È lapidario il commento del presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca, alla lettura dell’ultima release del Piano nazionale di ripresa e resilienza, il cosiddetto Recovery Plan: «L’unica cosa che condividiamo del documento esaminato ieri in Consiglio dei ministri è la parola bozza». E a Bocca fa eco Confindustria Alberghi che con il vice presidente, Maria Carmela Colaiacovo, chiede: «Ma l’Italia crede nel turismo?». Ma è tutto il mondo dell’accoglienza a scagliarsi contro a questa proposta perchè anche il presidente della Federazione italiana pubblici esercizi, Lino Stoppani si è esposto: «Una cifra assolutamente insufficiente che denota una mancanza di strategia per il potenziamento e la valorizzazione di una risorsa che da sola produce il 13% del Pil nazionale».
E come dar torto a queste posizioni. Su 209 miliardi di finanziamenti previsti dall’Unione europea (anche se a causa del nostro indebitamento e della nostra instabilità politica è facile che la metà dell’importo venga tagliata cammin facendo…) solo 3,1 miliardi sono destinati ad una generica voce “Turismo e cultura” e, vista la seconda parola che si rifà al ministro Franceschini, c’è da aspettarsi che non ci sia un solo programma per hotel e ristoranti.
Bocca comunque non va tanto per il sottile e sottolinea che “al Turismo, settore più colpito dalla pandemia, che vale più del 13% del Pil e a parole viene definito strategico per lo sviluppo del Paese, viene dedicata scarsa attenzione, con una dotazione finanziaria esigua(3,1 miliardi di euro per cultura e turismo, pari all’1,6% dei 196 miliardi previsti dal piano), per di più orientata quasi unicamente ai grandi attrattori turistico culturali.” Che dire di più. Se davvero quello fosse il piano di Conte e facile prevedere che Federalberghi non resterà sola in questa opposozione e se non interverranno sensibili modifiche è facile pensare che stavolta sarà difficile fermare la rabbia degli operatori e dei lavoratori di questo comparto.
Bernabò Bocca, Maria Carmela Colaiacovo e Lino Stoppani
Il presidente degli albergatori italiani di ConfCommercio chiede perciò senza mezzi ternmini che “il Piano venga integrato con urgenza, prevedendo una linea di intervento volta a sostenere la riqualificazione dell’intero sistema d’offerta turistica. Se il Governo non ha idee, chiami le imprese al tavolo e le proposte non mancheranno”. Altro che prendere sei manager pubblici a gestire questi piani a questo punto fantasiosi e farlocchi di Conte, sempre più Pinocchio e sempre più schierato contro il mondo dell’accoglienza. Pensiamo solo alle accuse rivolte nei giorni scorsi da Lino Stoppani presidente della Fipe: parlando di fatto di inutile abuso di potere nel volere chiudere i ristoranti.
«Invitiamo il Governo a non essere timido, conclude Bocca, scriva esplicitamente nel piano che le risorse destinate all’efficientamento dell’edilizia privata sono destinate anche alla riqualificazione degli immobili produttivi». Una richiesta precisa che dal punto di vista degli albergatori garantirebbe almeno la possibilità di ammodernare le struttire ricettive di tutta Italia. Ma, aggiungiamo noi, ciò non basta certo per risolvere i problemi del turismo e dell’accoglienza. Dalla formazione alle infrastrutture anche bar e ristoranti hanno biosgno di un piano di riorganizzazione e rilancio ed è tempo che Palazzo Chigi mostri davvero le carte. Magari nei vari capitoli ci sono interventi utili, ma serve avere informazioni.
Lo sconcerto di Confindustria Alberghi: l’Italia crede nel turismo?
«Siamo sconcertati dalle bozze che stanno girando in queste ore secondo cui il #nextgenerationitalia prevedrebbe per il turismo 3.1 miliardi, da dividere con la cultura (!), sui 196 complessivi disponibili – dichiara Maria Carmela Colaiacovo Vice Presidente Confindustria Alberghi – Il solo settore alberghiero nel 2020 ha già perso oltre 16 miliardi, l’80% del fatturato. È evidente che si tratta di risorse del tutto insufficienti e ben lontane dalle esigenze di uno dei settori di punta dell’economia italiana. In un piano per la ripartenza del Paese ci saremmo aspettati risorse adeguate per il settore che come è ormai chiaro è stato il più colpito dalla crisi la cui stessa sopravvivenza è messa fortemente a rischio.
Le aziende che riusciranno a sopravvivere a questa crisi si troveranno nei prossimi anni a “combattere con le armi spuntate” su un mercato globale sempre più competitivo. Un settore che in questi anni ha dato un contributo importante al Pil ed alla occupazione del Paese, cosi come all’occupazione ed alla economia dei territori. Se non si interviene ora per salvaguardare il settore, si rischia di perdere la possibilità recuperare i livelli pre-crisi e di tornare crescere nei prossimi anni.
