Si è conclusa la visita del presidente del Consiglio Mario Draghi al Parlamento europeo a Strasburgo. Dopo il suo arrivo, poco dopo le 11 del mattino, Draghi, che era accompagnato dal sottosegretario agli Affari europei Vincenzo Amendola, ha innanzitutto avuto un colloquio con la presidente del Parlamento, Roberta Metsola, prima del suo discorso nella plenaria, dove ha ricordato la lunga storia dell’integrazione e affrontato tutti i temi dell’attualità europea.
Draghi ha quindi ascoltato tutti gli interventi dei capigruppo politici, per poi intervenire di nuovo per la replica. Dopo aver lasciato l’Aula, il presidente del Consiglio si è recato insieme alla presidente Metsola nella sala del Parlamento europeo che è stata dedicata ad Antonio Megalizzi, per rendere omaggio al giovane giornalista italiano ucciso durante l’attacco terroristico a Strasburgo del dicembre 2018.
Infine, Draghi ha incontrato brevemente in un’altra sala, a porte chiuse, tutti gli europarlamentari italiani. Il presidente del Consiglio ha lasciato la sede del Parlamento europeo prima delle 14.45, e ha risposto semplicemente “bene, grazie, arrivederci” ai giornalisti che chiedevano come fosse andata la giornata.
Il premier ha voluto infine fare una visita breve ma molto intensa, come l’hanno descritta fonti di Palazzo Chigi, alla splendida Cattedrale gotica di Strasburgo.
L’ultima visita di Draghi all’Europarlamento è stata fatta il 17 gennaio scorso per la cerimonia di commemorazione di Sassoli.
Draghi ha così iniziato il suo discorso: “Sono davvero felice di essere qui nel cuore della democrazia europea. Voglio prima di tutto rendere omaggio alla memoria di David Sassoli che ha presieduto il Parlamento Europeo in anni difficilissimi. Durante la pandemia, il Parlamento ha continuato a riunirsi, discutere, decidere, a testimonianza della sua vitalità istituzionale e della guida di Sassoli. Sassoli non ha mai smesso di lavorare a quello che definì nel suo ultimo discorso al Consiglio Europeo, un nuovo progetto di speranza per ‘un’Europa che innova, che protegge, che illumina ”.
Draghi ha ricordato: “La guerra in Ucraina pone l’Unione Europea davanti a una delle più gravi crisi della sua storia. Una crisi che è insieme umanitaria, securitaria, energetica, economica. In una guerra di aggressione non può esistere alcuna equivalenza tra chi invade e chi resiste. L’aggressione dell’Ucraina da parte della Russia ha rimesso in discussione la più grande conquista dell’Unione Europea: la pace nel nostro continente, una pace basata sul rispetto dei confini territoriali, dello stato di diritto, della sovranità democratica; sull’utilizzo della diplomazia come mezzo di risoluzione delle controversie tra Stati; sul rispetto dei diritti umani, oltraggiati a Mariupol, a Bucha, e in tutti i luoghi in cui si è scatenata la violenza dell’esercito russo nei confronti di civili inermi. L’Europa può e deve avere un ruolo centrale nel favorire il dialogo dobbiamo farlo per via della nostra geografia, che ci colloca accanto a questa guerra, e dunque in prima linea nell’affrontare tutte le sue possibili conseguenze. Dobbiamo farlo per via della nostra storia, che ci ha mostrato capaci di costruire una pace stabile e duratura, anche dopo conflitti sanguinosi. Abbiamo reso l’Ue uno spazio non solo economico, ma di difesa dei diritti e della dignità dell’uomo. È un’eredità che non dobbiamo dissipare, per questo è il momento di portare avanti questo percorso. Il 9 maggio si conclude la Conferenza sul Futuro dell’Europa e la Dichiarazione finale ci chiede di essere molto ambiziosi. Vogliamo essere in prima linea per disegnare la nuova Europa. In un quadro geopolitico divenuto improvvisamente molto più pericoloso e incerto dobbiamo affrontare l’emergenza economica e sociale e garantire la sicurezza dei nostri cittadini. L’Italia, come Paese fondatore dell’Unione Europea, come Paese che crede profondamente nella pace, è pronta a impegnarsi in