Tutto sarà perfetto, legale, lecito e se così non fosse, vi sono organi dello stato deputati e ben strutturati a far questo. Nessuna voglia di giustizialismo passa per questa penna. Però, quando si discute di urbanistica, architettura, e più genericamente delle nostre città, un gusto amaro invischia le parole e rallenta le nostre idee. Cosa succede alle nostre metropoli, ed anche ai nostri paesini? Cosa succede a questo Paese?
La classe dirigente, politica e amministrativa, è davvero talmente logora da non riuscire a vedere oltre la punta del proprio naso. Arroccata su se stessa nel terrore di perdere quel consenso “capitalizzato” da anni di servilismo politico e culturale da cui nemmeno lei ha saputo “smarcarsi”. Viviamo un in immobilismo sociale da “casta”, che non permette il fluire di una libera crescita economica e culturale. Se fossimo in India potremmo a meno trovare una retrovia religiosa e culturale, ma siamo in Italia… in quello che fu il “Bel Paese”.
Tutto resta immutabile mentre assistiamo inermi al conseguenziale peggioramento della qualità della nostra vita. È la meritocrazia la vera emergenza!
Come attuare quella redistribuzione della ricchezza che la Costituzione prevede e garantirebbe? A guardar bene non c’è un governo –di ogni tempo e casacca– nazionale o nell’ambito regionale e territoriale, che abbia fatto della meritocrazia il suo obiettivo primario. Se qualche cosa è stata intentata, quasi sempre ha assunto un respiro tanto personale da essere dimenticata, insabbiata con la convinzione che chi ha gridato è solo qualcuno che protesta perché non ha ottenuto il “suo” posto al sole. Un gioco di apparenti reciprocità che finisce per confermare che il “sistema” è quello. Un sistema autocelebrativo, rodato sul “come è bello e bravo”, che attinge da chi ha già dimostrato fedeltà a quelle illegittime regole. Senz’altro la cosa peggiore è che spesso non provocano neppure più indignazione e vergogna: ormai è “normale” e ciò che è “normale” è giusto! Dovremmo invece ancora opporci e comunque, indipendentemente da quanto accade, fare la nostra parte. Ricordiamo la celebre frase di Giovanni Falcone che ben si presta anche per queste realtà: “La mafia non è affatto invincibile; è un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine. Piuttosto, bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave; e che si può vincere non pretendendo l’eroismo da inermi cittadini, ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni”. Nepotismo, clientelismo e corruzione sono l’anticamera della mafia e dunque realtà pericolose, perché esprimono e promuovono una cultura dell’illegalità. Chi non ha più speranza, chi ha perso anche i sogni, chi non vive in uno Stato capace di garantire un futuro dignitoso conquistato per meriti e sudore, facilmente finisce per “arrendersi” al sistema… Ma allora i bravi, i meritevoli non ci sono proprio più? Non sarebbe giusto affermare qualcosa del genere. Ma i bravi non sanno di essere bravi e, principalmente, hanno paura di perdere i loro piccoli privilegi opponendosi a questa realtà.
Sismabonus ed ecobonus
L’urbanistica, e sua figlia l’edilizia costituiscono un ottimo osservatorio sulle dinamiche in atto nel Paese. Sappiamo anche che l’industria edilizia bene si presta alle manovre economiche del governo di turno. Tutti, secondo i loro tempi, con una mano sembrano voler “dare” e promettere sgravi fiscali e contributi a chi ristruttura casa, condomini e altro, poi con l’altra mano quello stesso legislatore scrive norme talmente restrittive da bloccare l’accesso ai fondi. Oggi a mio avviso, ma anche di tanti altri tecnici, è il caso del sismabonus e dell’ecobonus: talmente chiusi negli adempimenti burocratici e sensibili alla congruità urbanistica da risultare praticamente impossibile attuarli in tessuti storici stratificati, abusati e densi come quello del napoletano. Intendiamoci, il rispetto della normativa, dei beni culturali, del paesaggio è essenziale, ma vanno compresi nei massimi sistemi.
Due gli aspetti rilevatori che anche ad una veloce lettura appaiono senz’altro chiarificatori. il primo riguarda il sismabonus: la sicurezza non può mai passare in secondo piano. I vantaggi derivanti dal sismabonus, oltre a quelli economici di rivalutazione del cespite, sono principalmente racchiusi nel suo ruolo di una disposizione che può garantire un miglioramento delle prestazioni sismiche degli edifici, specialmente antichi o/e comunque compromessi staticamente. In sintesi prevede interventi che rendono più sicura la casa dei cittadini. Questione che mai può passare in subordine. Il secondo riguarda l’ecobonus. Non ha senso bloccare il miglioramento della resa energetica degli edifici per la “verandina della signora del terzo piano”. Il risparmio energetico è una priorità ambientale assoluta (vedi salute pubblica) che, cosa non da poco, incide sulla bilancia economica con l’estero. Se lo stato non è capace di opporsi e bloccare i piccoli illeciti urbanistici, non può pretendere di eliminare i diritti di quanti (condomini di uno stesso stabile) sono stati invece ligi e corretti.
