Italian Padel, realtà bresciana leader a livello italiano e europeo, un attivo di 2.500 campi realizzati in oltre 20 Paesi del mondo, ha fatto il punto dei principali problemi legati allo sviluppo del settore in Italia.
“Il fenomeno padel continua a crescere ma, trattandosi di una disciplina sportiva relativamente nuova, manca di regolamentazioni puntuali, conosciute e rispettate. Questo riguarda soprattutto la costruzione di nuovi impianti padel, realizzati spesso non a norma o in maniera inadeguata a causa della poca conoscenza delle normative vigenti – commenta Claudio Galuppini –. Gestendo migliaia di richieste, ci siamo accorti che purtroppo la burocrazia non viene in aiuto: in alcune zone è estremamente restrittiva e macchinosa, mentre è lacunosa o pressoché inesistente in altre. Se non normalizzate, queste disuguaglianze porteranno a un’offerta economica e di impianti totalmente disallineata, con totale incertezza e sfiducia degli investitori. Questo può rischiare di condurre a un brusco arresto della crescita”.
La burocrazia approssimativa o pressoché inesistente di alcune zone e comuni porta, infatti, a un’attesa di parecchi mesi o di alcuni anni. Questo causa molteplici svantaggi, in quanto gli investitori si trovano disorientati o in errore poiché sottovalutano i reali tempi e costi di realizzazione. Questo li porta ad abbandonare i progetti perché seguire l’iter burocratico e il rispetto di tutte le normative nazionali vigenti diventa oneroso, sia in termini di costi sia di tempistiche. Si passa spesso da comuni dove vige l’ “edilizia libera” ad altri comuni in cui, per costruire un campo da padel, sono necessari permessi, calcoli e figure professionali ad hoc.
La mancanza di regole precise, inoltre, crea confusione non solo fra gli investitori ma anche fra le stesse amministrazioni. Capita sempre più spesso, infatti, che proprio le amministrazioni si rivolgano ai produttori per richiedere indicazioni sul corretto iter burocratico da seguire e da far rispettare.
“Parecchi progetti – prosegue Galuppini – sono stati definitivamente abbandonati per i troppi cavilli e le lungaggini burocratiche riscontrate durante l’operazione di cambio di destinazione d’uso di immobili produttivi/commerciali. Molte amministrazioni non hanno per niente agevolato o, addirittura, hanno percepito come un reale problema queste situazioni, perdendo così di fatto le opportunità di riqualificare diversi immobili dismessi e di generare nuovo business e occupazione sul territorio. Per gli immobili esistenti l’iter burocratico, tranne alcune amministrazioni virtuose, varia mediamente a oggi dai 6 ai 36 mesi. In un lasso di tempo così ampio e snervante, l’investitore troverà molte variabili che faranno lievitare a dismisura i costi, modificare l’opportunità di business e esasperarne l’attesa fino all’abbandono del progetto”.
Altre volte, invece, sono i troppo elevati costi di adeguamento dei locali a far demordere gli investitori. Ma non solo, si hanno grandi difficoltà a trovare capannoni già abilitati a uso sportivo da adibire a centri di padel. Nonostante la grande quantità di capannoni dismessi e la grande richiesta degli stessi, per molte amministrazioni comunali che non sanno ancora come affrontare il fenomeno padel, il cambio di destinazione d’uso è a oggi un processo molto lento, elaborato e oneroso tanto da far demordere anche qui molte iniziative. La Spagna ha invece cavalcato benissimo la riconversione di capannoni industriali dismessi ed è infatti ad oggi la nazione con più centri di padel ricavati da riconversione di capannoni e aree industriali dismesse.
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