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Il Pil in Italia vola fino al 6%. Per il Superbonus arriva la proroga – ilmessaggero.it

I numeri della crescita, quelli del deficit e del debito. Poi tre misure che saranno inserite nella prossima manovra di bilancio. Nessun accenno alla delega fiscale. In meno di un’ora Mario Draghi chiude la cabina di regia politica che precede il consiglio dei ministri di questa mattina che sarà chiamato ad approvare la Nadef, la nota di aggiornamento del documento di economia e finanza. 

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La proroga

Il presidente del Consiglio ai capi delegazione dei partiti ha spiegato che la ripresa va meglio del previsto. Il Pil del 2021 salirà del 6 per cento, contro il 4,5 per cento che era stato previsto solo qualche mese fa, ad aprile. Anche il deficit salirà meno del previsto. L’asticella di fermerà al 9,5 per cento, contro l’11,8 per cento previsto nel precedente documento. Tra il 2022 e il 2024 ci sarebbero margini per 1 punto di Pil l’anno per nuovi interventi, circa 18 miliardi l’anno. È una buona notizia, perché permetterà al governo di finanziare una serie di interventi che sono in preparazione. Già, ma quali? Draghi nella cabina di regia di ieri ne ha indicati tre: la proroga del Superbonus del 110 per cento; la proroga degli incentivi alle imprese di Transizione 4.0; e la riforma degli ammortizzatori sociali alla quale sta da tempo lavorando il ministro del Lavoro Andrea Orlando. 

Sul Superbonus e sul sismabonus le pressioni per una proroga di almeno un anno, fino a tutto il 2023, sono da tempo molto forti. Il caro materiali e la difficoltà a trovare alcune materie prime stanno rallentando i lavori in diversi cantieri. Il rischio che il meccanismo si inceppi c’è, ma la vera spada di Damocle che pende sugli interventi sono i tempi. Il rodaggio della macchina è stato più lungo e complesso del previsto, e lo smart working negli uffici pubblici non ha semplificato la vita degli operatori. La proroga dunque, servirà a mandare a regime un incentivo che sta riempiendo le città di impalcature e gru come da tempo non se ne vedevano. Anche su Transizione 4.0, gli incentivi per l’ammodernamento dei macchinari delle imprese in ottica green e digitale, il governo ha deciso di dare più tempo. In questo caso si tratta di una decisione meno scontata, visto che la misura è già stata finanziata fino a tutto il 2023. Anche sugli ammortizzatori sociali l’empasse dovuta alle risorse economiche è stata sbloccata. La riforma sarà inserita all’interno della prossima manovra. È stato invece deciso di rinviare ad un disegno di legge collegato, la questione del salario minimo. A spingere per la misura è l’asse tra Movimento Cinque Stelle, Leu e Pd. Ma la proposta deve affrontare le resistenze sia della Confindustria che dei sindacati. 

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La riforma “light”

Non c’è dubbio che l’imminente voto amministrativo in importanti città sta rallentando non poco il cronoprogramma delle riforme che anche di recente Mario Draghi ha illustrato alla presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen. Il riferimento al Pnrr, contenuto nella Nota di Aggiornamento, conferma il pacchetto di riforme, ma sui tempi la composita maggioranza fa segnare il passo al governo. Draghi anche ieri, come accaduto il giorno prima all’avvio dell’incontro con i sindacati, ha circoscritto l’oggetto della riunione. Niente delega fiscale e niente riforma del catasto, almeno per ora e anche se previste nel Pnrr. «Le resistenze politiche sono fortissime, ammette Maria Cecilia Guerra. La sottosegretaria all’Economia si dice «non particolarmente ottimista» e prevede che «sicuramente ci sarà ma la sua traduzione in termini fiscali può darsi che possa essere considerata molto, molto, molto lenta».

D’altra parte la riforma del catasto fa temere patrimoniali e la “montagna” rischia di restare complicata da scalare anche dopo la tornata amministrativa. Ieri l’altro sulle scale di palazzo Chigi è salito Antonio Tajani. La contrarietà di FI è la stessa della Lega e non passa giorno che Salvini non dica che «la casa non si tocca». La riforma è però prevista nel Pnrr e Draghi intende presentare al Parlamento una delega precisa sulla base della quale procedere. Di sicuro, sottolineano dal governo, fa fede quanto ribadito la scorsa settimana da Draghi: «Non intendiamo aumentare le tasse, questo non è il momento di prendere, ma di dare». Queste parole non rassicurano coloro che non vogliono interventi sul catasto.
E’ per questo che nei corridoi del Mef c’è chi ipotizza una riforma molto “light”. Una sorta di primo passo inserendo nella delega dei principi che poi il governo dovrà tradurre in decreti attuativi. Sono proprio questi che preoccupano FI e Lega, mentre Pd e M5S si muovono con cautela in attesa di vedere le proposte del governo.

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Source: ilmessaggero.it

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