Nel prepararsi alla tempesta energetica d’autunno i veronesi sanno già su quale alleato non potranno contare: le proprie case. Otto edifici su dieci sono sotto la sufficienza in termini di efficacia energetica. Tra cappotti inesistenti, ponti termici e infissi di bassa qualità, le classi energetiche dominanti vanno dalla C in giù: fossimo a scuola, vorrebbe dire che l’80 per cento non supera il 5 in pagella. «Il fatto che ci siano ancora così tanti edifici in quelle classi energetiche, nonostante il delta positivo negli ultimi anni, ci dice una cosa: non esiste alternativa al sistema degli incentivi per migliorare gli edifici e far sì che i consumi calino insieme alla bolletta». Amaramente realistica, la riflessione del professor Francesco Della Puppa, lui che insegna all’università di Venezia e giustamente ricorda come «in classe A si consuma fino a dieci volte meno che in classe G: è come passare da una bolletta di 3 mila euro a una da 300». Proprio da Venezia, e dal registro «Ve.Net» della Regione, arrivano i dati sugli edifici soggetti a contratto di vendita o affitto per cui è stato trasmesso l’Attestato di prestazione energetica (Ape): non è una panoramica, ma la fotografia di un trend in cui si rispecchia il quadro reale.
Dati in leggero miglioramento
A voler proprio essere ottimisti? La percentuale di edifici residenziali — intercettati da «Ve.Net» — dalla classe C in giù è in calo. In città nel 2015 era il 94 per cento, nel 2021 è stata l’85,8 per cento, in questo 2022 siamo sull’82,9 per cento. Mentre in provincia si passa dal 90,2 per cento di sette anni fa all’85,8 per cento del 2021 e al 77,7 per cento del 2022. Nel «non residenziale», fra città e provincia, gli edifici sotto la sufficienza scendono di cinque punti percentuali, nell’arco di tempo considerato, ma restano comunque oltre l’80 per cento. Siamo fra i 2 e i 4 punti percentuali sotto la media regionale. «È così, noi purtroppo abbiamo edifici ancora molto vetusti, sia nel residenziale sia per tutta una serie di edifici pubblici a cominciare da scuole e ospedali, dove i casi positivi di edilizia recente sono ben pochi», conferma Matteo Faustini, presidente dell’Ordine degli architetti.
Parola d’ordine: riqualificare
Riqualificare, è il punto. Anche perché di ricambio ce n’è poco. Lo sottolinea pure Andrea Falsirollo, guida dell’Ordine degli ingegneri: «Le costruzioni nuove saranno l’1 per cento all’anno». Il superbonus 110? Intanto, come ragiona Faustini, «a ora gli interventi conclusi sono 1 su 5, quindi per vedere i benefici bisognerà aspettare il 2023». E poi «quanto crediamo che copra il superbonus in rapporto all’intera torta dell’edilizia? La risposta è molto poco, e d’altronde parliamo di una misura che ha innescato lavori su edifici che ne avevano meno bisogno», suggerisce Giacomo Goldoni, professore qui all’università ed esperto di efficienza energetica. «Tutti in classe A», era intitolata una vecchia indagine di Legambiente che nel suo piccolo, già tre lustri fa, cercava di indicare la via. Bene. Le principali voci di calcolo del già citato Ape riguardano qualità dei materiali degli edifici, qualità degli infissi, dispersione di calore, utilizzo di impianti e fonti di energia rinnovabile, ristrutturazioni e migliorie applicate. E se a quelle voci i punteggi sono scadenti, c’è poco da fare: il consumo minore di gas dall’autunno in poi, se necessario, passerà dall’abbassamento dei gradi o da un razionamento delle accensioni. Il professor Goldoni pone peraltro un interrogativo: «Dove ci sono i riscaldamenti centralizzati, e magari negli appartamenti vivono studenti fuorisede non intestatari delle utenze, come si farà a gestire in maniera più oculata i consumi? Vale anche per l’edilizia popolare, dove tanti potrebbero fare fatica a pagare le bollette. Non resta che pensare, secondo Faustini, a «intercettare i fondi del Pnnr sulla riqualificazione edilizia». Nell’attesa, tanti auguri.
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29 agosto 2022 (modifica il 29 agosto 2022 | 07:44)
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