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L’intreccio tra l’esonero Irpef per i redditi agrari e il superbonus – Euroconference NEWS

L’articolo 1, comma 44, L. 232/2016 stabilisce che per gli anni 2017, 2018 e 2019 i redditi dominicali e agrari non concorrono alla formazione della base imponibile ai fini Irpef dei coltivatori diretti e degli Iap di cui all’articolo 1 D.Lgs. 99/2004 iscritti nella previdenza agricola.

L’agevolazione è stata da ultimo estesa agli anni 2020 e 2021 dalla L. 178/2020.

L’Agenzia delle entrate, rispondendo a una specifica domanda nel corso degli incontri con la stampa specializzata, ha avuto modo di chiarire che non possono beneficiare dell’agevolazione in questione i soci di società di persone commerciali (Snc, sas) che abbiano optato per la determinazione catastale del reddito, in quanto esso mantiene la sua natura di reddito d’impresa.

Le istruzioni al Modello Redditi SP testualmente riportano: “possono beneficiare dell’agevolazione in esame anche le società semplici che attribuiscono per trasparenza ai soci persone fisiche, in possesso della qualifica di coltivatore diretto o IAP, redditi fondiari”.

Sembrerebbe inoltre coerente con la ratio legis, estendere l’agevolazione anche al collaboratore di impresa familiare o coniugale nonché all’associato nella conduzione (soccidario, compartecipato, retista) sempre che siano in possesso delle qualifiche richieste.

La disposizione ha la struttura di una norma perentoria.

Anche se, di fatto, si traduce in un’agevolazione, una compilazione del Modello Redditi fatta in modo difforme da quanto prescritto, per esempio assoggettando comunque a tassazione i redditi fondiari pur in presenza delle condizioni poste dalla legge per l’esenzione, porrebbe il contribuente in una situazione di contrasto con indicazioni imperative, anche se sono difficilmente immaginabili conseguenze sanzionatorie.

Il problema potrebbe porsi in diversi casi: infatti, la mancanza di un reddito dichiarato può rivelarsi di ostacolo per l’accesso ad alcuni benefici per il titolare dell’azienda agricola.

Pensiamo al superbonus del 110%. Come noto il superbonus non può essere utilizzato dai soggetti che non hanno capienza per fruire della corrispondente detrazione.

Analogamente, non hanno accesso all’agevolazione coloro che sono titolari soltanto di redditi assoggettati a imposta sostitutiva.

Essi, tuttavia, possono optare, ai sensi dell’articolo 121 D.L. 34/2020, in luogo dell’utilizzo diretto della detrazione, per un contributo, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto (cd. sconto in fattura) anticipato dal fornitore che ha effettuato gli interventi e da quest’ultimo recuperato sotto forma di credito d’imposta, con facoltà di successiva cessione del credito ad altri soggetti, ivi inclusi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari.

In alternativa, i contribuenti medesimi hanno facoltà di cedere un credito d’imposta di importo corrispondente alla detrazione, ad altri soggetti, ivi inclusi istituti di credito e altri intermediari finanziari con facoltà, per questi ultimi, di successiva cessione.

L’Agenzia delle entrate, con la circolare 24/E/2020 ha precisato che “Ai fini dell’esercizio dell’opzione, non rileva, infatti, la circostanza che il reddito non concorra alla formazione della base imponibile oppure che l’imposta lorda sia assorbita dalle altre detrazioni o non è dovuta, essendo tale istituto finalizzato ad incentivare l’effettuazione degli interventi indicati nel comma 2 dell’articolo 121 prevedendo meccanismi alternativi alla fruizione della detrazione che non potrebbe essere utilizzata direttamente in virtù delle modalità di tassazione del contribuente potenzialmente soggetto ad imposizione diretta”.

Questa affermazione sembra sufficientemente chiara per essere applicata al caso dello IAP o coltivatore diretto con soli redditi esenti e fugare ogni dubbio sulla possibilità di rientrare nel novero dei potenziali beneficiari del Superbonus mediante il meccanismo della cessione del credito (con o senza sconto in fattura).

Eppure, poco sotto, il medesimo documento interpretativo contiene una frase non del tutto chiara, quando afferma che “Il superbonus, inoltre, non spetta ai soggetti che non possiedono redditi imponibili i quali, inoltre, non possono esercitare l’opzione per lo sconto in fattura o per la cessione del credito”.

Seguono esempi che esulano in verità dal caso che qui ci occupa; tuttavia, la perentorietà dell’asserzione fa nascere i primi dubbi.

In seguito, la circolare 30/E/2020, affronta compiutamente uno specifico problema: quello del titolare di soli redditi derivanti dal possesso di abitazione principale e conclude dicendo che può sfruttare la detrazione mediante cessione del credito, “… in quanto si tratta di un soggetto che “astrattamente” può essere titolare della detrazione, stante le modalità di tassazione del reddito previste per tale contribuente. Nel caso in questione, in particolare, il reddito derivante dal possesso dell’immobile adibito ad abitazione principale (rendita catastale), concorre alla formazione del reddito complessivo, ma è escluso da tassazione per effetto della deduzione di cui all’articolo 10 del Tuir di importo pari alla rendita catastale”.

Analizzando il contenuto della risposta, sembra desumersi che il concorso alla formazione del reddito complessivo sia una condizione essenziale. Una condizione che, nel caso del coltivatore diretto o dello IAP, non si verifica.

E arriviamo ad aprile 2021. In una risposta a interpello (la n. 253 del 15.04.2021) l’Agenzia delle entrate ha negato l’accesso al superbonus a una cooperativa sociale Onlus che, per disposizione normativa, produce redditi che sono completamente esenti da imposte. Siamo nell’ambito Ires, al di fuori del contesto Irpef in cui si colloca l’imprenditore agricolo.

Eppure la conclusione cui perviene l’Agenzia delle entrate sembra contenere un principio di carattere generale: “qualora la cooperativa istante corrisponda retribuzioni per un importo non inferiore al cinquanta per cento dell’ammontare complessivo di tutti gli altri costi tranne quelli relativi alle materie prime e sussidiarie, rientrando tra le ipotesi di esenzione dalle imposte sui redditi di cui al citato articolo 11 del d.P.R. n. 601 del 1973, non potrà beneficiare del superbonus, né potrà esercitare l’opzione per lo sconto in fattura o per la cessione del credito corrispondente alla detrazione”.

In sostanza, viene ribadita l’equazione secondo cui in assenza di redditi imponibili non c’è accesso al Superbonus.

Nonostante le contraddittorie indicazioni ufficiali, non è verosimile ipotizzare che un’agevolazione settoriale concessa a soggetti qualificati in un particolare momento di crisi, reiterata più volte, si trasformi in un boomerang impedendo l’attivazione di un’altra agevolazione come il 110%, peraltro di impatto ben superiore.

Pertanto riteniamo che non vi siano ostacoli a che lo IAP o il coltivatore diretto che possieda solo redditi esenti, possa sfruttare il superbonus con la cessione del credito.

Per fugare ogni dubbio, tuttavia, è auspicabile che l’Agenzia delle entrate chiarisca ufficialmente il suo pensiero.

Alberto Rocchi Vedi tutti gli articoli dell’autore
Luigi Scappini Vedi tutti gli articoli dell’autore

Source: ecnews.it

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