prima linea per raggiungere una soluzione diplomatica. Una disponibilità che viene ribadita anche per quel che riguarda i negoziati di adesione all’Ue che riguardano alcuni paesi. La piena integrazione dei Paesi che manifestano aspirazioni europee non rappresenta una minaccia per la tenuta del progetto europeo. È parte della sua realizzazione. L’Italia sostiene l’apertura immediata dei negoziati di adesione con l’Albania e con la Macedonia del Nord, in linea con la decisione assunta dal Consiglio Europeo nel marzo 2020. Vogliamo dare nuovo slancio ai negoziati con Serbia e Montenegro, e assicurare la massima attenzione alle legittime aspettative di Bosnia Erzegovina e Kosovo. Siamo favorevoli all’ingresso di tutti questi Paesi e vogliamo l’Ucraina nell’UE. Sin dall’inizio della crisi, l’Italia ha chiesto di mettere un tetto europeo ai prezzi del gas importato dalla Russia. Mosca vende all’Ue quasi due terzi delle sue esportazioni, in larga parte tramite gasdotti che non possono essere riorientati verso altri acquirenti. La nostra proposta consentirebbe di utilizzare il nostro potere negoziale per ridurre i costi esorbitanti che oggi gravano sulle nostre economie. Questa misura consentirebbe di diminuire le somme che ogni giorno inviamo a Putin, e che inevitabilmente finanziano la sua campagna militare”.
Per Draghi bisogna estendere anche il Sure: “L’ampliamento del Sure, (il fondo europeo di sostegno all’occupazione) per fornire ai Paesi che ne fanno richiesta nuovi finanziamenti per attenuare l’impatto dei rincari energetici, una misura da mettere in campo in tempi rapidi per intervenire subito a sostegno dell’economia. Gli Stati potrebbero finanziare interventi di riduzione delle bollette, ma anche il sostegno temporaneo ai salari più bassi, ad esempio con misure di decontribuzione, difendendo il potere di acquisto delle famiglie, soprattutto le più fragili, senza rischiare di generare nuova inflazione”.
Poi quando Draghi ha ripreso la plenaria dopo gli interventi dei capigruppo in Aula, ha detto: “Commosso per le parole spese qui al Parlamento Ue nei confronti dell’Italia. Vorrei ringraziare tutti i capigruppo per le parole di stima che avete avuto verso il mio Paese. Sono espressioni molto importanti per me: mi hanno sorpreso”.
Dopo il mancato sì del Movimento 5 stelle in Consiglio dei ministri al decreto Aiuti, che stanzia 14 miliardi a sostegno di famiglie e imprese per fronteggiare i rincari dei prezzi dell’energia, a causa della norma sul termovalorizzatore da realizzare a Roma, sale nuovamente la tensione tra premier e pentastellati. ‘Pomo della discordia’ il Superbonus al 110 per cento, cavallo di battaglia del M5S ma sul quale Mario Draghi esprime tutti i suoi dubbi.
Anzi, il presidente del Consiglio va oltre e spiega pubblicamente di non essere d’accordo con una norma che ha avuto come conseguenza la triplicazione del costo di efficientamento. Parole che fanno infuriare i pentastellati, che bollano le frasi pronunciate dal premier a Strasburgo (dove è intervenuto davanti alla seduta plenaria del Parlamento europeo) come irricevibili.
Draghi ha spiegato: “Il nostro governo è nato come governo ecologico, ma possiamo non essere d’accordo sul Superbonus del 110% e non siamo d’accordo sulla validità di questo provvedimento con il quale il costo di efficientamento è più che triplicato, i prezzi degli investimenti sono più che tripli perchè toglie la trattativa sul prezzo”. Il premier Draghi con disappunto ha chiosato: “Le cose vanno avanti in Parlamento”.
La prima reazione a caldo è quella dell’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio Riccardo Fraccaro: “Vorrei ricordare al nostro presidente del Consiglio che il Superbonus è espressione della volontà parlamentare di tutte le forze politiche, e per questo, anche se il suo giudizio personale è negativo, non può boicottare una misura che peraltro in più occasioni ha ricevuto lodi dalla stessa Unione Europea”.
