La fibrillazione per il superbonus 110 per cento sortisce una specie di effetto magico, come un contagio che nei mesi sta lentamente trasformando il volto della città. Quell’erba del vicino che diventa all’improvviso un po’ più verde è capace di convincere anche chi, a rimettere in sesto il prato, non aveva affatto pensato.
In via Porpora 42, per esempio, i lavori sono iniziati lo scorso autunno: posa del cappotto termico e, abbinata, una pittura beige e blu scuro, con effetti verticali su alcune facciate e, in quelle con i balconi, giochi di chiaro-scuro per dar volume alle profondità. Quando è stata completata la prima delle tre facciate sono stati tolti i ponteggi «in modo che il quartiere potesse vedere che il nostro intervento non aveva deturpato la qualità estetica del palazzo, ma anzi l’aveva migliorata», spiega l’architetto Alessandro Guida dello studio Mg2.
Il risultato? I due palazzi gemelli accanto, ai civici 44 e 46, hanno chiesto presto di avere un progetto analogo e quanto prima partiranno con il cantiere.
Qualcosa di simile è successo in corso Tortona, angolo con via Oropa. Qui il bonus era per le facciate. Lo studio Fabrica Tre si è occupato del restauro del palazzo, con tinteggiatura, pulizia delle pietre, dello stucco e delle persiane. E, una volta svelato il nuovo aspetto, le richieste di intervento lì intorno si sono moltiplicate.
Da mesi se si alza lo sguardo verso i palazzi, in ogni zona della città e delle sue periferie, si vedono ponteggi e lavori in corso. Se poi lo sguardo si abbassa a terra, si notano i nastri di cantiere che coprono le strisce blu, i posti auto trasformati in bagni chimici e container per gli operai. È la grande fibrillazione del 110, con materiali edili e di cantiere diventati merce rare, manodopera introvabile e, secondo i sindacati del settore, anche un lungo elenco di incidenti sul lavoro provocati dalla fretta con cui si eseguono i lavori e dalla smania di commesse.
Quel bonus, nato per ridurre lo spreco energetico dei palazzi e l’impatto del riscaldamento sulla qualità dell’aria, è diventato infatti — ed è sotto gli occhi di tutti — una boccata d’ossigeno vitale per il settore delle costruzioni e, gioco forza, finirà per imporre una trasformazione, anche solo perché gli interventi sono migliaia.
Negli uffici del Comune di Torino le richieste arrivate da inizio anno sono 580 (erano state 373 nel 2021). «Il dato è rilevante e positivo, c’è una ricaduta importante in termini occupazionali e di riqualificazione del patrimonio edilizio», dice a Repubblica Paolo Mazzoleni, che guida l’assessorato all’edilizia chiamato a smaltire l’enorme mole di documentazione, destinata ad aumentare ancora nei prossimi mesi. Gli incentivi scadono nel 2023: è una corsa contro il tempo.
La prospettiva di ristrutturare senza spendere praticamente nulla, riducendo del 40 per cento lo spreco di energia è allettante, tantopiù adesso che la bolletta è quadruplicata. Ma si può davvero dire che la città diventerà più bella? Se questo possa garantire anche un salto di qualità dal punto di vista estetico e urbanistico è una domanda che abbiamo rivolto a una serie di studi di architettura impegnati su progetti legati al 110.
«Il moltiplicarsi di interventi sulla città come effetto dei bonus edilizi ha una ricaduta significativa sulla qualità dell’architettura: edifici devastati dalla scarsa manutenzione o da interventi abusivi realizzati in passato, grazie agli incentivi, hanno l’opportunità di una vera e propria trasformazione – spiega l’architetto Guida –. Il 110 è un’opportunità a cui possiamo aggiungere una valenza culturale. Dobbiamo metterci ingegno per individuare soluzioni architettoniche che migliorino quel che c’è».
I progetti di ristrutturazione con il superbonus, ma anche con il bonus facciate nascono dall’iniziativa delle singole assemblee condominiali, senza una regia e un accompagnamento pubblico. Perciò quella leva di riqualificazione urbanistica, se esiste, è diffusa a macchia di leopardo e spesso si svela in zone senza particolari peculiarità. Nelle periferie e in quei quartieri dove il boom edilizio fa emergere, più che in altri, le conseguenze di costruzioni datate, tirate su con poca attenzione al risparmio energetico e ai materiali.
«La riqualificazione energetica è il punto di partenza, l’obiettivo da perseguire è quello di riuscire a trainare anche un risvolto estetico e architettonico di pregio», sostiene Maria Cristina Milanese, presidente dell’Ordine degli architetti di Torino secondo la quale «il tema andava posto anni fa, quando abbiamo cominciato: ora che le pratiche sono moltissime e gli architetti sono chiamati a una corsa contro il tempo per rispettare le scadenze, mi auguro che i progettisti si mettano la mano sul cuore per ricercare un po’ di qualità estetica, altrimenti avremo edifici che sono scatole anti-dispersione di calore, ma niente di più».
Lo studio Fabrica Tre al momento segue una settantina di progetti con super bonus, buona parte su condomini Atc, altri per privati. Secondo Stefania Zitti, una dei soci dello studio, «la possibilità che alla riqualificazione energetica faccia seguito anche una migliore vivibilità delle zone della città è una sfida non semplice». Intanto perché il superbonus impone alcuni paletti. «Si è diffuso il messaggio errato che i lavori si fanno gratis – spiega – e questo non è vero: i miglioramenti tecnici sì, ma quelli di miglioramento architettonico non passano, e non sempre è un messaggio facile da far comprendere».
Il rischio, insomma, è che le assemblee di condominio boccino interventi che vadano oltre la posa del cappotto, l’impianto termico e magari gli infissi (il kit standard che fa salire di due classi l’impatto energetico dell’edificio e dunque consente di accedere agli incentivi). «Il nostro compito è rispettare i paletti, provando anche a migliorare la qualità estetica degli edifici» prosegue Zitti.
Le soluzioni più comuni, e meno costose, risultano quindi colori e finiture che possono, con un attento studio dei volumi, aiutare a ingentilire costruzioni datate e dar loro un aspetto più moderno.
«Il nostro è un lavoro pieno di speranza, ma è difficile capire se l’opera di riqualificazione può avere effetto anche sulla qualità dell’abitare e portare benefici sociali», ragiona l’architetto Norberto Vairano che si è occupato di molte delle ristrutturazioni nel centro storico della città, da ultimo, insieme allo studio milanese Lombardini 22, del restyling del fabbricato storico della stazione di Porta Susa. «Il 110 può essere un volano, anche se i tempi di riqualificazione urbana sono molto lunghi – ammette Vairano –. Ne vedremo gli effetti solo tra qualche tempo e, probabilmente, nelle zone della città in cui la riqualificazione ha coinvolto interi isolati».
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