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Quota 100, addio a fine anno: in arrivo misure per i lavori usuranti. Ipotesi 102, come funziona…. – ilgazzettino.it

Pensioni, stop a quota 100. Superbonus, niente proroga al 2023. «Il governo vuole vincere questa sfida». Mario Draghi porta in Consiglio dei ministri il suo Piano nazionale di ripresa e resilienza. Un documento monstre, di più di 300 pagine, per cogliere l’opportunità «imperdibile» di innescare una «crescita duratura e sostenibile» con i 191,5 miliardi di fondi di Next generation Eu. Un Paese «fragile» e indebolito dalla pandemia può diventare «più moderno», con meno povertà e diseguaglianze, un divario più ridotto tra Nord e Sud, giovani e donne non più penalizzati nel lavoro. 

Laurea abilitante come esame di stato, la riforma nel Recovery: tutte le misure nella bozza

 

Gli obiettivi

Gli obiettivi sono ambiziosi: la spinta stimata alla crescita è del 3,6% nel 2026. Per non mancare la meta, per evitare che i fondi vengano sprecati, Draghi decide di tenere la regia politica a Palazzo Chigi, con un comitato che dovrebbe coinvolgere i ministri competenti: coordinamento e attuazione del piano saranno gestite dal ministero dell’Economia, anche con task force locali. Ma è forse il più complicato, l’ultimo miglio che il premier deve percorrere prima dell’invio del piano all’Europa, il 30 aprile. Perché i partiti hanno le armi affilate, la discussione promette di essere puntigliosa in Consiglio dei ministri. Il Cdm che era previsto in giornata, slitta alle 10 di sabato: nessuna ragione politica, spiegano da Palazzo Chigi, ma la necessità di completare le rifiniture del piano. Intanto però la bozza del Pnrr inizia a circolare e far emergere, agli occhi, dei partiti della maggioranza, alcune criticità.

Superbonus e quota 100

Su tutte c’è la mancata proroga al 2023 del Superbonus caro al M5s, ma chiesto anche da Confindustria. Ma dalla Rete unica alle pensioni (con la fine di quota 100), fino alla composizione della cabina di regia, la vigilia del Cdm vede ancora alcuni nodi sul tavolo. La bozza prevede che il 40% delle risorse vadano al Sud, il 38% a progetti «Verdi» e il 25% a progetti digitali. Il piano è composto da 6 missioni e 4 riforme della Pubblica amministrazione, della giustizia, per la concorrenza e le semplificazioni. Dopo l’invio del piano in Europa il governo si appresta a varare tre decreti e leggi delega come quella prevista a luglio per la concorrenza. Un decreto servirà a snellire le norme (con la nascita di un apposito ufficio a Palazzo Chigi), con misure come una speciale «VIA statale» per rendere più rapide le autorizzazioni del Pnrr. Il secondo decreto servirà per le assunzioni nella P.a. che rafforzeranno l’attuazione del Recovery.

Cabina di regia

E il terzo per definire la governance del piano: la cabina di regia a Palazzo Chigi (con rafforzamento degli uffici della presidenza del Consiglio) dovrebbe coinvolgere le amministrazioni coinvolte, gli enti locali, le parti sociali. Ma le modalità sono tutte da definire, in particolare per quel comitato ristretto del premier e i ministri cui dovrebbe spettare la supervisione politica: ne faranno parte solo i ministri (per lo più tecnici) responsabili delle missioni o quelli di volta in volta competenti? Ai partiti potrebbe non bastare: c’è chi vorrebbe una sorta di capi delegazione. Per l’attuazione, che i cittadini potranno monitorare attraverso un «Portale Pnrr», la parte del leone la farà il ministero dell’Economia, che dovrà coordinare i soggetti locali e dialogare con Bruxelles, che chiede rendiconti puntuali. Le Camere – alle quali Draghi illustrerà il piano lunedì e martedì – saranno coinvolte con resoconti periodici. Il grosso del piano è definito e difficilmente cambierà. Ci sono – tra le numerose misure – 6,7 miliardi per le rinnovabili, internet veloce a 8 milioni di famiglie e 9mila scuole, 25 miliardi per la rete ferroviaria veloce, 228mila nuovi posti negli asili. Ma ci sono anche alcuni temi politicamente sensibili.

