Sono in tutto 60 i comuni colpiti dal sisma del 24 agosto scorso. La lista che forma il cosiddetto “cratere”, cioè la principale area della ricostruzione si legge nello schema di decreto che martedì approderà in Consiglio dei ministri. Nei 53 articoli dello schema di decreto vengono precisati modalità e livelli di indennizzo. E viene affrontato anche il delicato tema del riferimento tecnico-costruttivo per gli interventi di miglioramento e adeguamento sismico nelle zone classificate a massimo rischio (1 e 2) che si trovano all’interno del cratere. Tra le misure per la ripresa dell’attività economica ci sono prestiti agevolati a micro imprese e Pmi: fino a 30mila euro per la ripresa delle attività, a tasso zero da rimborsare in 10 anni; e fino a 600mila euro per nuove imprese, da rimborsare in otto anni, sempre a tasso zero.
Per quanto riguarda la ricostruzione privata, all’interno del cratere, tutte le prime case, le seconde case e gli edifici non residenziali riceveranno un contributo pari al 100% del valore che risulta dal prodotto tra la superficie dell’immobile e il valore espresso in euro/mq. Il modello di calcolo sarà definito con una apposita ordinanza. Nel calcolo del contributo si tiene anche conto del costo di progettazione (pari al 10%). Al di fuori del territorio dei 60 comuni danneggiati dal sisma, potranno valere le stesse regole ma con due eccezioni importanti. Per avere diritto all’indennizzo dovrà essere dimostrato il «nesso di causalità» tra il danno e il sisma. L’altra eccezione riguarda le seconde case, il cui contributo non sarà pieno ma sarà riconosciuto in misura inferiore, al momento indicato al 50 per cento. Il contributo potrà coprire il costo delle strutture, degli elementi architettonici esterni, delle finiture, delle parti comuni dell’edificio, dell’adeguamento igienico-sanitario. L’intervento può consistere nel miglioramento o nell’adeguamento sismico. Per quanto riguarda gli immobili produttivi, il contributo potrà coprire anche la spesa per impianti e beni mobili strumentali.
L’istruttoria sarà gestita dagli uffici speciali per la ricostruzione, distribuiti sul territorio. Dopo l’ok al progetto e alla richiesta di contributo, sarà una banca (a valle di una convenzione da stipulare con l’Abi) a pagare l’impresa. Il contributo è legato unicamente all’entità del danno e sarà indipendente dal reddito (o del mancato reddito) del richiedente.
Sul piano tecnico-costruttivo, il decreto fa una scelta importante in relazione ai parametri contenuti nell’aggiornamento delle norme tecniche sulle costruzioni licenziate dal Consiglio superiore dei lavori pubblici (e attualmente all’esame della conferenza Stato-Regioni).
Per tutti gli edifici pubblici (incluse ovviamente le scuole) la ricostruzione dovrà conseguire l’«adeguamento sismico», cioè il massimo livello di resistenza alle azioni sismiche. Per tutti gli edifici privati – siano case o immobili non residenziali – gli interventi di ricostruzione potranno invece accontentarsi di raggiungere, attraverso un intervento di «miglioramento sismico», un livello pari ad almeno l’80% del parametro massimo richiesto per l’adeguamento. Ma c’è di più. Il testo concede di poter arrivare a un livello almeno pari al 65% «laddove non fosse possibile raggiungere la percentuale sopra indicata», cioè l’80 per cento. Questa possibilità (se confermata nel testo che uscirà dal Cdm), rappresenta una novità notevole, che apre effettivamente la strada ai “cantieri leggeri” teorizzati dall’architetto Renzo Piano e sostenuti dal governo con “Casa Italia”. Questa ricostruzione “leggera” intende rappresentare il ragionevole compromesso tra un accettabile rischio di sicurezza – dove l’accettabile rischio, come sostiene il commissario Vasco Errani, non significa evitare i danni alla casa, ma evitare il crollo della casa e la perdita di vite umane – e una accettabile spesa, per portare effettivamente a termine la ricostruzione.
Non è finita. Per la ricostruzione dei beni culturali, il decreto impone un intervento di miglioramento sismico senza alcun riferimento ai parametri delle norme tecniche. L’obiettivo, in questo caso, è «conseguire il massimo livello di sicurezza compatibile con le concomitanti esigenze di tutela e conservazione dell’identità culturale del bene stesso».
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