“Il giornalismo deve assolvere al suo alto dovere di informazione nel rispetto del canone di essenzialità, senza cedere alla tentazione della spettacolarizzazione e del sensazionalismo che rischia di far degenerare la pietra angolare delle democrazie (la libertà d’informazione, appunto), in gogna mediatica”. È il richiamo, come riporta Ansa, di Pasquale Stanzione, presidente dell’Autorità per la Privacy, nella Relazione annuale al Parlamento.
Un monito relativo, in particolare, alle violazioni della dignità delle persone soggette a misure coercitive, ma anche, più in generale, agli “eccessi informativi riscontratisi nella cronaca”.
Il digitale è al servizio dell’uomo, come la pandemia ha dimostrato, ma ciò ha un prezzo: ”l’accentramento progressivo, in capo alle piattaforme di un potere che non è più soltanto economico, ma anche – e sempre più – performativo, sociale, persino decisionale”. E’ l’allarme lanciato dal Garante della Privacy, Pasquale Stanzione, nella relazione annuale al Parlamento.
Un potere che, secondo il presidente dell’Autorità, ”si innerva nelle strutture economico-sociali, fino a permeare quel ‘caporalato digitale’, rispetto ai lavoratori della gig economy”.
La pandemia ”ha dimostrato l’indispensabilità” dei servizi digitali, ma anche ”l’esigenza di una strategia difensiva rispetto al loro pervasivo pedinamento digitale, alla supremazia contrattuale, alla stessa egemonia ‘sovrastrutturale’, dunque culturale e informativa, realizzata con pubblicità mirata e microtargeting”.
Privacy: Covid e tutela diritti, attività 2020. 278 provvedimenti, 9.000 reclami, 38 mln le sanzioni riscosse
Nell’anno della pandemia, e del massiccio ricorso alle piattaforme online, l’impegno del Garante per la Privacy è stato volto in primo luogo ad “assicurare, da una parte, un funzionale trattamento dei dati – in particolare di quelli sulla salute – e, dall’altra, il rispetto dei diritti delle persone”, in una “costante opera di bilanciamento”. Tra i fronti di intervento, le app di contact tracing; l’effettuazione dei test sierologici; la raccolta dei dati sanitari di dipendenti e clienti; il green pass; la sperimentazione clinica e la ricerca medica; l’attivazione dei sistemi di didattica a distanza; il processo amministrativo e tributario da remoto.
In generale, il 2020 ha visto l’Autorità in campo sulle grandi questioni legate alla tutela dei diritti fondamentali delle persone nel mondo digitale: in particolare, le implicazioni etiche della tecnologia; l’economia fondata sui dati; le grandi piattaforme e la tutela dei minori; i big data; l’intelligenza artificiale e le problematiche poste dagli algoritmi; gli scenari tracciati dalle neuroscienze; la sicurezza dei sistemi e la protezione dello spazio cibernetico; il diffondersi di sistemi di riconoscimento facciale; la monetizzazione delle informazioni personali; il fenomeno del deep fake; il revenge porn.
Sul fronte della tutela online, innanzitutto dei minori, da citare l’intervento del Garante nei confronti di Tik Tok, in particolare per la verifica dell’età di chi si iscrive alla piattaforma. Ma anche le istruttorie e gli accertamenti sul fenomeno del deep nude, sulla poca chiarezza dell’informativa di Whatsapp, sull’uso di dati biometrici da parte di Clubhouse (social che offre chat vocali), sulle modalità di funzionamento da Clearview, società specializzata in riconoscimento facciale che acquisisce dati sul web. E ancora il canale di emergenza contro il fenomeno del revenge porn, la campagna contro il cyberbullismo, il lavoro per assicurare la protezione dei dati online, in particolare riguardo ai possibili rischi connessi all’uso degli ‘assistenti digitali’, installati sui nostri smartphone o presenti nelle nostre case.
Altri ambiti di intervento, la cybersecurity e la mancata adozione di adeguate di misure di sicurezza da parte di pubbliche amministrazioni, imprese e piattaforme online (ben 1387 i casi di data breach notificati al Garante); la fiscalità (con il via libera al cashback, alla lotteria degli scontrini, al bonus vacanze e al bonus mobilità); il mondo del lavoro, con la tutela dei lavoratori dei call center e delle piattaforme di delivery e, riguardo allo smart working, la richiesta al Parlamento di assicurare il diritto alla disconnessione.
Sul fronte della tutela dei consumatori il Garante è intervenuto contro il telemarketing aggressivo con l’applicazione di pesanti sanzioni (complessivamente 57 milioni di euro nel solo 2020), in particolare per l’uso senza consenso dei dati degli abbonati.
Sul piano del rapporto tra privacy e diritto di cronaca, l’Autorità ha più volte stigmatizzato gli eccessi di morbosità e spettacolarizzazione di vicende tragiche a tutela innanzitutto delle vittime di abusi sessuali e dei minori. Rafforzata ulteriormente anche l’attività a tutela del diritto all’oblio, garantendo comunque la salvaguardia degli archivi online dei giornali.
In sintesi, nel 2020 il collegio dell’Autorità ha adottato 278 provvedimenti collegiali; ha risposto a circa 9.000 reclami e segnalazioni; ha reso 60 pareri su atti regolamentari e amministrativi, 7 su norme di rango primario (in particolare, su digitalizzazione della P.a. e Covid-19), 18 in materia di accesso civico. Le comunicazioni di notizie di reato all’autorità giudiziaria sono state 8 e hanno riguardato violazioni in materia di controllo a distanza dei lavoratori; accessi abusivi a sistemi informatici; trattamento illecito dei dati; falsità nelle dichiarazioni.
Le sanzioni riscosse sono state pari a 38 milioni. Nell’anno del Covid, le ispezioni effettuate sono state 21. Oltre 15 mila i quesiti dei cittadini ai quali si è dato riscontro, in particolare sugli adempimenti relativi all’applicazione del Regolamento Ue, su telemarketing indesiderato, problematiche poste dal web, rapporto di lavoro pubblico e privato, videosorveglianza, centrali rischi private, informazioni sanitarie, dati bancari.
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