
La Cassazione conferma la condotta fraudolenta di un consorzio rilevata dalla discrepanza tra gli importi fatturati e quelli effettivamente pagati ai subappaltatori e basata sul computo di spese non ammissibili
Il Superbonus è stato una delle misure economiche più ambiziose e significative degli ultimi decenni. Oltre al dibattito pubblico su costi e i benefici dell’intervento, resta sul tappeto un lungo elenco di vicende processuali, molte delle quali legate a casi di abuso e frode ai danno dello Stato e della collettività.
Uno degli ultimi casi riguarda un consorzio edilizio, protagonista della sentenza n. 8390/2025 della Corte di Cassazione. L’accusa è grave: il consorzio avrebbe ottenuto indebitamente crediti d’imposta attraverso pratiche fraudolente, emettendo fatture gonfiate e includendo costi non ammissibili.
Il caso ha avuto inizio quando il Tribunale di Pesaro ha disposto il sequestro preventivo di beni per un valore di 1.438.825,03 euro, in seguito alla presunta operatività fraudolenta del consorzio. Secondo l’accusa,
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