Come uscire dal pantano
Come possiamo uscire da questo pantano? Assodato che la meritocrazia sia uno dei fattori mancanti, contro chi puntare il dito? Politici, amministratori pubblici e privati, imprenditori, intellettuali (di ogni ordine e grado)? Non è difficile pensare, ad essere onesti che sia l’intero sistema pubblico e sociale ad essere chiamato a rispondere a reati e malcostume. Iniziamo dagli uffici pubblici, nello specifico dagli uffici tecnici. In questi si contrastano grandi competenze con grandi incompetenze ma spesso mancano le idee, più spesso la voglia di impegnarsi. Quanto poi non fa il “piattume ambientale” pare essere fatto dalla burocrazia che blocca i pochi guizzi vitali. Le conseguenze pratiche sono sotto gli occhi di tutti: cattiva manutenzione delle strutture pubbliche (e in minor parte anche private) quali strade, marciapiedi, verde pubblico, edilizia residenziale, edilizia pubblica e scolastica e… tanto altro. L’effetto più plateale è visibile negli interventi ex-novo e di riqualificazione. Un livello progettuale così basso forse non si è mai visto. Spesso le amministrazioni si rivolgono ai propri uffici, a volte oberati di lavoro o costretti nella melassa della burocrazia. Si mette così in atto una squallida rivalità: da una parte i tecnici comunali, dall’altra i liberi professionisti (lascio in tal senso ogni commento ad un prossimo specifico approfondimento), tanto assetati di committenza. Anche in questi giorni passeggiando per Napoli si possono leggere i nomi degli architetti coinvolti nelle poche opere pubbliche: vergognosamente sono sempre le stesse “mummie”, presentate quali “archistars” e talvolta tanto lontani da essi (ma questo è anche una fortuna). Stars, stelle talvolta “paesane” e talvolta dal sapore esotico, provenienti da ogni parte del mondo e chiamati a lavorare anche nella nostra città. D’altronde “è giusto” vista l’incompetenza dei tecnici partenopei (questo emerge dalla quasi totale assenza di incarichi a loro affidati) e la tale abbondanza di lavoro”… Sembra ancora riecheggiare una celebre frase indirizzata (siamo nel XXVIII secolo) al grande architetto napoletano Mario Gioffredo: …”noi a Napoli prendiamo i musici, non gli architetti”. Un triste destino quello dei tecnici napoletani! Son passati circa tre secoli, ma i nostri politici e amministratori non provano alcuna vergogna ad attuare una simile politica, e noi siamo colpevolmente silenti. Un silenzio prodotto dalla paura di inimicarsi il “signorotto” di turno.
Tra gli amministratori pubblici in verità pochi vogliono rischiare, e così si preferisce acquistare dal “catalogo internazionale” un prodotto mediocre ma sancito da una critica culturalmente collusa, od anche favorire gli amici degli amici, in barba a concorsi trasparenti e disposizioni tanto raccomandate dell’Unione Europea. Meglio i più banali sotterfugi che indire un concorso! E se poi vincesse uno sconosciuto? O peggio qualcuno legato all’opposizione o a qualche “corrente” di partito “poco amica”! Poco contano i vantaggi determinati da un professionista capace. Tanto pagano i contribuenti…
Tra i tanti incarichi affidati per le stazioni della metropolitana della linea 1, certamente tutti legalmente ineccepibili (almeno lo spero) sarebbe stato incredibilmente bello vederne alcuni assegnati con liberi concorsi… qualcuno… uno. L’area della stazione marittima e piazza Castello? Meglio evitare commenti tanto – ne sono certo– sarà tutto perfettamente lecito. Il lungomare di Napoli? Ovvio… tutto regolare. Poi magari ci mettiamo in mezzo l’Università e le sue dinastie. Restaurare e riutilizzare quel bene pubblico ospitando uffici oggi in affitto? Non ci sono i fondi…
Consoliamoci amaramente ricordando che il nepotismo è un male antico che però oggi ha assunto sfumature diverse. Oggi abbiamo una miriade di “nipoti” non proprio consanguinei… ma legati da altre “parentele”. Anche questo forse sarà un modo per redistribuire le ricchezze. Certo non dovremmo sorprenderci… ma almeno indignarci, reagire perché promuovere la mediocrità è un male assai pericoloso che rende il Paese poco competitivo e desueto. Le idee (incorporee) producono ricchezza e materia (sostanza concreta). Con l’assenza delle idee si arresta inesorabilmente e lentamente la circolazione dei capitali perché solo le idee innovative e di alto profilo economico e qualitativo sono i binari della crescita reale.
L’edilizia è al centro della crescita del Paese, questo è un dato di fatto e di certo non è poco. Non lo è per chi preferisce i giochi della finanza e non l’imprenditoria. Tutto è perso? Credo di sì, ma esistono i miracoli, gli “autogoal”. La Regione Campania ha recepito le linee guida europee sulla qualità architettonica. Se tanto riuscirà a promuovere una cultura della qualità con alcuni impegni economici reali, potremmo assistere a una svolta. Seppure non vi creda nel mio intimo ho l’obbligo di sperarvi. È un segnale, timido ma da apprezzare. La qualità nell’architettura però si raggiunge con la cultura del progetto architettonico, con la cultura della trasparenza degli incarichi e, soprattutto, ricorrendo ad operatori sul territorio scelti per le loro professionalità e non per la loro “divisa” o parentela. Se la Regione fosse disposta davvero a rinnovarsi, se l’Italia tutta lo fosse… quel miracolo potrebbe anche prendere forma. Non è possibile che a gestire la situazione oggi siano gli stessi del disastro di ieri. Nuove energie intellettuali devono essere coinvolte e il “carrozzone” abbandonato. Altro che rottamazione! Signori amministratori e politici non offendetevi, il Re è nudo e i cittadini “hanno finito i croissant”. Tecnici, operatori culturali, cittadini, imprenditori, operai, studenti, impiegati, commercianti… non gridate troppo anzi, meglio ancora, tacete… potrebbe cambiare qualcosa!
Link all’articolo Originale tutti i diritti appartengono alla fonte.