Come sirene spiegate si rincorrono da giorni le voci di quanti tornano a chiedere nuovi sgravi fiscali, nuovi sostegni economici alle ditte e nuovi aiuti ai cittadini. La pandemia ha mietuto vittime sia negli ospedali che nei centri d’impiego. Del resto, in due anni ci hanno insegnato che nulla più dei dati statistici riesce a darci il vero polso della situazione. Dunque proviamo a guardare cosa accade proprio nell’ambito produttivo, spulciando le semplici evidenze di alcuni tabulati di pubblico dominio, che troppo spesso rimangono nei database dei grandi enti invece che finire sui tavolini del bar. Partiamo dal famoso (o famigerato) Bonus 110 per l’edilizia, strumento considerato altamente redditizio tanto per le imprese quanto per i proprietari di immobili. Ma quali benefici ha portato, effettivamente, questa soluzione volta a dare slancio economico al Paese?
I dati di partenza del comparto edile erano sconfortanti: se nel 2010 si registravano 1.889.000 occupati, nel 2019 ve ne erano 1.339.000, pari al 5,7% del totale occupati Italia, con una riduzione complessiva di oltre il 29% e una perdita netta di quasi 550 mila lavoratori nel decennio. Di pari passo al calo occupazionale, l’INAIL ha gestito un notevole 28% di denunce per infortuni edili in meno, di cui -14% solo per gli incidenti mortali. Tra il 2019 e il 2020 il numero degli infortuni con esito mortale sono stati identici: 113 nel 2019 e 114 nel 2020. Ma se nel 2020 le denunce totali di infortunio nell’edilizia sono state 17.891, di cui 86 con esito mortale, nel 2021 da gennaio a settembre (dati consolidati) sono aumentate a 21.236: ben 3.345 in più, con relative pratiche di rendita o erogazione di cura aperte appositamente. Che si traduce con perdite per le casse statali.
Si tratta di evidenze che giustificano senza possibilità di smentita quanti chiedono maggiori controlli nelle ditte edili, fino ad arrivare all’ipotesi di una patente a punti per gli impresari virtuosi, o al sequestro patrimoniale dei cantieri che l’Ispettorato Nazionale trovasse nelle more dei requisiti di sicurezza minimi. L’introduzione del Superbonus 110%, quindi, ha sì dato nuovo slancio al settore delle costruzioni, ma ha pure innescato una corsa all’improvvisazione di manovalanze troppo spesso non esperte: se un fornaio si reinventa muratore nell’arco di una settimana (il tempo utile per istruire e chiudere la dovuta pratica burocratica), allettato dai guadagni facili e sicuri dell’enorme richiesta di interventi edili, la possibilità di incorrere in un infortunio non è probabile ma è pressoché certa. Quindi il Paese da una parte potrà dirsi soddisfatto del rilancio del settore edile, ma dall’altra dovrà poi mettere le pezze ad un rischio diffuso che si trasforma in invalidi, malati, aventi diritto a rendite vitalizie: incasso di più per curare di più. Una logica che sfiora il non senso, anche se non si tratta di piéce teatrali ma di vita reale. Senza dimenticare che 9 imprese edili su 10 sono strutturalmente irregolari. E l’Ispettorato lo sa. Certo, la statistica riporta un incremento del 32,3% nel 2021, rispetto al 2020, dell’indice di produzione complessivo nelle costruzioni. Ma se assistiamo alla corsa dei prezzi anche dei beni fondamentali, forse qualche collegamento diretto col sempre caro Bonus 110 non manca. Ad aumentare per primi sono stati i prezzi dei materiali edili – è la legge del mercato, baby: se aumenta la domanda, l’offerta cala e il prezzo dei beni, diventati scarsi, aumenta.
L’inflazione non perdona, almeno nel breve/medio periodo. Che poi a tutto ciò si aggiungano le lotte internazionali per la gestione delle materie prime, e gli ulteriori rincari di energia elettrica e gas naturale, è oggetto di altro dibattito.
A chiosa di questa emergenza specifica, non si dimentichi il dato macroeconomico relativo al numero complessivo degli occupati in Italia: nel 2020 il totale dei nuovi assunti era di 11.285.000 soggetti (di cui 2.700.000 stranieri), a fronte di 12.178.000 cessazioni di rapporti lavorativi; nel 2021 le nuove assunzioni sono state 10.144.000 (di cui 2.500.000 stranieri) contro 11.783.000 cessazioni. Dati che parlano da soli.
Questi sono i numeri in chiaro, perchè ovviamente il conteggio dei numeri in nero non è tecnicamente fattibile (per mancanza di dati, appunto). Ma pochi dubbi emergono sul fatto che se venisse a galla tutto il lavoro sommerso, mai denunciato, mai dichiarato, mai esistito quindi per gli enti chiamati a questo precipuo compito, le stragi sui cantieri fioriti nottetempo perchè innaffiati dal Superbonus arriverebbero a cifre da guerra civile. Se è vero, come sostiene Serge Latouche, che “la globalizzazione è stata per il capitalismo una tappa decisiva per la scomparsa di ogni limite, perchè permette di investire e disinvestire dove si vuole e quando si vuole, in spregio degli uomini “, si spera che le prossime manovre a sostegno dell’economia ricordino almeno di tutelare l’unica cosa che ancora oggi non dovrebbe avere prezzo: la vita umana.
Source: avantionline.it
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