In Europa se ne parla ormai da anni. Il Green Deal era infatti nei programmi ben prima che la pandemia stravolgesse tutto. Decarbonizzare l’economia d’altronde, è un obiettivo non più rimandabile come ha già dimostrato l’incedere dei cambiamenti climatici. E allora legare alla ripresa economica post-pandemica questa missione – per cui la Ue si era già impegnata sul serio, vincolandosi giuridicamente con la proposta di Legge Europea sul Clima a ridurre le emissioni di almeno il 55% rispetto al 1990 – era sostanzialmente un obbligo. Ma anche se crisi ed opportunità sono spesso rotaie dello stesso binario, far andare di pari passo benefici economici e benessere pubblico non è esattamente una passeggiata. Almeno per una volta però bisogna concordare sul fatto che l’Italia quantomeno sulla carta sembra aver trovato la formula giusta. Si tratta del Superbonus al 110% introdotto dal dl Rilancio a maggio 2020 (e in odore di proroga al 31 dicembre 2023 secondo le prime schede tecniche del Recovery Plan a cui sta lavorando il Mef guidato da Daniele Franco). La misura che riconosce un credito d’imposta per interventi di isolamento termico sugli edifici, sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale e ristrutturazione antisismica, potenzialmente «è una leva strategica di enorme valore». Come ha spiegato ad esempio il presidente dell’Enea Federico Testa è infatti in grado di coniugare «la riqualificazione del territorio e del settore residenziale con l’abbattimento delle emissioni di CO2, lo sviluppo di tecnologie innovative e l’ulteriore sostegno al comparto delle costruzioni».
IL VOLANO
Dunque, non solo può far benissimo all’economia (si prevede che gli incentivi generino una spesa annua di oltre 9,6 miliardi di euro, a cui corrisponde un effetto indotto correlato di ulteriori 888 milioni e quindi un incremento del gettito di 306 milioni) creando anche rapidamente nuovi posti di lavoro, quanto soprattutto è uno strumento fondamentale per la difesa dell’ambiente. Basti pensare che se in Italia venissero riqualificati tutti i circa 11 milioni di edifici attualmente in classe energetica F e G, ipotizzando un salto medio di 3,2 classi energetiche, la riduzione delle emissioni di CO2 potenziale sarebbe di circa il 50%, ossia 80 milioni di tonnellate di CO2 l’anno (oltre ad un risparmio energetico, quindi anche in bolletta, stimato al 48%). A rilevarlo è stato uno studio realizzato da Gabetti e Gabetti Lab, che ha compiuto un’analisi su 138 condomini, per un totale di 3.820 unità immobiliari, che hanno deliberato interventi per l’efficientamento energetico. Considerando poi che in base a un report del gruppo di ricerca Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano, si stima che per l’Italia tagliare entro il 2030 il 55% delle emissioni significa impattare su 94 milioni di tonnellate di CO2, capiamo come la misura assume un peso enorme sull’immediato futuro di tutti.
IL CANTIERE
Esempio più indicativo in questo momento è quanto realizzato a Torino con il Progetto Teodosia 110%. Ovvero uno dei primi e più grandi interventi di riqualificazione edilizia in Italia, il cui cantiere ha già preso per convertire un condominio di circa 300 appartamenti sfruttando il Superbonus per far passare l’edificio dall’attuale classe energetica D alla A1, con una spesa minima per i condomini. Secondo le simulazioni divulgate dai promotori, non solo si registra una netta diminuzione dei consumi pro-capite (quasi 400 euro all’anno per ogni condomino) quanto una forte riduzione dell’impatto ambientale. Si stima infatti che l’intervento produca un abbattimento di circa 300 tonnellate/anno di CO2, corrispondente all’assorbimento di 15mila alberi ad alto fusto, pari al 15% dell’intera foresta urbana della città piemontese.
LA BUROCRAZIA
Nota dolente però, è il solito bizantinismo italiano. La burocrazia e la complessità normativa infatti sta rallentando la presa del Superbonus. Secondo un’indagine svolta da mUp Research e Norstat per Facile.it, oltre 3 milioni di italiani che erano interessati alla misura hanno poi rinunciato per la quantità di documenti necessaria, mentre più di 6 milioni hanno dichiarato di non capire bene come funzioni l’agevolazione. Ed è per questo che le associazioni di categoria come Cna, Confapi o Ance stanno siglando accordi con enti privati per velocizzare le pratiche. La buona notizia è però che ci sta già lavorando anche il Governo. L’idea è varare un nuovo decreto Semplificazioni che, tra le altre cose, tolga ad esempio l’obbligo per i tecnici abilitati di certificare alcuni dati relativi allo stato legittimo dell’immobile, vale a dire la proprietà, i vari passaggi di proprietà e la presenza di concessioni edilizie. Secondo quanto anticipato agli enti locali, basterà che i professionisti attestino l’assenza di abusi edilizi e il rispetto delle prescrizioni urbanistiche. In altre parole, dovranno fare semplicemente un certificato di conformità. Una sburocratizzazione quantomai fondamentale.
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