Immaginate di partecipare a una gara di nuoto di stile libero. Al via entrate in acqua, ma dopo il primo minuto vi arrivano indicazioni da bordo piscina: dicono che le regole sono cambiate in quel minuto e che ora dovete nuotare con un solo braccio. Perplessi, proseguite con un solo braccio, ma dopo un altro minuto vi arrivano altre indicazioni: ora si nuota muovendo un solo braccio e una sola gamba. Sempre più dubbiosi, e arrancando un po’, proseguite, e dopo un minuto vi dicono di nuotare con le due gambe e un braccio fermo. E voi siete lì, al centro della piscina…. consapevoli che vi hanno cambiato le regole durante la gara e consci di non avere alternativa: nuotare solo con un braccio o annegare. E’ un po’ quello che è successo a chi ha avuto la fortuna (o sfortuna, deciderete voi a fine articolo) di usufruire del famoso/famigerato Superbonus 110.
Per chi ignora questo strumento, spiegherò brevemente e con termini molto semplici cos’è. Si tratta di un’agevolazione fiscale disciplinata dall’articolo 119 del decreto legge n. 34/2020 (decreto Rilancio), che consiste in una detrazione del 110% delle spese sostenute a partire dal 1 luglio 2020 per la realizzazione di interventi finalizzati all’efficienza energetica e al consolidamento statico o alla riduzione del rischio sismico degli edifici. Tra gli interventi agevolati rientra anche l’installazione di impianti fotovoltaici e delle infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici negli edifici. In alternativa alla detrazione, si può beneficiare del Superbonus optando per un contributo anticipato sotto forma di sconto praticato dai fornitori dei beni o servizi o per la cessione del credito corrispondente alla detrazione spettante.
Il termine “110” è spiegato dal fatto che il 100% consiste nella spesa della ristrutturazione, mentre il 10% è il contributo che si dà all’istituto di credito per aggiudicarsi, appunto, il credito.
Nell’ottobre del 2021 un report del Centro studi del Consiglio nazionale degli Ingegneri evidenziava quale sarebbe stato l’impatto economico del Superbonus fino al termine del 2021 e diceva che a fronte di un investimento di 9/12 miliardi che avrebbe occupato circa 153mila unità di lavoro, lo Stato avrebbe generato 21 miliardi di euro (i dati che dimostrano quanto il Superbonus abbia effetti positivi sull’economia sono presenti anche sul sito del Governo ).
Insomma, tutti contenti: le imprese perché possono lavorare di più, i clienti (e parliamo di 483.000 famiglie con reddito medio-basso) perché possono ritrovarsi una casa completamente efficientata dal punto di vista energetico a costo zero e le banche perché guadagnano quel 10% in più. Forse per la prima volta uno strumento economico, che stanno cercando di copiarci in tutta Europa, è riuscito a far felici tutti e a dare una scossa al settore dell’edilizia, frenato da due anni a causa del Covid.
Tutto bene. Anzi benissimo, penserete voi. E invece, ovviamente, no! Perché le regole, come nell’esempio della piscina, sono cambiate in corso d’opera. E non una volta: ben 11 volte! E chi si è trovato al centro della piscina del Superbonus ha iniziato ad annaspare.
Il famoso 10% richiesto dagli istituti di credito, infatti, ha cominciato a lievitare raggiungendo la cifra del 20, 25 e in alcuni casi anche del 40%. Una somma che, lo avrete capito, non è coperta dal Superbonus se non per il 10%. E chi aveva già avviato i lavori si è trovato così a dover sborsare di tasca propria la differenza mancante. Questo ovviamente è il caso di chi ne aveva la disponibilità. Ma chi non l’aveva? Ha dovuto fermare i cantieri. E questo nonostante sul cassetto fiscale delle imprese ci siano 5 miliardi di euro di crediti d’imposta che, però, risultano non spendibili presso gli istituti di credito. Non soldi reali, ma virtuali, che non possono al momento essere spesi. Perché? Perché… game over, i giochi sono finiti, a metà giugno 2022 le risorse del Superbonus sono state esaurite. La cassa del Tesoro, in pratica, ora è vuota e le banche hanno iniziato a bloccare l’acquisto dei crediti.
Procedere per vie legali, vi chiederete? Impossibile. E non solo perché alcuni istituti di credito avevano apposto una di quelle minuscole clausole al contratto in cui ci si riservava il diritto di cambiare le condizioni contrattuali, ma anche perché, dal momento che si è già sotto contratto con una banca, non è possibile stipularne un altro con un diverso istituto di credito. Bell’incastro, vero?
E a questo si aggiunge anche la tanto sbandierata questione della “truffa del Superbonus”. A metà febbraio 2022 Mario Draghi ha infatti dichiarato che la 110 era da chiudere perché le tante truffe perpetrate usufruendo di questa legge avevano generato un ammanco nella casse dello Stato per 5 miliardi di euro. In realtà, le truffe riguardanti il Superbonus sono quasi inesistenti, dal momento che i controlli sono serratissimi, e tra l’altro sono ancora in fase di accertamento. Ma, ciononostante, dal gennaio 2022 tutto ha iniziato a fermarsi ed il Superbonus ha cominciato lentamente a morire.
Il risultato di tutto questo? Che la 110, la legge che metteva d’accordo tutti e tutti faceva guadagnare, non è stata in realtà eliminata, ma è stato resa di fatto inutilizzabile, nonostante nelle casse dello Stato siano rientrati miliardi di euro.
Vi chiederete: forse lo Stato si è accorto che il Superbonus non è conveniente come credeva e ora sta cercando di eliminarlo? Assolutamente no! Uno studio congiunto presentato il 13 luglio scorso dalla società Nomisma insieme all’Associazione nazionale costruttori edili settore Emilia Romagna, ha rilevato che sui primi 38,7 miliardi di euro investiti dallo Stato, c’è stato un ritorno di 124,8 miliardi di euro, ovvero il 7,5% del Pil dell’Italia. E capirete che è assurdo eliminare uno strumento che fornisce all’Italia il 7,5% del Pil, quando il Governo si impegna quotidianamente per strappare anche solo un punto percentuale!
E per di più questa situazione sta creando enormi conflitti tra clienti, tecnici e imprese: il cliente non sa che fare perché l’impresa ha bloccato i lavori, mentre imprese e tecnici sono esasperati perché pensavano di monetizzare rapidamente i crediti ma non riescono a pagare il personale, i fornitori e quant’altro.
E, ciliegina sulla torta, ora c’è la spada di Damocle di lunedì 26 luglio, data in cui tutte le imprese che hanno usufruito del Superbonus dovranno fare i conti con le scadenze fiscali: il calcolo delle tasse, gli stipendi da pagare… e inizierà il cataclisma del settore dell’edilizia. Tutto questo nonostante i miliardi di euro fermi sui cassetti fiscali.
Molte di queste imprese falliranno e 153mila dipendenti perderanno il posto di lavoro. Un catastrofico epilogo di cui in tanti si chiedono ancora il motivo. Se una legge fa guadagnare tutti… perché renderla non utilizzabile?
L’unica cosa possibile da fare, adesso, è incoraggiare a tenere duro le imprese che non hanno la disponibilità economica per andare avanti e che stanno mollando, esortandole a continuare a cercare una via d’uscita.
Source: zonalocale.it
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