Ancor più dure le parole dei senatori M5s: “Ci lascia abbastanza perplessi l’irricevibile perentorietà con cui il premier Draghi si è scagliato contro il Superbonus al 110%”. Secondo i pentastellati è stata gettata una volta per tutte la maschera: forse alla base dei continui paletti normativi e della ossessiva smania dell’esecutivo di voler limitare la circolazione dei crediti fiscali, c’è proprio questa insofferenza del presidente del Consiglio nei confronti del provvedimento.
Secondo i 5 pentastellati, proprio il Superbonus nel 2021 ha contribuito in maniera decisiva a quel +6,6% del Pil di cui ha giovato in primis proprio il premier. Insomma, per il Movimento Draghi ha dato uno schiaffo sonoro alla maggioranza che lo sostiene, visto che il Superbonus ora trova il favore incontrastato di tutto il Parlamento. Non proprio tutto il Parlamento, però. Maurizio Lupi, presidente di Noi con l’Italia, si schiera con il presidente del Consiglio: “Draghi ha ragione. Non c’è più nessuno che tratti sui prezzi o chieda più preventivi, l’incentivo si è trasformato in una sorta di piè di lista pagato dallo Stato”.
La pensa invece come i 5 stelle Rossella Muroni di FacciamoEco: “Mi preoccupano le dichiarazioni del premier Draghi. Il Superbonus è una misura strategica che ci sta aiutando a migliorare la prestazione energetica delle nostre case, a tagliare le emissioni e a sostenere l’edilizia di qualità. Una misura che sta contribuendo in modo significativo ai dati positivi sul Pil che il governo cita volentieri”.
Nel Pd non commentano le parole del premier ma, pur non intervenendo nel merito della polemica, indirettamente confermano la giustezza della misura.
Martina Nardi, presidente della commissione Attività produttive, parlando in Aula alla Camera, ha detto: “Dobbiamo puntare a consumare di meno, bene dunque la proroga del superbonus per rendere più efficienti le nostre abitazioni”. Per Antonio Saccone dell’Udc: “Draghi sbaglia, sinceramente trovo incomprensibile pensare di cancellare il Superbonus o restringerne le modalità”.
Ma non sono solo il termovalorizzatore e ora il Superbonus a irrigidire i rapporti tra i 5 stelle e palazzo Chigi. Torna infatti a crescere il malessere del Movimento sul fronte Ucraina e invio di armi. Il capogruppo a Montecitorio, Davide Crippa, ha infatti espresso la preoccupazione del suo partito per l’escalation militare, chiedendo che Draghi vada in Aula al più presto a rendere comunicazioni sull’impegno diplomatico del governo, sul suo indirizzo politico nelle sedi internazionali e sull’evoluzione della situazione in atto. Non è un caso se Crippa chiede specificatamente le ‘comunicazioni’ del premier.
A differenza dell’informativa, infatti, le comunicazioni prevedono un voto sulle risoluzioni. Dunque, i 5 stelle mirano a far esprimere nuovamente il Parlamento sulla linea del governo, dopo la risoluzione votata a inizio conflitto, con cui di fatto si autorizzava l’esecutivo ad inviare armi a Kiev. Passaggio sofferto per il Movimento, come ha ammesso anche il leader Giuseppe Conte, e che ora i pentastellati vorrebbero ‘correggere’. Appare evidente il tentativo di Conte di riproporsi alla guida del Paese in sostituzione di Draghi.
Non è un comportamento serio la recita fatta in Parlamento dove ci si preoccupa più dei consensi elettorali che degli interessi del Paese. Quale credibilità possono avere quei parlamentari che dopo aver dato un mandato al Governo, improvvisamente si manifestano in modo totalmente opposto? Non si può essere rappresentanti di tutti gli italiani e restare prede di populismi irresponsabili. Efficienza ed efficacia andrebbero ottimizzati nell’interesse di tutto il Paese, privilegiando le fasce sociali più deboli. Per esempio: il 110 per cento a quali fasce sociali è rivolto?
Il Parlamento deve anche tenere conto dei consensi internazionali ottenuti dal premier Draghi e dall’Italia in questo complicato momento storico attraversato da imprevisti stravolgenti la geopolitica e la coesistenza pacifica nell’Europa e nel mondo.
Salvatore Rondello
Source: avantionline.it
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