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I dati fondamenta per una PA migliore: ecco come, col PNRR – Agenda Digitale

I dati fondamenta per una PA migliore: ecco come, col PNRR | Agenda Digitale

Verso una PA integrata

I dati devono essere la base per una nuova PA: quelli anagrafici confluiti in Anpr sono importantissimi per erogare un qualunque servizio al cittadino, ma da soli non bastano. Serve interoperabilità e collaborazione, in una parola: integrazione. Anche in ottica Ue. I progressi fatti e i progetti da completare

9 secondi fa

Sono i dati, senza dubbio, le fondamenta su cui andare a costruire una nuova pubblica amministrazione.

Dovremmo cominciare veramente a vedere la PA come un unico soggetto dal punto di vista logico e non invece come migliaia di amministrazioni centrali e locali ognuna autonoma e indipendente dalle altre. I dati ne diventano così l’elemento unificatore.

Anche in questo senso, il Piano nazionale di ripresa e resilienza – già oggetto di svariate analisi, dibattiti e troppo spesso motivo politico di scontro tra esponenti di vari partiti in perenne campagna elettorale – costituisce certamente un’enorme opportunità.

Ci sono infatti le risorse e, complice la pandemia, anche le condizioni necessarie per avviare progetti strategici per una trasformazione profonda del Paese.

PA digitale, Mochi: “Grandi speranze nel PNRR, ma ci sono punti critici”

Sono progetti che riguardano azioni che spesso sono lì in attesa da anni ma che mai come in questa circostanza possono essere avviate e soprattutto portate a termine, visto che vengono richiesti tempi certi per la loro realizzazione. Sono progetti che ci si aspetta dovranno lasciare un impatto profondo e non essere soltanto, come troppo spesso accade, semplici “generatori di PIL” grazie al fatto che consentono di mettere in circolazione il denaro necessario a far lavorare imprese e professionisti.

Avere le risorse necessarie è ovviamente una cosa importante, ma quello che è ancora più importante è avere un’idea di Paese verso cui muoversi.

E il PNRR indica una direzione verso cui incamminarsi per andare verso un’Italia più efficiente, più sostenibile, più a misura di cittadini e imprese. E in tutto ciò sappiamo come la digitalizzazione abbia un ruolo decisivo.

Indice degli argomenti

Il valore dell’anagrafe unica

Se dovessi dire qual è il progetto più importante avviato finora nella pubblica amministrazione e se mi venisse chiesto di dare una sola risposta non avrei dubbi e indicherei senza ombra di dubbio ANPR, l’anagrafe nazionale della popolazione residente.

Digital event, 21 giugno

Forum PA > Riorientare lo sviluppo: il ruolo del settore pubblico e della PA per la ripresa

Era un progetto in agonia, ma da quando è stato preso in carica cinque anni fa dall’allora commissario Diego Piacentini e dal Team Digitale è diventato un gran bel progetto di successo.

Avere un’unica banca dati di tutti dati anagrafici della popolazione dei comuni italiani ha voluto dire superare la logica delle singole anagrafi comunali per andare a costruire un pezzo fondamentale dell’infrastruttura dati necessaria all’intera pubblica amministrazione per erogare servizi.

Quando eravamo nel mondo analogico (parlo al passato ma sappiamo bene che non lo abbiamo ancora abbandonato) ci veniva chiesto di compilare ripetutamente moduli rigorosamente cartacei in cui buona parte delle informazioni erano proprio le informazioni anagrafiche: nome, cognome, data di nascita, residenza…

Ci veniva chiesto di richiedere certificati a una PA per consegnarli a un’altra PA per ottenere un servizio. Avere un’unica banca dati contenente i dati anagrafici della popolazione diventa così un pezzo fondamentale per costruire quella interoperabilità tra pubbliche amministrazioni necessaria a erogare servizi al cittadino efficienti e uniformi su tutto il territorio nazionale.

I dati, fondamenta per una nuova PA

I dati anagrafici sono la base per erogare un qualunque servizio al cittadino, sono un pezzo importantissimo ma ovviamente non è l’unico pezzo che serve. Per erogare servizi sarà necessario che le pubbliche amministrazioni accedano anche a dati in possesso di altre pubbliche amministrazioni. È un po’ quello che accade già con alcuni servizi al cittadino erogati da INPS che accedono ai dati fiscali dell’Agenzia delle Entrate. Ovviamente non è un caso isolato. Ci sono infatti diverse amministrazioni che erogano servizi attraverso applicazioni software che dialogano anche con banche dati di altre amministrazioni. Sono però interazioni frutto di accordi tra singole amministrazioni.

