Il Ministro Costa l’aveva detto: “Il bonus mobilità non verrà dispensato attraverso un click day”, ma si sa, la strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni e, com’è, come non è, ieri, una milionata buona di Italiani ha trascorso la giornata alle dipendenze del sito del ministero per ottenere i 500 euro promessi.
Io ero tra loro: alle 9:00 mi sono loggato sul sito (che è immediatamente crashato) e ho aspettato il mio turno che è arrivato la prima volta alle 11:42 e la seconda volta alle 16:30. In entrambi i casi ad aver fatto cilecca è stato il sistema di identità digitale di Poste Italiane che prima non riusciva a riconoscermi, poi a comunicare con il server e infine a riconoscere la propria esistenza.
Per la prima volta nella mia vita ho partecipato a una coda con davanti circa 600.000 persone: un’esperienza frustrante e alienante, in cui la battuta sagace e amara viene relegata in un tweet lanciato nell’etere.
Con un occhio al contatore ho trascorso una giornata cercando di svolgere il mio lavoro di sempre: cercare di salvare il salvabile in un contesto economico tragico, in cui non passa giorno senza scoprire che questo ha perso il lavoro, quello è in via di uscita e ci saranno alcune fatture che non saranno mai pagate.
Nel tardo pomeriggio è arrivata una nota del Ministero dell’Ambiente: alle ore 15, erano già state evase 66 mila richieste, praticamente un decimo delle persone che avevo davanti io quattro ore prima. Un rapido calcolo porta a valutare spannometricamente che va a buon fine solo una richiesta su dieci, ovvero che il sistema ha un tasso di fallimento del 90%.
La mia forma mentis mi ha portato a unire questo dato con il tempo (20 minuti) che il sito concede al cittadino per caricare i propri documenti e richiedere il bonus mobilità: quello che ne emerge è un danno economico per la produttività del Paese che si aggira ragionevolmente attorno ai 4 milioni di euro. Fa 1 milione di euro/ora in produttività perso in un momento in cui ogni singola ora di lavoro serve a tenere in piedi il sistema Italia.
Personalmente sono riuscito a ottenere il bonus al terzo tentativo, alle 22:30, con il terrore di non ricevere quanto mi spettava e di dover ricominciare di nuovo la trafila, mentre mi chiedevo se anche quelli che hanno ricevuto l’incentivo all’acquisto di automobili con il cosiddetto “eco-bonus” si sono dovuti sottoporre a una procedura tanto umiliante.
Questa esperienza mi ha lasciato, però, una riflessione: se in un’azienda privata qualcuno avesse impiegato 6 mesi per creare un dispositivo che fallisce il 90% delle volte e fa perdere circa un milione di euro di produttività ogni ora, questo sarebbe stato messo immediatamente alla porta.
Nel pubblico, invece, queste cose non succedono: non accade nulla a chi porta sulle spalle la responsabilità di decine di migliaia di morti e di un’economia in ginocchio, figuriamoci se si prendono provvedimenti nei confronti di qualcuno che non riesce a gestire la procedura di validazione di una fattura senza gettare nel panico la popolazione.
Ma non sarebbe male se, per una volta nella storia di questo Paese, qualcuno presentasse le proprie dimissioni o venisse allontanato dal proprio lavoro per palese incapacità di operare per il bene pubblico.
Sarebbe un segnale nei confronti di tutti quegli Italiani che non hanno vinto alla lotteria della vita e non hanno il posto fisso statale garantito qualunque cosa succeda, quelli che ogni giorno devono rimboccarsi le maniche per mettere un tozzo di pane in tavola.
Concludo con una nota rivolta al governo: adesso che avete regalato biciclette a destra e manca, inventatevi un modo per farle circolare perché le biciclette sono fatte per girare in strada, non per restare chiuse in cantina.
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