

Cosa intendiamo davvero quando parliamo di “stato legittimo” di
un immobile? E come si distingue dalla “legittimità
dell’intervento”? Perché i due concetti, apparentemente simili,
generano spesso fraintendimenti nella pratica edilizia e nella
redazione degli atti tecnici?
In un contesto normativo frammentato e in continua evoluzione
come quello dell’edilizia italiana, definire correttamente i
presupposti di regolarità urbanistica è un passaggio obbligato.
Ecco perché è fondamentale distinguere tra due nozioni distinte ma
spesso sovrapposte: stato legittimo dell’immobile e legittimità
dell’intervento edilizio.
Il quadro normativo di riferimento
Il concetto di stato legittimo è oggi definito dall’art. 9-bis,
comma 1-bis del d.P.R. n. 380/2001
(Testo Unico Edilizia o TUE), recentemente modificato dalla
Legge n.
105/2024 di conversione del D.L. n.
69/2024 (Salva Casa).
Si tratta di una nozione ricostruita su base documentale e
giuridica, che tiene conto di tutti i titoli abilitativi
rilasciati, delle sanatorie ottenute e
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