Ha preso piede la micro mobility in città. Complice la pandemia, e-bike monopattini e altri mezzi della micromobilità hanno conquistato spazi in città impensabili solo fino a qualche anno fa. Oggi hanno un ruolo nella mobilità sostenibile urbana di primo piano. Consideriamo solo il risultato del Bonus Mobilità, che ha portato all’acquisto di 663.710 biciclette e monopattini.
La micromobilità piace agli italiani e lo conferma anche una ricerca realizzata da Arval Mobility Observatory, in collaborazione con Nielsen. Da qui emerge che un italiano su due è propenso ad adottare la bicicletta elettrica come mezzo di trasporto abituale. A motivare questa voglia di bici sono diversi fattori: la libertà di decidere in autonomia gli orari di partenza e arrivo (57% dei rispondenti), la praticità (43%), l’affidabilità, ovvero la garanzia di poter arrivare in orario (41%) e la convenienza economica (27%). Così le bici e altri mezzi micro diventano abitualmente utilizzati, specie in città.
Micromobilità in città: numeri in crescita
Con micromobilità vengono compresi tutti quei mezzi impiegati per coprire percorsi e distanze brevi principalmente in città. Nella definizione della Treccani, per micromobilità si intende quella mobilità “caratterizzata dall’impiego di mezzi di trasporto meno pesanti e ingombranti e potenzialmente meno inquinanti di quelli tradizionali”, come e-bike (biciclette a pedalata assistita) scooter, skateboard, monopattini elettrici. Si aggiungano anche hoverboard, segway e monowheel.
Il nuovo modo di muoversi in ambito urbano è sempre più caratterizzato dal fattore “micro”. In poche parole: trova sempre maggiore spazio la micro mobility in città. McKinsey stimava nel 2019 che il mercato della micromobilità condivisa (shared micro mobility) tra Cina, Unione Europea e Stati Uniti varia da 300 a 500 miliardi di dollari nel 2030. La pandemia ha cambiato radicalmente i dati in tavola. Così la stessa società di analisi l’anno successivo ha ipotizzato, dopo una flessione nel primo periodo, che la micromobilità sarebbe riemersa e avrebbe prosperato nel lungo termine. “Le stime per il 2030 prevedono un aumento dal 5 al 10% nel numero di passeggeri-chilometri percorsi rispetto al nostro caso base”.
Frost & Sullivan, nel report Global Shared Mobility, rileva che il mercato globale della mobilità condivisa sia destinato ad accelerare e a crescere nella seconda metà del 2021, raggiungendo livelli pre-pandemici entro il 2022. Guidato dal segmento dell’eHailing (la prenotazione di un taxi via app), il valore globale lordo del mercato del settore – che comprende ride-hailing, ridesharing, peer-to-peer e car-sharing tradizionale, mobility-as service e bike-sharing – dovrebbe raddoppiare il valore espresso nel 2020 (305,92 miliardi di dollari) e raggiungere i 608,86 miliardi di dollari entro la fine del 2021. La crescente attenzione dei consumatori sulla sicurezza sarà uno dei motivi della crescita, ma uno dei trend più significativi è legato alle rinnovate strategie delle aziende di mobilità verso l’adozione della micro-mobilità.
Le città italiane puntano sulla micromobilità
La sharing mobility prende piede ed è l’elemento della smart mobility che più si lega alle città intelligenti. Sì, perché l’elemento fisico del mezzo si combina con quello digitale del mezzo per prenotarlo e muoversi comodamente in ambito urbano.
Il report MobilitAria di Kyoto Club mette in luce i numeri e i piani a partire dagli scooter elettrici. Sono diverse le città che prevedono flotte per lo scooter sharing: Bari, Cagliari, Catania, Firenze, Genova, Messina, Napoli, Palermo, Reggio Calabria, Venezia. A Ravenna il PUMS (Piano Urbano Mobilità Sostenibile) prevede la redazione di un Piano di settore della mobilità elettrica che deve contenere politiche per infrastrutture di ricarica, biciletta e scooter elettrici.
Le grandi metropoli contano già su flotte significative: Milano dispone di una flotta di 2361 mezzi e 6 operatori; Roma ancora di più (2700), a Torino si segnalano 270 scooter messi gestiti da due operatori.
Si aggiunga poi il bike sharing. Qui le proposte di bici, tradizionali o elettriche, toccano molti centri urbani in Italia: il solo servizio BicinCittà è diffuso in oltre cento città.
Ci sono poi i servizi gestiti dalle aziende di trasporto cittadine, da Milano (con ATM) a Palermo (con AMAT).
Se poi, come pare, sarà rinnovato il Bonus Mobilità anche nel 2021, ciò contribuirà ad aumentare il numero di bici e monopattini elettrici.
Illuminazione pubblica per abilitare la micromobilità
Questo significherà un ripensamento delle città. La mobilità sostenibile è uno dei punti forti di diverse città che ormai fanno scuola: dal modello di Parigi quale “città in 15 minuti” a New York che sta ampliando notevolmente la propria rete di piste ciclabili, i modelli ci sono anche in Italia: Pesaro e Bologna stanno lavorando alla Bicipolitana, una rete espressamente dedicata per bici e mezzi della micromobilità.
Questo però richiede servizi aggiuntivi, il primo dei quali è la necessità di infrastrutture di ricarica, per e-bike ed e-scooter. Qui entra in campo l’illuminazione pubblica intelligente: da semplici pali della luce, i lampioni di nuova generazione sono concepiti per essere “hub” tecnologici in grado di erogare dei servizi a valore aggiunto. Così è possibile pensarli, per esempio, come “spine” per fare il pieno elettrico di bici, monopattini, segway o hoverboard ed essere elementi abilitanti della smart city.
Illuminazione intelligente per le smart city: l’esempio di Alosys
Le soluzioni di smart lighting in ambito pubblico stanno prendendo piede e si cominciano a trovare esempi di questa trasformazione, che portano ad attuare davvero il modello smart city. Una delle soluzioni più interessanti è Alosys Switch, il commutatore intelligente brevettato di Alosys che consente di sfruttare la rete dell’illuminazione stradale per fornire servizi. Si tratta, infatti, di un dispositivo progettato per permettere la rapida diffusione dei Servizi a Valore Aggiunto (VAS) attraverso l’impianti di illuminazione pubblica, sfruttando l’infrastruttura esistente. I servizi sono svariati: dalle colonnine di ricarica elettrica per la e-mobility e micromobilità ai sensori ambientali e di smart parking, dall’hotspot Wi-Fi fino ai sistemi di videosorveglianza. A realizzarlo e proporlo è Alosys Communications, provider internazionale di servizi gestiti specializzato nel settore ICT.
L’obiettivo è partire dall’illuminazione stradale pubblica per porre le basi della città intelligente. Che si traduce come realtà capace di fornire servizi, ma anche capace di mettere in atto pratiche per risparmiare energia. Un sistema di illuminazione stradale consuma circa il 25-30% dell’energia totale spesa in città.
Gestita al meglio l’energia, è possibile anche ampliare il progetto di illuminazione stradale. Sfruttando al massimo i benefici dell’Internet of Things, l’illuminazione pubblica può essere concepita e abilitata come rete elettrica e digitale, capace di abilitare il trasporto dell’energia e dei dati in maniera veloce e sicura, oltre ad avviare nuovi servizi, che comprendono anche quelli di ricarica dei mezzi elettrici. Così la smart mobility trova un alleato, per la micromobilità in città e per la mobilità elettrica.
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