Cashback

Sparisce dal piano (ma resta finanziato e dunque per ora in vigore) il cashback. A fine 2021 scadrà anche quota 100, cara alla Lega, e sarà sostituita da misure pensionistiche per chi svolga lavori usuranti. Non c’è la proroga al 2023 per il Superbonus: l’agevolazione al 110% per le ristrutturazioni edilizie viene confermata com’è oggi, fino al 2022, i fondi non crescono. Ma il punto è delicato, perché il M5s ne ha sempre fatto una bandiera: è pronto a smarcarsi e non votare il piano? Alla vigilia i pentastellati dicono di voler vedere prima il testo finale. Il Pd chiede chiarimenti sulla Rete unica e il cloud pubblico ed Enrico Letta chiede di introdurre nel piano una condizionalità su donne e giovani, che vincoli a determinati target per ottenere i fondi. Forza Italia tiene le antenne dritte sul Sud: siano reali il 40% delle risorse. La Lega si dice soddisfatta per i fondi ai Comuni (circa 40 miliardi), i 4,5 miliardi per gli asili e le famiglie, i fondi per ammodernare i treni e per l’innovazione tecnologica. Tutti attendono il fischio d’inizio in Cdm.

DA QUOTA 100 A QUOTA 102

È una delle ipotesi: il requisito dell’età anagrafica passerebbe a 64 anni, mentre quello dei contributi resterebbe a 38 con non più di due anni di versamenti figurativi (malattia, maternità, laurea, militare, riscatti volontari). L’assegno non dovrebbe subire tagli, visto che le penalizzazioni sono insite nel meccanismo del calcolo dei coefficienti di trasformazione, che riducono automaticamente la pensione ogni volta che si anticipa l’uscita dal lavoro.

I LAVORATORI FRAGILI

Secondo il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, più che ipotizzare nuovi scalini dopo l‘esaurimento di Quota 100 alla fine di quest‘anno, bisognerebbe pensare ad un‘uscita anticipata per i lavoratori cosiddetti fragili (immunodepressi, oncologici). «Oggi il legislatore – ha detto – dovrebbe porsi il problema di anticipare il pensionamento per alcune categorie, i lavoratori fragili e i disoccupati espulsi con la crisi». In particolare per i lavoratori fragili Tridico propone un tetto a 63 anni. Ad aiutare l’accesso alla pensione anticipata dei lavoratori con problemi di salute oppure con familiari a carico da curare, potrebbero essere utili i fondi di solidarietà. Si tratta di fondi alimentati dalle stesse aziende con una contribuzione intorno allo 0,32% della retribuzione (un terzo a carico del lavoratore), che potrebbero beneficiare anche di altre risorse. Secondo l’esperto di previdenza Alberto Brambilla si potrebbero prevedere fondi di solidarietà per l’industria, il commercio, l’artigianato e l’agricoltura: in queste situazioni potrebbe essere consentita un’uscita anticipata con 62 anni d’età con almeno 35 di contributi versati. Praticamente Quota 97. I fondi bilaterali, senza costi aggiuntivi per lo Stato, sono utilizzati per favorire il turnover già da banche e assicurazioni.

LAVORI USURANTI

Sul tavolo anche la possibilità di una Quota 92 per chi fa lavori usuranti: 62 anni di età e 30 di contributi.

41 ANNI DI CONTRIBUTI

I sindacati fanno pressing affinché, raggiunta una certa soglia di contributi si possa andare in pensione a qualunque età e qualunque sia il lavoro svolto. Si valuta di fissare l’asticella a 41 anni di contributi. Attualmente è così, ma solo per i lavoratori precoci (chi prima dei 19 anni di età aveva già maturato almeno 12 mesi di contributi) e altre quattro categorie di lavoratori: disoccupati a causa di un licenziamento individuale o collettivo, per giusta causa o risoluzione consensuale, che abbiano terminato da almeno 3 mesi, la fruizione della NASPI o altra indennità spettante; caregiver o lavoratori dipendenti ed autonomi che al momento della domanda, assistono da almeno 6 mesi il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità ai sensi della legge 104; invalidi civili almeno al 74% dipendenti o autonomi che hanno una riduzione della capacità lavorativa; addetti a mansioni usuranti o gravose svolte per almeno 7 anni negli ultimi 10 anni di attività lavorativa (sono specificate dalla legge 67/2011).

Source: ilgazzettino.it

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