Se non ci sarà un piano forte, strutturato e di medio lungo periodo per accompagnare le aziende e riqualificare il prodotto, l’Italia sarà destinata a soccombere nel confronto con altri paesi che stanno sostenendo con risorse importanti le loro aziende. A questo punto dobbiamo chiederci se l’Italia crede nel turismo. L’Italia è di gran lunga il Paese più importante al mondo per il turismo, ma a quanto sembra la realtà ed il potenziale economico di questo settore, il patrimonio di capacità e competenze delle imprese e dei lavoratori, non sono considerate strategiche per il Paese!».
Fipe: Accoglienza e ristorazione, capitoli completamente assenti
E in questo unanime no non poteva certo mancare oce della categroia più numeroosa, i pubblici esercizi. Ecco quindi l’aperta contrarietà della Fipe: «Il covid – ha spiegato il presidente, Lino Stoppani – ha completamente spazzato via l’economia nazionale legata al turismo. Eppure il Recovery Plan destina solo 3,1 miliardi di euro a questo settore, l’1,58% dei 196 miliardi complessivi. Una cifra assolutamente insufficiente che denota una mancanza di strategia per il potenziamento e la valorizzazione di una risorsa che da sola produce il 13% del Pil nazionale. Come se non bastasse, in questi 3 miliardi non c’è nulla per il mondo dell’accoglienza e della ristorazione che è completamente assente».
«Se vogliamo difendere le posizioni erose da una concorrenza internazionale sempre più agguerrita, rafforzare e migliorare la nostra offerta turistica – ha proseguito – dobbiamo investire sulla destagionalizzazione, integrando i differenti turismi che rendono unica l’Italia. Dalle città d’arte, al mare, alla montagna, all’enogastronomia, all’intrattenimento. Servono investimenti sul sistema dell’accoglienza e dell’ospitalità, che ha nella ristorazione e nei pubblici esercizi, diffusi e qualificati, un forte elemento di identità e attrattività».
Il Governo è diviso sul Recovery Plan
Ricordiamo che sul Recovery plan il Governo non è affatto compatto. E l’intervento di albergatori e ristoratori potrebbe davvero fare saltare il tappo. Per ottenere il via libera il premier dovrà, ad esempio, superare la contrarietà di Italia viva rispetto alla cabina di regia che Conte vorrebbe formata dallo stesso presidente del Consiglio e dai ministri dell’Economia, Roberto Gualtieri (Pd), e dello Sviluppo, Stefano Patuanelli (5 Stelle). Ma se ora si mettono di traverso alcune forze sociali, quelle più danneggiate proprio dal Covid-19, il rischio è che nascano nuove spaccature o che si rischi uno scontro sociale che potrebbe portare davvero a situazioni pericolose.
Del resto che il Recovery plan, come dice Conte, debba guardare a come sarà l’Italia fra 10 anni, va bene, davvero si vuole un’Italia senza turismo e con ancora l’Ilva ad assorbire risorse?
Va bene un Paese più moderno, più verde e più coeso e quindi ci sta che la fetta maggiore dei fondi Ue, pari a 74,3 miliardi, vada al capitolo «Rivoluzione verde», con ben 40,1 miliardi che saranno destinati alla «efficienza energetica e riqualificazione degli edifici», quindi anche alla proroga del superbonus al 110%.
Ed ugualmente ha senso che al secondo posto, con 48,7 miliardi, ci sia il capitolo «Digitalizzazione», a partire da quella della pubblica amministrazione (10,1 miliardi) mentre 35,5 miliardi andranno all’innovazione 4.0 delle imprese.
Ma se poi scendiamo c’è da avere paura dei piani di Conte riguardo al truismo.
C’è un capitolo «Infrastrutture» con 27,7 miliardi, di cui 23,6 serviranno per l’alta velocità ferroviaria e la manutenzione stradale 4.0.
Ci sono poi «Istruzione e ricerca» con 19,2 miliardi, seguite da «Parità di genere, coesione sociale e territoriale» con 17,1 miliardi e da «Salute» con 9 miliardi. Totale 196 miliardi cui si aggiungono 10,7 miliardi del programma React Eu che, dice il documento, dovrebbero arrivare nel corso del 2021 e verranno utilizzati per le agevolazioni fiscali nel Sud.
E, infine, finanziamenti residui per qualche miliardo fino appunto a un totale di 209. E qui ci sono i 3,1 miliardi per Turismo e cultura, quasi che queste aziene e questo comparto non contino nulla.
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