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Superbonus 110% e CILAS: il difficile rapporto con gli abusi edilizi – Lavori Pubblici

Dalla modifica apportata dal Decreto Legge n. 77/2021 (Decreto
Semplificazioni-bis) al Decreto Legge n. 34/2020 (Decreto Rilancio)
si è sempre più radicata l’idea che si potesse avviare un cantiere
di superbonus 110% anche in presenza di abusi edilizi.

Indice degli argomenti

Superbonus 110% e abusi edilizi: cosa prevede il Decreto
Rilancio

Con il Decreto Semplificazioni-bis è stata prevista la
sostituzione del comma 13-ter, art. 119 del Decreto Rilancio, che
nella sua nuova formulazione ha previsto delle “semplificazioni” su
cui ancora oggi si discute e che proprio per questo non dovrebbero
chiamarsi tali.

Il nuovo comma 13-ter ha, infatti, stabilito:

  1. l’utilizzo di una particolare comunicazione di inizio lavori
    asseverata per i cantieri di superbonus puro che non prevedono la
    demoricostruzione dell’edificio;
  2. la necessità di indicare nella CILAS il titolo edilizio o
    l’attestazione che legittima la costruzione;
  3. la non necessità di attestare lo stato legittimo;
  4. la deroga alle cause di decadenza dei bonus edilizi di cui
    all’art. 49 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia);
  5. delle cause di decadenza specifiche:
    • non presentazione della CILAS;
    • interventi realizzati in difformità dalla CILAS;
    • mancata attestazione del titolo che legittima l’immobile;
    • attestazione falsa del rispetto dei requisiti minimi previsti
      per l’agevolazione.

Superbonus 110% e abusi edilizi: i dubbi

Ci sono, però, alcuni aspetti non ancora chiarissimi e domande a
cui ancora nessun Ente ha fornito una risposta ufficiale:

  • la presentazione della CILAS deroga le normali procedure
    stabilite nel testo unico edilizia? Mentre la deroga all’art. 49 è
    stata espressamente prevista, nulla si dice sull’applicazione degli
    articoli del testo unico edilizia che trattano la CILA ordinaria
    (art. 6-bis) o la SCIA (art. 22 e 23);
  • la non attestazione dello stato legittimo esula da una attenta
    valutazione delle difformità edilizie?

Leggendo la recente
guida messa a disposizione dai Notai
dove viene espressamente
rilevato che la presentazione della CILA-SuperBonus non richiede
l’attestazione dello stato legittimo e che per queste opere non è
necessaria l’allegazione dell’elaborato progettuale, così come
previsto per la CILA ordinaria dall’art. 6-bis del Testo Unico in
materia Edilizia, si potrebbe rispondere che la valutazione di
eventuali difformità non serva.

La gestione delle difformità

In realtà la situazione è decisamente più complessa e andrebbe
affrontata analizzando le tipologie di difformità ed i loro
effetti. L’attuale disciplina sanzionatoria prevista nel d.P.R. n.
380/2001 contempla fattispecie ordinate secondo la gravità
dell’abuso:

  • l’ipotesi più grave di interventi realizzati in assenza del
    permesso o in totale difformità;
  • l’ipotesi intermedia di variazioni essenziali dal titolo
    edilizio;
  • l’ipotesi residuale della parziale difformità da esso.

Casistiche che vengono trattati nei seguenti articoli del Testo
Unico Edilizia:

  • art. 31 (L) – Interventi eseguiti in assenza di concessione, in
    totale difformità o con variazioni essenziali
  • art. 33 (L) – Interventi di ristrutturazione edilizia in
    assenza di permesso di costruire o in totale difformità
  • art. 34 (L) – Interventi eseguiti in parziale difformità dal
    permesso di costruire
  • art. 37 (L) – Interventi eseguiti in assenza o in difformità
    dalla segnalazione certificata di inizio attività e accertamento di
    conformità
  • art. 38 (L) – Interventi eseguiti in base a permesso di
    costruire annullato

