindi assolutamente necessario – sostiene Gian Primo Quagliano, presidente del Centro Studi Promotor – che il Governo rifinanzi in maniera adeguata, per l’intero 2021, lo stanziamento necessario per gli incentivi alle auto ad alimentazione tradizionale con emissioni comunque contenute. In mancanza di un rifinanziamento tempestivo ed adeguato il mercato dell’auto nel 2021 collasserà e non si può pensare che il sistema economico italiano recuperi l’effetto della pandemia con un comparto di straordinaria importanza, che con il suo indotto vale il 12% del Pil, in coma profondo”.
MINOR BENEFICIO È MEGLIO DI NESSUN BENEFICIO Al di là dei desideri degli addetti ai lavori, guardando i numeri con gli occhi dei clienti, e pure di quelli che sognano di respirare un’aria più pulita e di viaggiare su strade più sicure, il piano dei finanziamenti all’Ecobonus ha tutto il sapore di una festa organizzata male e riuscita peggio: con troppo da bere e poco da mangiare. Valide argomentazioni per sostenere anche le auto tradizionali erano quelle relative allo svecchiamento del parco circolante: non per incentivare la rottamazione di auto con meno di 5 anni di vita, ancora moderne ed efficienti, ma per sostituire quelle ultradecennali – che ancora rappresentano ben più del 60% del parco circolante – con vantaggi assolutamente evidenti sulle emissioni come sulla sicurezza.
IL CLIENTE TIPO Peccato che chi si è tenuto l’auto per più di 10 anni è evidentemente qualcuno che non vuole o, più facilmente, non può spendere tanto per un’auto nuova. È evidente che un cliente di questo tipo, cambiando l’auto per bisogno e non per vezzo, non andrà a cercare modelli che, anche sovvenzionati, rimangono più costosi e/o meno versatili delle auto tradizionali. I futuri risparmi sulla ricarica e sulle spese di manutenzione non valgono quanto il denaro speso oggi. Tanto più che i vantaggi di cui sopra sono per ora solo presunti, visto che ricariche economiche sono possibili solo a determinate condizioni tariffarie, come abbiamo visto nel corso di svariate prove, e le spese di manutenzione (su cui ancora lo storico è carente) devono tener conto anche del deperimento della batteria, garantita in genere per un’efficienza non inferiore al 75% per 8 anni o 160.000 km. Ma non certo per 11,5 anni, che rappresenta l’età media del parco circolante italiano (fonte, UNRAE): periodo nel quale un serbatoio tradizionale non si restringe affatto. Chi ha auto di questa anzianità sarebbe certamente più agevolato alla sostituzione se gli incentivi fossero anche sull’usato fresco: quello di vetture con pochissimi anni di vita, che già rappresentano un grande passo avanti rispetto ai modelli più datati.
LA QUESTIONE SOCIALE In definitiva, ripartire le risorse così come è stato fatto distribuisce sulle tasse dell’intera collettività – anche di chi non potrà comunque cambiare l’auto – i soldi necessari per erogare uno sconto a chi si sarebbe potuto ugualmente permettere modelli di alto valore. E che a dispetto di ciò non è tanto ansioso di comperarli. Sono i numeri a dirlo. Poi, certo, c’è sempre la speranza di abbattere le emissioni locali, ma la mobilità generale e i benefici su larga scala li ottieni con la Panda, non con la Rolls Royce. E allora forse valeva la pena aspettare che arrivassero sul mercato tante auto elettriche già razionalizzate come la Dacia Spring (qui la prova in video) e calibrare le risorse su quelle, accettando di finanziare una maggiore quantità di auto tradizionali. Senza voler forzare una transizione per cui i tempi non sembrano maturi. Specie dopo il dissesto economico che la pandemia si sarà lasciata dietro.
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