A questo punto è possibile che il Superbonus del 110% finisca in futuro nei manuali di economia. Non però nella sezione dedicata alla crescita sostenibile. Se non cambia qualcosa, quell’incentivo potrebbe finire nel capitolo relativo a quello che gli economisti chiamano «moral hazard»: il «rischio morale», la possibilità che gli operatori speculino con il denaro e lo sprechino quando sono loro a poterlo mobilitare ma non sono loro a risponderne per qualunque inefficienza e per i loro stessi eventuali errori.
Lo studio riservato
A questo almeno fa pensare un recente rapporto riservato dell’Enea, l’agenzia per lo sviluppo sostenibile che vigila sugli incentivi per l’efficienza energetica degli edifici.
Anche per l’innegabile correttezza degli obiettivi, il Superbonus ha a stento bisogno di presentazioni: introdotta dal decreto «Rilancio» del governo giallo-rosso di Giuseppe Conte nel maggio del 2020 per spese sostenute fino a metà del 2022, la misura mira ad accelerare interventi edilizi che riducano le emissioni di carbonio e a rilanciare il settore delle costruzioni.
Il meccanismo
Il secondo obiettivo è già centrato, grazie a un meccanismo che copre in pieno il costo degli interventi ecologici sulle case e lascia spazio perché i proprietari monetizzino i loro crediti d’imposta, vendendoli alle banche in cambio di liquidità. Il fatto che la detrazione superi il costo delle opere fa sì che resti del margine per pagare una commissione alle banche, pur di avere subito un indennizzo totale in contanti.
Ora però l’Enea ha fatto un primo bilancio. Ed è in chiaroscuro, quanto agli effetti che il Superbonus sta avendo nel Paese.
I numeri
Da inizio anno al 23 settembre i progetti ammessi sono stati 38 mila, mentre per l’intero anno si stimano 51 mila progetti, per investimenti mobilitati da 7,9 miliardi e un costo per lo Stato di 8,7 miliardi di euro (quest’ultimo è superiore proprio perché il bonus è al 110%). Si tratta di una forte accelerazione rispetto allo scorso anno, quando ci furono meno di duemila interventi per una spesa pubblica di poco più di duecento milioni.
Il confronto
Dunque gli investimenti nell’edilizia sono stati riattivati. Ma a quali costi, con quali impatti e a vantaggio di chi? Per capirlo Enea traccia un confronto con l’Ecobonus in vigore in Italia dal 2014 al 2020, che aveva un meccanismo simile al Superbonus e una differenza: la detrazione era solo al 65%; in altri termini il proprietario di un immobile aveva qualcosa da perdere se l’opera sua fosse stata eseguita in modo inefficiente e a costi gonfiati, perché per un terzo doveva pagare di tasca propria senza indennizzo pubblico. Insomma il privato era corresponsabile della buona gestione del denaro. Non a caso l’investimento con l’Ecobonus è stato più contenuto, a 3,3 miliardi di euro all’anno in media.
L’impatto ambientale
Quali sono dunque le differenze con il Superbonus? La prima è nell’impatto ambientale perché, secondo l’Enea, il vecchio Ecobonus sembra essere stato più efficiente nel ridurre le emissioni inquinanti. Con le misure attuali l’efficacia ambientale è di circa il 28% inferiore per ogni euro investito e infatti, pur spendendo più del doppio di prima, si arriva solo a modeste riduzioni supplementari delle emissioni.
La bolla speculativa
Si notano poi i segni di una bolla speculativa: alcuni stanno approfittando del fatto che si fa meno attenzione ai costi, perché tanto pagherà il governo tramite il debito pubblico. Enea mostra che il costo per ogni singola parete isolante, per ogni singolo infisso, schermatura solare o impianto di riscaldamento di nuova generazione è raddoppiato o addirittura triplicato con il Superbonus attuale rispetto all’Ecobonus in vigore fino a metà del 2020. In parte ciò è senz’altro dovuto al forte aumento di domanda. Forse però alcuni forzano sui prezzi e trovano poca resistenza, perché il proprietario immobiliare sa che sarà del tutto indennizzato.
Enea stima che l’aumento medio sulle caldaie a condensazione è del 286%, sulle schermature solari è del 225% e sugli infissi del 208%.
I fondi del Recovery
Questi indizi rischiano di avere conseguenze, perché il Superbonus viene finanziato per 13,9 miliardi con i fondi europei del Recovery. La Commissione Ue dovrà esaminare il dossier e potrebbe esitare a concedere il via libera agli esborsi, se vedesse che i costi unitari degli interventi sono doppi o tripli rispetto al resto d’Europa e l’impatto ambientale è tutt’altro che efficiente.
Di certo il governo ha confermato che il Superbonus 110% verrà prorogato al 2023, perché i suoi obiettivi restano validi. Ora però lo studio elaborato dall’Enea potrebbe innescare una riflessione su come limitare i problemi emersi fin qui.
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