L’AUTO BOCCHEGGIA – Con le immatricolazioni di automobili nuove in Italia in calo anche a febbraio (qui per saperne di più), a conferma del trend negativo inaugurato nei mesi scorsi, il comparto automobilistico attende un segnale concreto da parte del governo. Palazzo Chigi sta lavorando sullo sblocco del fondo di 700 milioni di euro per nuovi incentivi da erogare nel 2022 e un altro miliardo all’anno, fino al 2030, dovrebbe essere iniettato nel serbatoio degli ecobonus per favorire l’acquisto di vetture con emissioni inquinanti ridotte fino al 2030. Tuttavia, alcune misure contenute nel provvedimento destano forti preoccupazioni nell’Unrae, l’associazione dei costruttori stranieri presenti in Italia.
LA POSIZIONE DELL’UNRAE – Stando agli ultimi sviluppi delle interlocuzioni tra i vari ministri, sembrerebbe che lo schema delle modalità di erogazione delle agevolazioni rimarrà simile a quelli già attuati tra il 2020 e il 2021. Una differenza sostanziale, però, è la possibile riduzione di 5.000 euro del prezzo massimo per le auto con emissioni nella fascia tra 0 e 60 g/km di CO2 e a 35.000 per quelle dell’intervallo 61-135 g/km. Quella che, al momento, è solo un’ipotesi, secondo il presidente dell’Unrae, Michele Crisci, sarebbe una mossa “estremamente controproducente sia per la concorrenza, perché escluderebbe un gran numero di player dagli incentivi, sia per i consumatori, che avrebbero una minore scelta di prodotto, sia per l’Erario, che avrebbe minori incassi Iva a parità di incentivi”.
IMPATTO POTENZIALMENTE NEGATIVO – Sempre a proposito di un’eventuale riduzione del tetto ai prezzi, nel ribadire i contenuti di una lettera inviata insieme a Federauto ad alcuni componenti del governo, tra cui i ministri Giorgetti, Franco, Cingolani, Giovannini e il sottosegretario alla presidenza del consiglio Garofoli, Crisci ha citato la possibilità di un taglio ancor più profondo. In particolare, secondo il numero dell’Unrae la sforbiciata del 30% che potrebbe riguardare i tetti di listino per la fascia 0-20 g/km CO2, ridotta da 50.000 euro a 35.000 euro, costituirebbe una misura di “dubbia legittimità” e potrebbe avere “impatti molto negativi sullo sviluppo della mobilità a zero emissioni”, senza portare di fatto “alcun vantaggio ai consumatori, ma solamente ad alcuni produttori”.
IN GIOCO ANCHE L’INDOTTO ITALIANO – Crisci, infine, ha ricordato che “la stragrande maggioranza dei veicoli costruiti all’estero incorporano valore aggiunto italiano, ossia componentistica prodotta da imprese operanti in Italia”, ribadendo che “la distribuzione e l’assistenza dei suddetti prodotti garantisce l’occupazione di circa 160.000 lavoratori italiani”. La richiesta, quindi, sottoscritta nella lettera inviata al governo, è quella di “mantenere la preesistente soglia dei prezzi di listino per la fascia 0-20 g/km CO2”.
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