Sì alla nuova liberalizzazione per la cessione dei crediti da parte delle banche. Nel testo rivisto del decreto Aiuti, approvato ieri dal Consiglio dei ministri, c’è infatti la possibilità per gli istituti di cedere il credito ai correntisti in qualunque momento, e non solo dopo aver esaurito le altre possibilità di cessione. Si riaprono anche le possibilità di ripresentare la comunicazione all’Agenzia delle entrate per le spese del 2021, se quella precedente è stata scartata per errori materiali.
Le cessioni ai correntisti con partita Iva
Con il nuovo meccanismo previsto dal decreto, la prima cessione continua ad essere libera per tutti, ossia si può scegliere il soggetto al quale cedere il credito senza nessun vincolo. La seconda cessione, ossia l’operazione effettuata da chi ha acquistato il primo credito, invece, potrà avvenire solo all’interno del sistema degli intermediari finanziari controllati dalla Banca d’Italia. In questo ambito, però, secondo quanto emerso dal Consiglio dei ministri, le banche avranno la possibilità di cedere “sempre” (e non più quindi in numero limitato) crediti ai clienti professionali privati che abbiano stipulato un contratto di conto corrente con la banca stessa, o con la banca capogruppo, senza facoltà di ulteriore cessione da parte loro. Questo intervento chiaramente dovrebbe risolvere le criticità che si sono registrate dopo la stretta che ha limitato il numero di cessioni ammesse e vietato il frazionamento del credito dopo la prima cessione.
Nuovi correttivi in vista
Nella bozza del decreto finora circolata non ci sono invece indicazioni sul frazionamento del credito per annualità, come misura per agevolare le cessioni successive, operazione finora vietata dall’Agenzia delle entrate. Rispondendo ad una interrogazone paralmentare, però, il ministro Franco ha sottolineato che la normativa vigente già consente, dopo la prima comunicazione di esercizio dell’opzione, di cedere o di compensare le singole annualità di cui il credito si compone anche riferite al singolo beneficiario, purché la singola annualità non venga ulteriormente frazionata in un momento successivo. A questo punto si tratterebbe di rivedere le istruzoni delle Entrate. “La reintroduzione della possibilità di cedere parzialmente il credito senza alcun limite di frazionamento – ha concluso – è invece incompatibile con l’attribuzione di un codice identificativo univoco al credito ceduto, prevista dall’attuale normativa”.
Riaperto il canale delle Entrate per correggere le comunicazione scartate
Proprio a causa dei continui cambi di rotta che hanno causato errori nelle comunicazioni di cessione del credito l’Agenzia delle entrate ha riaperto il canale per consentire di correggere i documenti e inviarli di nuovo. Modalità e scadenze, fissate con la risoluzione 21/E del 5 maggio 2022 prevedono che da lunedì 9 a venerdì 13 maggio sarà possibile:
- inviare comunicazioni sostitutive e annullamenti di comunicazioni trasmesse e accolte dal 1° al 29 aprile 2022, per le rate residue delle spese del 2020 (4 o 9 rate, in base al tipo di intervento) e le spese del 2021;
- ritrasmettere comunicazioni scartate dal 25 al 29 aprile 2022, per le rate residue delle spese del 2020 (4 o 9 rate) e le spese del 2021, a parità di codice fiscale del beneficiario (condominio o beneficiario dell’intervento sulla singola unità immobiliare) e anno della spesa.
I crediti nella piattaforma
I crediti emergenti sia dalle comunicazioni corrette ricevute dal 1° al 29 aprile 2022 che da quelle sostitutive saranno caricati entro il 17 maggio sulla piattaforma accessibile dall’area riservata del sito dell’Agenzia delle entrate, a beneficio dei fornitori e dei primi cessionari. Entro il 10 maggio, invece, saranno caricati i crediti emergenti dalle comunicazioni relative alle spese del 2022, correttamente ricevute ad aprile scorso, per le quali, come di consueto, eventuali sostituzioni e annullamenti devono essere trasmessi entro il giorno 5 del mese successivo, cioè entro il 5 maggio 2022.
Si apre una nuova partita sulle imprese qualificate
Sulla materia intanto si delinea già una nuova partita. Da tempo l’Ance chiede che i bonus siano erogati a imprese qualificate, con il principio della certificazione SOA che riguarda le gare degli appalti pubblici e che – semplificando – impedisce a imprese troppo “piccole” (per dipendenti, fatturato) di accedere a lavori molto grandi. Un principio che, ha più volte ripetuto il presidente Ance, Gabriele Buia, così come si è esteso ai lavori del cratere sismico del centro italia si potrebbe applicare anche ai lavori incentivati. In questa direzione vanno alcuni emendamenti al decreto Energia al Senato, che però trovano la forte contrarietà della Cna. “Siamo fortemente contrari all’introduzione dell’obbligo della qualificazione SOA per le imprese che effettuano lavori legati ai bonus dell’edilizia”, afferma la Cna aprendo il fronte dei rappresentanti delle imprese. “Sarebbe in evidente contraddizione con l’orientamento di semplificare le procedure e ridurre gli adempimenti a carico delle imprese più volte ribadito dal Governo e dal Parlamento. Gli unici effetti concreti dell’estensione della qualificazione SOA sono compromettere la ripresa del settore delle costruzioni escludendo dal mercato delle lavorazioni edilizie circa l’80% delle imprese, maggiori oneri a carico delle imprese, l’aumento del giro d’affari per le società autorizzate al rilascio delle SOA, penalizzare i cittadini-clienti”.
Source: repubblica.it
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