Il Decreto Rilancio 19/05/2020 n. 34 ha esteso la maxi detrazione del 110% anche al Sismabonus, uniformando il valore dell’aliquota fiscale a ogni tipologia di intervento antisismico indipendentemente dal miglioramento sismico raggiunto. In sintesi vengono inglobati nell’unica super aliquota 110% tutti gli interventi contenuti nelle Normative Tecniche per le Costruzioni: dagli interventi strutturali detraibili col tradizionale bonus della ristrutturazione edilizia (interventi di riparazione come la sostituzione di una copertura o il rinforzo di un solaio, per esempio), fino ai più specifici interventi di miglioramento sismico.
Tra le novità, quindi, l’estensione del Superbonus anche «[…] all’esecuzione di opere per la messa in sicurezza statica, in particolare sulle parti strutturali, per la redazione della documentazione obbligatoria atta a comprovare la sicurezza statica del patrimonio edilizio, nonché per la realizzazione degli interventi necessari al rilascio della suddetta documentazione» (art. 16 bis comma i del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917). Si tratta di tutti quegli interventi di consolidamento strutturale, necessari per recuperare la sicurezza statica dell’edificio a seguito di dissesti statici di varia origine manifestatisi con i relativi quadri fessurativi.
L’ampliamento del superbonus anche a questi interventi denota, evidentemente, una giusta scelta da parte del legislatore considerandoli propedeutici per un futuro o contemporaneo intervento di miglioramento sismico. Perché sarebbe impossibile pensare di migliorare la sicurezza sismica senza prima non aver ricucito un quadro fessurativo di una parete muraria o rinforzato un elemento portante danneggiato.
Vediamo quindi quali possono essere i più comuni interventi di rinforzo statico che possono usufruire della detrazione 110% all’interno del Sismabonus, purché ovviamente il fabbricato ricada nelle zone a rischio sismico 1-2-3. Partendo dalle basi della costruzione, affrontiamo in questo articolo le tecniche di intervento sulle fondazioni.
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Sismabonus 110% anche per interventi di messa in sicurezza statica
Fondazioni, quando e come intervenire
Il dissesto di fondazione deriva principalmente da un cedimento del terreno, causato dai movimenti delle falde acquifere o per infiltrazioni dovute ad un errato convogliamento delle acque piovane, oppure per difetti di progettazione associabili ad un eccessivo sovraccarico della struttura che grava sulle fondazioni. Il quadro fessurativo che si manifesta dipende dalla zona di fondazione interessata dal cedimento e dalla presenza delle aperture sulla parete interessata (Figura 1), secondo schemi comunque ben identificabili.
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L’intervento diretto sulle strutture di fondazione richiede molta cautela e attenzione, perchè si tratta di zone strutturali molto delicate. Il superamento della resistenza del terreno, sia essa causa diretta o indiretta, può essere risolto in diversi modi. Prima di progettare l’intervento, è sempre auspicabile far eseguire da un geologo un approfondimento per indagare con maggiore precisione la stratigrafia e a quale profondità è possibile trovare un terreno di buone caratteristiche.
Se le fondazioni dell’edificio non sono molto profonde, una tecnologia attualmente molto utilizzata e poco invasiva consiste nel rinforzo degli strati di terreno mediante iniezioni di resine espandenti. L’intervento è di facile esecuzione, sia dall’esterno che dall’interno dell’edificio, senza intervenire direttamente sulle fondazioni, in quanto le perforazioni sono eseguibili nel bulbo delle pressioni sottostante. Il passo delle perforazioni è all’incirca di 1 m e comunque variabile in base alle necessità del contesto. Mediante appositi tubi, viene iniettata una resina espansiva bi-componente formante un bulbo nel terreno, che ha la caratteristica di espandersi rapidamente (sino a 10÷15 volte in volume con pressioni radiali che possono arrivare a 0,4÷0,5 N/mm2) compattando il terreno (Figura 2).
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Il riscontro dell’intervento è immediato, tanto che durante l’intera operazione il personale tecnico deve monitorare con un sistema laser gli eventuali movimenti indesiderati della struttura e verificare la chiusura del quadro fessurativo.
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Quali alternative?
In alternativa, qualora si abbia necessità di allargare l’impronta della fondazione originaria, è possibile procedere direttamente sulla struttura fondale con una cordolatura in c.a. In questo caso non è il terreno ad essere consolidato, bensì viene aumentata la portanza della fondazione mediante allargamento dell’impronta.
Si tratta di interventi molto semplici che non necessitano di particolari verifiche strutturali, se non quelle di riduzione del carico unitario sul terreno. In genere si tratta di realizzare una struttura “di cintura” alla quota di imposta delle fondazioni per allargare la base di appoggio. La soluzione migliore è quella che prevede la doppia cordolatura (interna ed esterna), in quanto risulta staticamente bilanciata. In questo caso sarà opportuno collegare i due cordoli in c.a. con barre e staffe in acciaio, passanti attraverso la fondazione esistente, in modo puntuale per non indebolire troppo la fondazione.
Gli scavi per la realizzazione dei cordoli dovranno essere eseguiti per tratti limitati e discontinui: in questo modo si eviteranno eventuali cedimenti dovuti alla evaporazione delle particelle d’umidità del terreno esposto all’aria nelle zone di scavo, che potrebbero creare dei vuoti e conseguentemente la riduzione della coesione del terreno.
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E se il terreno non ha idonea resistenza?
Mentre le prime due soluzioni riguardano interventi superficiali applicabili per fondazioni poco profonde, diverso sarà l’approccio qualora si riscontrasse la necessità di fondare il fabbricato su strati di terreno più profondi.
Questa situazione può capitare qualora il terreno sottostante al piano di fondazione non abbia caratteristiche meccaniche idonee a sopportare i carichi o i sovraccarichi aggiuntivi, e la relazione del geologo abbia individuato in profondità strati di terreno con resistenze soddisfacenti.
In questo caso è possibile procede con l’esecuzione di berlinesi di pali in c.a. (gettati in opera) o micropali (prefrabbricati). La tecnica consiste nell’inserire nel terreno, lungo il perimetro delle fondazioni, una serie di pali (con passo variabile tra i 60 e i 100 cm) spinti alla profondità necessaria per ancorare la palificazione a uno strato sufficientemente stabile e resistente del terreno. La scelta delle dimensioni del palo dipende molto dalle dall’area di ingombro del cantiere e dal tipo di fondazione.
I pali gettati in opera sono inseriti all’interno di uno scavo, dove viene inserita una maglia di armatura e successivo getto in calcestruzzo (o fanghi betonitici). Generalmente la macchina per lo scavo e per l’inserimento della gabbia d’armatura ha dimensioni maggiori rispetto a quella per i micropali in acciaio. In alternativa è possibile utilizzate micropali in acciaio, quale soluzione altrettanto valida illustrata in Figura 4. In entrambi i casi verrà realizzata una trave sommitale di collegamento con la fondazione esistente.
Conclusione
Il consolidamento dei dissesti di fondazione ha pertanto la duplice funzione di ripristinare la sicurezza statica in presenza di quadri fessurativi che non devono essere trascurati, e di garantire conseguentemente un miglioramento della robustezza strutturale utile per le future valutazioni sismiche del fabbricato.
Immagine di copertina: Fessurazione su parete muraria indotta da cedimento di fondazione.
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