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Liti e veti, il governo vacilla. M5S: “Senza superbonus lasciamo la maggioranza” – la Repubblica

Liti e veti, il governo vacilla. M5S: "Senza superbonus lasciamo la maggioranza" - la Repubblica

L’ultima toppa su una maggioranza lacerata, anzi già a pezzi, la mette il ministro grillino ai Rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà. Alle sette della sera propone un rinvio per evitare che il clima di scontro fra i partiti si tramuti in una rottura totale. Per l’intera giornata, d’altronde, i capigruppo della coalizione di unità nazionale se le erano date di santa ragione sul decreto Aiuti, passaggio fondamentale del cammino di Mario Draghi, provvedimento da 15 miliardi di euro. Palazzo Chigi si spende per un accordo, ma con il premier in Turchia per incontrare Erdogan, i suoi sponsor a Montecitorio si spingono fino a pochi passi dalla crisi, con tensione crescente sulla direttrice Lega-M5S.

Matteo Salvini, in mattinata, riunisce i senatori del Carroccio e alla fine è il presidente del gruppo, Massimiliano Romeo, ad accendere le polveri: “I 5S stanno bloccando il decreto per dire no al termovalorizzatore di Roma o per non toccare il reddito di cittadinanza. Ecco, allora diciamo che noi siamo responsabili ma non fessi”. La vicenda è la seguente: Salvini ha da poco saputo che il governo è intenzionato a non porre la fiducia per favorire la possibilità di modifiche al testo gradite ai grillini. Il retropensiero ancora più semplice: “Draghi dice sempre no alle richieste della Lega, mentre offre la sponda ai 5Stelle”. È un sussulto che scuote il tavolo di maggioranza alla Camera, dove va in scena la ricerca di un accordo su alcuni punti cari al M5S: c’è il conferimento di poteri al sindaco di Roma Gualtieri per il termovalorizzatore, la modifica alla norma sul reddito di cittadinanza, una norma per calmierare le tariffe del gas modificando il prezzo di riferimento. Ma presto la madre di tutte le battaglie diventa la disposizione per rendere più fruibile il Superbonus edilizio, con la possibilità per il beneficiario di fare la cessione del credito senza il rischio della responsabilità in solido. Su questo, il partito di Conte non transige: la norma deve esserci. Il governo prova a mediare, vengono coinvolti i tecnici di Mef, Abi, e Agenzia delle Entrate.

Si cercano soluzioni, ma ci sono ostacoli tecnici e costi alti (3 miliardi, secondo alcuni). C’è una triangolazione fra Montecitorio, Palazzo Chigi e Ankara, dove a Draghi arrivano gli echi del caos nella sua maggioranza. Alle sei e mezza D’Incà torna a sedersi con i capigruppo e comunica che non ci sono i margini per un’intesa: “Il governo è intenzionato a porre la fiducia”. A quel punto Davide Crippa, che pure di D’Incà è compagno di partito, storce il muso. Parla di ostruzionismo, di tempi da allungare in Parlamento. Adombra un voto contrario alla fiducia. “Il campo largo si è visibilmente ristretto – dice Riccardo Molinari, capogruppo della Lega alla Camera – Gli altri esponenti del centrosinistra, di fronte a una evidente minaccia di rottura da parte del Movimento, hanno mostrato profondo imbarazzo”.

Il tramonto definisce i contorni dello scontro: i 5Stelle vogliono la norma sul Superbonus o sono pronti a uscire dalla maggioranza. Anche Beppe Grillo, nei conciliaboli con i suoi parlamentari, ha fatto capire che non si può escludere lo strappo: “Abbiamo investito molto su questa misura, se il governo non la sostiene che ci stiamo a fare?”, più o meno il senso del ragionamento. Se il Pd, con Leu, è più sensibile all’accoglimento delle istanze del Movimento, decisamente contrari sono i damaiani, Iv, poi ovviamente Lega e Forza Italia. Premono su Palazzo Chigi perché chiuda il discorso con la fiducia: sarebbero pure favorevoli alla modifica sul Superbonus ma non vogliono che il M5s se la intesti, non facendo riaprire un provvedimento chiuso (sul metodo anche i Dem hanno dubbi). Ma da Chigi viene data ampia apertura al dialogo ai contiani: “Prendetevi tutto il tempo che serve”, dicono a D’Incà e a Crippa. Gli fanno anche sapere che se la mediazione fallisse come piano B si potrebbe approvare il decreto Aiuti così com’è e poi un decreto ad hoc per affrontare le questioni in sospeso.

Stamane si capirà se c’è mediazione ma la via della fiducia sembra ai più scontata. E allora, per una questione di timing (forse non casuale), la soluzione del rebus passa dall’incontro fra Giuseppe Conte e Mario Draghi, previsto nel pomeriggio. Con queste premesse inizia il giorno della verità, per il premier e la sua coalizione sempre più traballante.

Source: repubblica.it

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