La Piattaforma Nazionale Dati per rendere strutturale l’interoperabilità dati tra PA

Quello che è necessario fare è però rendere strutturale l’interoperabilità dati tra pubbliche amministrazioni diverse. L’investimento 1.3 “Dati e Interoperabilità” della missione “Digitalizzazione della PA” del PNRR introduce, o meglio reintroduce un pezzo di infrastruttura che è la “Piattaforma Nazionale Dati”. Non è infatti la prima volta che si parla della necessità di un’infrastruttura del genere. Sono svariati anni che ogni tanto il progetto rispunta fuori con sfumature diverse per poi inabissarsi nuovamente nel silenzio.

Il Data & Analytics Framework (Daf) è la Piattaforma Digitale Nazionale Dati: i punti chiave

Ovviamente nel Piano non sono riportati molti dettagli. Si dice genericamente che “La piattaforma offrirà alle amministrazioni un catalogo centrale di “connettori automatici” (le cosiddette “API” – Application Programming Interface) consultabili e accessibili tramite un servizio dedicato. In un contesto integralmente conforme alle leggi europee sulla privacy, i cittadini non dovranno più fornire le stesse informazioni a diverse amministrazioni”.

L’uso delle API è ovviamente sacrosanto. In questo modo un’amministrazione che deve realizzare un applicativo software per erogare un servizio al cittadino e ha necessità di accedere ad alcuni dati di cui non dispone in quanto in carico a un’altra amministrazione potrà farlo non più andando a connettersi direttamente ai sistemi di quella amministrazione ma andando a utilizzare una particolare API della Piattaforma Nazionale Dati che fornisce l’accesso a quei dati.

Servirà ovviamente molta collaborazione da parte delle varie amministrazioni che verranno chiamate per essere coinvolte nel progetto per “aprire” i propri gestionali verso la Piattaforma Nazionale Dati.

Verso una PA integrata

Ma è da qui che bisogna partire per andare verso una PA integrata, cosa che è ormai assolutamente necessario fare per ridurne i costi di gestione e aumentarne l’efficienza. Sappiamo infatti molto bene come una PA digitale, efficiente e facile da utilizzare da parte dei cittadini e delle imprese sia una priorità per snellire finalmente i tempi e i costi della burocrazia. Se l’obiettivo è quello di raggiungere entro il 2026 almeno l’80% dei servizi pubblici essenziali erogati online, allora la questione della condivisione dati tra PA diverse e attraverso la piattaforma diventa una questione basilare.

Ma sappiamo anche che non ci muoviamo da soli. C’è una intera Europa che necessita di un settore pubblico integrato tra tutti i Paesi membri. E la Piattaforma Nazionale Dati si muove all’interno del Single Digital Gateway, iniziativa europea che punta a uniformare 21 servizi pubblici comuni da attivare interamente online in tutti i paesi UE.

Servono quindi degli investimenti finalizzati ad aumentare innanzitutto il grado di digitalizzazione delle PA, specie di alcune pubbliche amministrazioni chiave riprogettando processi nativamente digitali.

Conclusioni

La vera sfida sarà però “mettere a terra” i progetti nei tempi e nei modi corretti per realizzare le infrastrutture digitali necessarie con la dovuta cura. Il digitale se da una parte permette di semplificare le procedure riducendone i costi, dall’altra può però rendere vulnerabile l’intera PA. Abbiamo visto cosa  è successo qualche giorno fa ai candidati della prova orale dell’esame di Stato Avvocati.  Ed è appena passato un anno dal grave data branch all’INPS e solo qualche mese dai disservizi relativi all’autenticazione SPID di Poste Italiane per accedere al bonus mobilità o ancora da quelli generati dalla piattaforma di prenotazione dei vaccini della Regione Lombardia che ricordo non solo non ha funzionato come avrebbe dovuto, ma è pure costata 22 milioni di euro di soldi pubblici. Una follia che la dice lunga su come ancora viene visto il digitale da amministratori e manager nel nostro Paese.

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