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Questo articolo è stato pubblicato il 13 dicembre 2014 alle ore 11:36.
L’ultima modifica è del 13 dicembre 2014 alle ore 11:40.
Immobili produttivi delle imprese “schiacciati” sotto il peso delle tasse locali, cresciute di quattro miliardi e 900 milioni di euro in 36 mesi. A lanciare l’allarme è uno studio dell’Osservatorio Cna, che denuncia «l’escalation della pressione passata, negli anni più duri della crisi, dai 4,7 miliardi del 2011, quando era in vigore solo l’Ici, ai 9,6 miliardi di quest’anno, somma delle entrate di Imu e Tasi». Più tasse per le imprese, ricorda poi lo studio, significano risorse finanziare sottratte agli investimenti.
Napoli “capitale” della pressione fiscale
Lo studio della Confederazione degli artigiani e delle Pmi fornisce una dettagliata “geografia” della pressione fiscale locale, evidenziando tra i fattori che hanno portato alle stelle la tassazione l’elevato valore catastale degli immobili, «che può andare addirittura al di sopra del valore di mercato», come nel caso di Firenze. Ma la capitale della pressione fiscale è Napoli dove un laboratorio artigiano-tipo può arrivare a pagare, circa 9.316 euro l’anno, davanti a Reggio Calabria (9.213) e Roma (9.013). Viceversa, il Comune capoluogo meno esoso è Cuneo (1.012 euro), con alle spalle Udine (1.610) e Gorizia (1.628).
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