Federmoda chiede al Governo un cambio di paradigma che permetta ai
negozi di lavorare, nel rispetto delle regole e in piena sicurezza, almeno
su appuntamento anche in zona rossa.
E’ innegabile che il mercato del retail in Italia abbia subito una forte
limitazione sia da parte della pandemia, sia dalla crescita dell’ecommerce,
ulteriormente rafforzata dalle nuove abitudini di acquisto generate dal
Covid-19. A confermarlo sono i dati rilevati nel nuovo Report Fashion high
street 2021 post pandemia 2020, realizzato da World Capital con Federazione
moda Italia-Confcommercio. Stando alle rilevazioni del primo trimestre 2021
sul mercato immobiliare del retail, è stata evidenziata una contrazione dei
valori a eccezione di qualche situazione di timida stabilità. “Per quanto
riguarda i canoni di locazione rilevati dal Dipartimento di ricerca di
World Capital, al nord si registra una variazione percentuale media del -6
per cento rispetto al periodo pre-pandemico. Nel dettaglio, le high street
con valori di locazione maggiormente contratti sono tutte nel Sud d’Italia,
come per esempio Catania, Corso Italia (-16 per cento), seguita da Napoli,
via Calabritto (-15 per cento). Scenario più incoraggiante invece al Nord,
dove Milano, Montenapoleone, seppur con valori ridimensionati rispetto al
semestre precedente, si riconferma la via dello shopping italiana più
lussuosa con 10.500 euro/mq/anno. Netta contrazione del mercato retail
anche in termini di valore dei tagli più richiesti (metri quadrati): in
periodo di piena pandemia si registra infatti una variazione del -10 per
cento rispetto ai valori del 2019, con una domanda che sempre più orientata
su spazi con dimensioni più contenute”, si legge in una nota di Federmoda.
Borghi (Federmoda): “premesso che non vogliamo un’estate a colori, per
salvare il settore, abbiamo chiesto al Governo un cambio di paradigma che
permetta ai negozi di lavorare, nel rispetto delle regole e in piena
sicurezza, almeno su appuntamento anche in zona rossa
Per quanto riguarda l’impatto del Covid, l’assenza di shopping tourism,
che aveva generato nel 2019 oltre 7,5 miliardi 4uro di consumi da parte
degli stranieri, e l’elevato utilizzo nel pubblico e nel privato dello
smart working, Federazione moda Italia – Confcommercio prevede una perdita
complessiva di 20 miliardi di euro di consumi nel solo dettaglio moda nel
2020, su quasi 60 miliardi di euro complessivi; la chiusura definitiva di
20mila negozi di moda in Italia su 115mila punti vendita;
una ricaduta sull’occupazione per oltre 50mila addetti su 310 mila addetti.
L’andamento delle vendite di febbraio 2021-2020 registra un calo meno
importante rispetto a quelle di gennaio 2021-2020 e, seppur in un momento
complicato di chiusure a geometrie variabili in zone rosse, fa sperare in
una rinnovata voglia degli italiani verso gli acquisti di prodotti di
moda”, ha aggiunto Federmoda.
Dai dati rilevati emerge una diminuzione della percentuale del calo delle
vendite (da 88,9 a 66,5 per cento), una stabilità che sale dal 7,7 al 19,4
per cento e soprattutto un incremento delle vendite che si quadrupla
passando da 3,4 a 14,1 per cento.
“I dati confermano il momento di estrema difficoltà che stanno
attraversando i negozi e l’intera filiera della moda, abbigliamento,
calzature, pelletterie e accessori. È chiaro che con 138 giorni di
chiusura, questi negozi, che sono incomprensibilmente collocati tra le
pochissime attività commerciali a rimanere chiuse per decreto in zona
rossa, hanno dovuto rinunciare al 35 per cento del tempo da dedicare al
lavoro”, ha sottolineato Renato Borghi, presidente di Federazione moda
Italia-Confcommercio.
“Premesso che non vogliamo un’estate a colori”, ha proseguito Borghi, “per
salvare il settore, abbiamo chiesto al Governo un cambio di paradigma che
permetta ai negozi di lavorare, nel rispetto delle regole e in piena
sicurezza, almeno su appuntamento anche in zona rossa”.
“Urgono, poi interventi a sostegno e per la ripresa del comparto come
indennizzi congrui alle effettive perdite con rivisitazione dei parametri
di perdita del fatturato utilizzati nel Dl Sostegni; credito d’imposta su
locazioni di immobili ad uso commerciale; credito d’imposta a tutte le
attività della filiera della moda sulle rimanenze di magazzino; immissione
di nuova liquidità e credito garantito; moratoria titoli di credito;
moratoria fiscale e contributiva; iniziative volte a sostenere e stimolare
la domanda interna come l’abbassamento temporaneo dell’Iva sui prodotti di
moda al 10 per cento e l’introduzione di bonus per l’acquisto dei prodotti
di moda magari made in Italy, sulla scia del bonus mobili e ecobonus auto;
sgravi contributivi sul costo del lavoro sull’intera filiera della moda
sulla scia di quanto previsto con l’iniziativa già in vigore
“Decontribuzione Sud”.
Ma ecco qualche dato in più sulla situazione del comparto.
I negozi di moda, per la peculiare situazione organizzativa e modello di
business, “nel 2020 hanno contratto solo debiti con l’erario per le tasse,
con i proprietari
immobiliari per le locazioni, con gli Enti per le utenze e soprattutto con
i fornitori per far fronte alle nuove collezioni che comportano l’impegno
di ingenti
capitali e prevedono sempre dei minimi d’ordine. La peculiarità del retail
della moda risiede nel fatto che i negozi vivono di collezioni stagionali
che sono
suscettibili a un notevole deprezzamento se non vengono venduti entro un
certo periodo di tempo (la stagione)”, ha spiegato Federmoda.
L’andamento delle vendite nei negozi di moda (tessile, abbigliamento,
calzature, pelletterie, accessori, articoli sportivi) ha registrato
nel 2020 un calo medio del 43,4 per cento. Quasi l’80 per cento dei negozi
(78,9 per cento) ha dichiarato di aver subito un calo delle vendite
rispetto allo stesso periodo del 2019; il 16,4 per cento ha registrato una
stabilità nelle vendite; poco meno del 4,7 per cento ha segnalato un
incremento nelle proprie vendite nell’anno appena trascorso.
“Tra i diversi settori del mercato immobiliare l’asset retail è quello che
ha subito in maniera più forte gli effetti della pandemia, a causa del
lockdown, delle restrizioni, del calo del turismo e della propulsione
dell’e-commerce”, ha detto Andrea Faini, ceo di World Capital. “Tuttavia,
crediamo che il progresso sul fronte vaccinale e la ripartenza del turismo
nei prossimi mesi potrebbe portare a una graduale ripresa del settore.
Nonostante la pandemia abbia modificato le abitudini di acquisto delle
persone, il negozio fisico resta fondamentale, sia come vetrina del brand,
ma soprattutto come luogo di esperienza per il consumatore”.
Foto: Pexels
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