I riscaldamenti domestici pesano sull’inquinamento atmosferico a causa del mancato ammodernamento e delle emissioni di CO2.
Gli edifici italiani non rispettano i parametri di sostenibilità ambientale: l’edilizia è spesso obsoleta in termini di efficienza energetica. È il caso dei riscaldamenti domestici, responsabili di una grossa percentuale di emissioni inquinanti in atmosfera. Durante il primo lockdown del 2020 le emissioni di PM10 sono diminuite infatti solo del 17% anche a causa della crescita nell’uso del riscaldamento in casa a fronte del blocco delle attività produttive.
A sottolineare l’importanza della decarbonizzazione dei sistemi di riscaldamento degli edifici in Italia è stato lo studio Elemens messo a punto per Legambiente e Kyoto Club. Volendo analizzare in dettaglio i dati, circa il 60% delle abitazioni italiane è dotata di un sistema di riscaldamento autonomo. I sistemi centralizzati interessano il 19% delle abitazioni con impianti alimentati a gas e gasolio, presenti soprattutto negli edifici delle grandi città. Il principale vettore energetico utilizzato per il riscaldamento residenziale è il gas naturale tipicamente utilizzato dalle caldaie tradizionali. Risulta marginale invece l’utilizzo di pompe di calore, il riscaldamento elettrico e il solare termico.
Riguardo le emissioni inquinanti secondo l’Ispra, su 2.081,5 kTon di CO2 emesse in atmosfera (dati del 2018) il settore residenziale è responsabile del 60%, per il 53% delle emissioni di polveri sottili PM10 e per il 64% di PM2,5. Il principale “indiziato” è il riscaldamento domestico: non l’unico, ma di certo quello che ha il ruolo prevalente. Per poter parlare di edilizia sostenibile, occorre quindi puntare a una decarbonizzazione del riscaldamento domestico incoraggiando una transizione da un modello incentrato sulle fonti fossili ad uno che promuova le rinnovabili: pompe di calore (geotermiche o alimentate con fotovoltaico), solare termico e impianti alimentati da biomasse legnose. Fondamentale anche il supporto di incentivi, come l’ecobonus per caldaie a gas e l’agevolazione per ridurre il prezzo per l’acquisito di gasolio e GPL in aree non metanizzate, o ancora all’Iva agevolata al 10% sui consumi gas.
Il Superbonus al 110% risulta poi il principale strumento di supporto per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili termici nel settore residenziale. Legambiente e Kyoto Club hanno così proposto di eliminare dall’accesso all’ecobonus e al superbonus gli impianti che utilizzano fonti fossili. Queste tecnologie potranno comunque beneficiare delle detrazioni al 50% per la sostituzione di impianti fino al 2025.
Tra le altre proposte emerge l’eliminazione dell’esenzione dell’IVA agevolata gas: l’incentivo supporta il riscaldamento da combustibili fossili a svantaggio di soluzioni a minor impatto ambientale. Infine, riguardo allo sconto sull’acquisto di gasolio e gpl in aree non metanizzate la richiesta è il cambio di destinazione del sussidio. Per favorire la diffusione di fonti rinnovabili e di sistemi a zero emissioni, bisogna rivedere gli incentivi per spostarli verso pompe di calore e solare termico o sistemi ibridi.
Per Legambiente e Kyoto Club compiere un passo fondamentale è vietare l’installazione di impianti di riscaldamento alimentati a combustibili fossili. Alcuni Comuni italiani come Milano hanno già previsto la dismissione delle caldaie a gasolio, a partire dal 2022.
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