Ci risiamo. Non c’è niente da fare: ancora una volta una politica che distribuisce soldi alla qualunque con qualche pennellata di verde. Una politica che da anni è disinteressata alla mobilità ciclabile, tranne pochi sussulti positivi, che ora continua a regalare soldi sotto forma di biciclette. L’operazione ha solo il maledetto sapore dei soldi e non della rivoluzione verde e culturale di cui abbiamo bisogno. Lo si capisce fin dal portale a cui si deve accedere di corsa per ottenere l’incentivo in puro stile black friday o clickday (che tra l’altro nemmeno funziona). Il portale si chiama buonomobilità.it e non buonamobilità.it. Fate attenzione alle vocali perché cambia tutto il senso dell’operazione. Già perché comprare una bici non assicura per niente una buona mobilità. Bisogna usarla e usarla al posto dell’auto. Usarla in sicurezza in aree urbane ridisegnate e da dove sono state cacciate via le auto, ma questa cosa non è stata fatta, come non si è scacciato via nessun virus in estate. Continuiamo a regalare soldi a tutti senza stringere nessun patto sociale, nessuna promessa che chi prenderà il bonus dovrà cambiare stile di mobilità. Niente: solo un regalo.
Non c’è uno straccio di studio che dica se il precedente bonus sia stato efficace al punto da replicarlo. Nulla che ci dica se e di quanto è aumentato il traffico bici nelle città. Nulla di nulla. Ma che modi sono di fare? Una spesa pubblica senza uno straccio di rapporto indipendente che dica che la spesa produce gli effetti sperati non è accettabile. Altri 200 e oltre milioni di euro che spariranno nelle cantine, che andranno nelle tasche dei più veloci e ricchi. Se andate sul sito del ministero dell’Ambiente (dell’ambiente, non dell’industria, badate) e cliccate su bonus bici, venite spediti subito alla procedura senza neppure che qualcuno spieghi perché il bonus, a chi è destinato, quale è la posta in gioco, quali le aspettative del governo. Nulla. Eppure dovrebbe essere compito del legislatore educare la cittadinanza, farla partecipare, farla crescere. Nulla.
Un bonus che non ha corretto le distorsioni della prima ondata ma le ha confermate è lo specchio di una politica ribassista che ha fatto dell’assoluta mancanza di idee e di visione la sua strategia. La mobilità leggera o dolce è una cosa seria e molto più seria dell’acquisto di una bici. È un progetto di territorio. È un’idea di come vogliamo riabitare le città e i paesaggi. È un progetto di inclusione. È un progetto di strutture e infrastrutture leggere e di bellezza. È un’idea nuova di turismo, di lavoro, di andare a scuola. È un progetto estetico. È un progetto di lentezza. Ma pare che tutto questo sia noia alle orecchie della cultura politica mentre i soldi sono musica per tutti. Meglio affidarsi al caso, all’improvvisazione. Quel che conta è fare e non perché bisogna fare. E allora non c’è miglior linguaggio dei “soldi subito” per farlo capire. Non riusciamo più a costruire un sogno assieme ai cittadini. Un ideale verso cui tendere. No, scendiamo in macelleria e facciamo a pezzi tutto quello che c’è da vendere.
Sono anni che stiamo facendo una fatica enorme per far progettare e realizzare allo Stato e alle Regioni poco più di 2.000 chilometri di ciclovie turistiche che genererebbero oltre 5.000 posti di lavoro in tutta Italia e siamo rallentati da mille problemi che nessun governo risolve. Sono anni che diciamo di aiutare i Comuni a espellere le auto dai centri storici. Sono anni che diciamo di moltiplicare gli investimenti in mezzi pubblici e in treni che portano le bici. E lo abbiamo chiesto per tempo ma nessuno rispondeva alle email. Forse perché tutto questo richiede tempo, pensiero, progetto, priorità, coordinamento ma, soprattutto, il coraggio del cambiamento. Sono affranto. Non prendete il bonus ma chiedete di realizzare ciclovie, di riqualificare i centri storici, di mettere a posto i sentieri, di fare alla svelta i grandi assi cicloturistici, di smettere di fare raccordi autostradali e progetti di velocità solamente. Senza tutto questo le bici le metterete in cantina. Duecento milioni in cantina.
Paolo Pileri è ordinario di Pianificazione territoriale e ambientale al Politecnico di Milano. Il suo ultimo libro è “100 parole per salvare il suolo” (Altreconomia, 2018)
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