Ancora una volta le decisioni per contenere la pandemia dimostrano l’incapacità di individuare criteri coerenti e uniformi. Come abbiamo scritto più volte, occorrerebbe stabilire norme generali di distanziamento e di comportamenti “sicuri” indipendentemente dal singolo settore produttivo e poi, certo, vegliare con la massima attenzione e il massimo rigore perché siano rispettate, anche applicando provvedimenti severi come multe e chiusure, mirate però sui trasgressori. Invece rieccoci: alcuni negozi di grande metratura possono restare aperti, altri no, Chissà perché. La contraddizione questa volta è andata a colpire chi vende mobili, e in genere lo fa quasi sempre in negozi di ampie dimensioni. Contraddizione ulteriormente punitiva, considerato che la casa e l’arredamento sono al centro dell’attenzione e dei nuovi bisogni degli italiani proprio a causa della pandemia. La cosa ha suscitato le reazioni delle associazioni di categoria. Claudio Feltrin, presidente di FederlegnoArredo, e Mauro Mamoli, presidente di Federmobili, hanno preso carta e penna e si sono rivolti al governo: “Alla luce di un’Italia ormai prevalentemente rossa, non possiamo esimerci dal sottoporre di nuovo all’attenzione del Governo quella che potremmo definire un’ingiustificata disparità di trattamento prevista per gli esercizi di commercio al dettaglio di mobili rispetto ad altre attività di vendita con caratteristiche del tutto simili, a partire dalle grandi metrature, come ad esempio i concessionari auto. Chiediamo pertanto che nelle zone rosse ai negozi di mobili sia permessa l’apertura al pubblico almeno nella forma di accesso su appuntamento, garantendo la totale sicurezza e il rispetto delle norme anti Covid.Il settore del legno-arredo”, continuano Feltrin e Mamoli, “è riuscito, grazie alla ritrovata centralità della casa e a misure importanti come il Bonus Mobili, a contenere le perdite dovute alla pandemia e crediamo sia davvero poco lungimirante e inspiegabile interrompere questo trend, impedendo all’ultimo anello della filiera, i rivenditori di mobili appunto, di proseguire la loro attività. Ma non si tratta – spiegano FederlegnoArredo e Federmobili – solo di un’esigenza legittima delle imprese che rappresentiamo, ma di dare il giusto valore ai beni venduti dai nostri associati, divenuti ormai beni essenziali. Mai come ora la casa è stata il centro della vita di ognuno di noi. Consentire di rivedere il layout degli spazi, integrare o modificare gli arredi delle case per rispondere, in primis, alle esigenze della didattica a distanza e allo svolgimento del lavoro agile, come pure ad altre necessità, crediamo sia un modo non solo per fare il bene delle nostre imprese e non gravare sui conti dello Stato, ma soprattutto per soddisfare le necessità dei cittadini. Ci auguriamo che il governo possa raccogliere il nostro appello, nella convinzione che permetterci di continuare a lavorare, in totale sicurezza, sia un bene per il tessuto produttivo del Paese, per le famiglie e anche per le casse dello Stato”.
Parole sacrosante, ma verranno ascoltate? Certo, un giorno qualche storico studierà i paradossi e le contraddizioni di un mondo in preda al panico, e di governi che con disposizioni ondivaghe, confuse e incoerenti hanno contribuito ad aumentare i già enormi danni della pandemia. Per ora, non ci resta che associarci a questa e ad altre “grida di dolore” che, citando un Risorgimento di cui avremmo enorme bisogno, si levano da tante parti del Paese.
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