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La moda incontra le istituzioni: Commercianti e artigiani discutono le linee guida per la sopravvivenza della filiera – fashionmagazine.it

Il decreto Sostegni non basta a superare il disagio economico e psicologico degli artigiani e commercianti della moda, derivante dai prolungati lockdown. Ne sono convinti Federazione Moda Italia-Confcommercio, Confartigianato Moda e Cna Federmoda i cui rappresentanti hanno proposto alle istituzioni un cambio di paradigma.

All’incontro del 5 aprile con il sottosegretario alla Cultura, Lucia Borgonzoni e con l’onorevole Benedetta Fiorini, segretario della X Commissione Attività Produttive, Commercio e Turismo della Camera dei Deputati, è stata chiesta la riapertura immediata dei negozi di moda in fascia rossa, come già avviene in altre parti d’Europa, «su appuntamento oppure secondo diverse fasce orarie, permettendo l’ingresso a una sola persona alla volta o dal lunedì al venerdì».

Per quanto riguarda il credito d’imposta sui canoni di locazione degli esercizi commerciali, prevista nella legge di conversione del decreto Ristori, «la richiesta andrebbe riproposta per le aziende della moda che sono state costrette alla chiusura in fascia rossa, almeno per i primi quattro mesi del 2021».

Sul fronte degli indennizzi le tre associazioni di categoria hanno evidenziato l’esigenza della riproposizione dell’emendamento sull’estensione alla filiera della moda (anche commercio al dettaglio) del credito d’imposta sulle eccedenze di magazzino ex art. 48 bis del decreto Rilancio.

In merito agli ultimi sostegni, è stato segnalato il problema della soglia minima del 30% della perdita di fatturato per l’accesso ai contributi: «Una soglia – dicono Federazione Moda Italia-Confcommercio, Confartigianato Moda e Cna Federmoda – estremamente penalizzante per un settore che, a differenza delle altre attività, ha arginato le perdite di fatturato facendo ampio ricorso a sconti, promozioni e saldi che hanno sì abbassato le perdite, ma anche eliminato pesantemente i margini che permettono ad un’impresa di stare sul mercato».

Le Pmi del fashion e i commercianti hanno inoltre proposto misure a sostegno della domanda interna come un’aliquota agevolata temporanea del 10% e detrazioni fiscali dedicate al consumo, sulla scia di quanto messo in campo nei settori edilizia ed automobili (ecobonus) e mobile/arredo (bonus mobili).

Al recente incontro si è parlato anche di investimenti nell’ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza-Pnrr, che l’Italia deve presentare alla Commissione europea nell’ambito del Next Generation EU, lo strumento per rispondere alla crisi pandemica provocata dal Covid-19. A sostegno del comparto moda si è fatto riferimento ai giovani e all’occupazione a forte prevalenza femminile, al sostegno e al rilancio delle fiere di settore italiane nonché alla valorizzazione degli aspetti socio-culturali che il settore rappresenta nei più importanti distretti produttivi del territorio nazionale.

«Abbiamo registrato un approccio politico più sensibile al nostro settore, dopo più di un anno di latitanza», commenta il presidente di Confartigianato Moda, Fabio Pietrella.

«Confidiamo nella sensibilità del Governo per moratorie e riaperture in sicurezza per salvaguardare un patrimonio di storia e competenze», ribatte il presidente di Cna Federmoda, Marco Landi. Fiducioso anche il capo di Federazione Moda Italia, Renato Borghi che si aspetta «risposte concrete e positive anche sul contenuto degli emendamenti».

All’appuntamento Borgonzoni ha reso noto che, per la prima volta, il ministero della Cultura attiverà dei bandi per le imprese creative del settore Moda. Inoltre, grazie al ministro Giancarlo Giorgetti, «si parla del settore come filiera» e c’è la possibilità che si organizzi un tavolo che includa tutti gli attori del settore, «per individuare gli strumenti più adatti a tutelare e valorizzare questa nostra grande eccellenza».

L’onorevole Fiorini ha indicato la moda come un asset strategico dell’economia italiana «che deve trovare sempre più centralità nell’agenda del Governo». «Investire in questo settore e nella filiera – ha detto – significa investire nel Paese. Non possiamo permetterci di perdere ulteriori posti di lavoro, mettere a rischio tante piccole e medie aziende, ora più che mai nel mirino di fondi stranieri, e perdere quelle figure professionali uniche che costituiscono il pilastro di tanti mestieri specializzati, tradizioni, eccellenze che rappresentano il know-how italiano e il made in Italy nel mondo».

e.f.

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