

Aziende esposte per somme ingenti che non riescono a cedere i loro crediti, ritardi cronici dei pagamenti della pubblica amministrazione: un mix micidiale
VENEZIA. Il rischio che dal prossimo autunno torni ad aumentare in misura preoccupante il numero di fallimenti delle imprese è alquanto probabile. A dirlo è l’Ufficio studi della Cgia di Mestre.
Molte attività commerciali e produttive rischiano di dover portare i libri in tribunale tra il deterioramento del quadro economico generale, ascrivibile al caro energia/carburante e all’impennata dell’inflazione, all’impossibilità di cedere i crediti acquisiti con il superbonus 110%, che ammontano a circa 4 miliardi di euro e ai mancati pagamenti della Pa nei confronti dei propri fornitori, che secondo l’Eurostat sono almeno 55,6 miliardi.
Per molte di queste imprese – rilevano gli Artigiani – la chiusura definitiva non sarà causata dall’impossibilità di pagare i propri debiti, ma da crediti inesigibili, ovvero per insolvenze in grandissima parte imputabili alle inadempienze della nostra Pa.
Se guardiamo la serie storica degli ultimi 10 anni, il picco massimo delle “chiusure” è stato raggiunto nel biennio 2014-2015, ovvero 1, 5/2 anni dopo la crisi del debito sovrano che ha colpito pesantemente l’Italia. Pertanto, come in tutte le recessioni, gli effetti si esplicitano successivamente.
Cosicché, dopo le difficoltà causate dal Covid nel biennio 2020-2021 e a seguito degli effetti negativi riconducibili alla guerra in Ucraina scoppiata verso la fine di febbraio, a partire dal prossimo autunno il numero dei fallimenti, a giudizio della Cgia, potrebbe tornare a crescere e subire una brusca impennata nel corso del 2023.
Rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso – riferisce la Cgia – anche nei primi cinque mesi di quest’anno il numero dei fallimenti è in calo (-20,6%). In termini assoluti sono stati 3.133 gli imprenditori che hanno portato i libri in tribunale (-815 rispetto allo stesso arco temporale del 2021). I settori più a rischio sono il commercio e l’edilizia che, in questa prima parte dell’anno, hanno registrato rispettivamente 722 e 577 “chiusure”. A livello regionale solo la Liguria ha visto aumentare il numero di fallimenti; tutte le altre sono in deciso calo. Negli ultimi 10 anni il numero massimo di fallimenti si è registrato nel 2014 (14.735 casi). Dopo di che, c’è stata una progressiva riduzione che si è arrestata nel 2020 (7.160 casi). Sono oltre 5 i miliardi di euro di crediti in attesa accettazione; di questi, circa 4 si riferiscono a prime cessioni o sconti in fattura.
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Source: mattinopadova.gelocal.it
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