Si parla di “abuso edilizio” solo in caso di intervento
realizzato in assenza di permesso di costruire o SCIA alternativa
(art. 23). Ma anche per opere soggette a CILA o SCIA, per non
incorrere in difformità che sfociano nell’abuso, è necessario
verificare:

  • eventuali atti di assenso;
  • la conformità:
    • agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi
      vigenti;
    • al Codice dei beni culturali e del paesaggio;
    • alla normativa in materia sismica e a quella sul rendimento
      energetico nell’edilizia;
    • al Codice della Strada
    • al Codice Civile;
    • alle norme di sicurezza e igienico/sanitarie.

Il sistema sanzionatorio: l’abuso più grave

Sull’argomento ricordo la Sentenza
Consiglio di Stato 30 marzo 2017, n. 1484
che ci consente di
fare il punto, anche per comprendere come la questione viene
trattata dai giudici di secondo grado.

L’art. 31 del Testo Unico Edilizia disciplina gli abusi più
gravemente sanzionati. L’assenza di permesso consiste nella sua
insussistenza oggettiva per l’opera autorizzata.

Accanto al caso del permesso mai rilasciato, vi sono i casi nei
quali il titolo è stato rilasciato, ma è privo (o è divenuto privo)
di effetti giuridici (art. 38).

In particolare, l’art. 31, comma 1 del d.P.R. n.380/2001 prevede
anche una figura di mancanza sostanziale del permesso, che si
verifica quando vi è difformità totale dell’opera rispetto a quanto
previsto nel titolo, pur sussistente. Si ha difformità totale,
quando sia realizzato un organismo edilizio:

  • integralmente diverso per caratteristiche tipologiche
    architettoniche ed edilizie;
  • integralmente diverso per caratteristiche planovolumetriche, e
    cioè nella forma, nella collocazione e distribuzione dei
    volumi;
  • integralmente diverso per caratteristiche di utilizzazione (la
    destinazione d’uso derivante dai caratteri fisici dell’organismo
    edilizio stesso);
  • integralmente diverso perché comportante la costituzione di
    volumi nuovi ed autonomi.

Le variazioni essenziali

Accanto a queste forme di abuso, l’art. 32 del testo unico
edilizia regola la fattispecie dell’esecuzione di opere in
«variazione essenziale» rispetto al progetto approvato. Tale tipo
di abuso è parificato, quanto alle conseguenze, al caso di mancanza
di permesso di costruire e di difformità totale, salvo che per gli
effetti penali. Le variazioni essenziali sono soggette alla più
lieve pena prevista per l’ipotesi della lett. a) dell’articolo 44
(l’ammenda fino a 10.329 euro per l’inosservanza delle norme,
prescrizioni e modalità esecutive previste dal presente titolo, in
quanto applicabili, nonché dai regolamenti edilizi, dagli strumenti
urbanistici e dal permesso di costruire).

La determinazione dei casi di variazione essenziale è affidata
alle regioni nel rispetto di alcuni criteri di massima. In
particolare, ai sensi dell’art. 32, comma 1, del TUE, sussiste
variazione essenziale esclusivamente in presenza di una o più delle
seguenti condizioni:

  1. mutamento di destinazione d’uso che implichi variazione degli
    standard previsti dal D.M. 2 aprile 1968;
  2. aumento consistente della cubatura o della superficie di solaio
    da valutare in relazione al progetto approvato;
  3. modifiche sostanziali di parametri urbanistico-edilizi del
    progetto approvato, ovvero della localizzazione dell’edificio
    sull’area di pertinenza;
  4. il mutamento delle caratteristiche dell’intervento edilizio
    assentite;
  5. la violazione della normativa edilizia antisismica.

Le varianti non rilevanti e quelle essenziali

Il concetto di variazione essenziale, che attiene alla modalità
di esecuzione delle opere, va distinto dalle “varianti” che invece
riguardano la richiesta di una variazione del titolo autorizzativo
(art. 22, comma 2, del TUE).

Mentre le varianti in senso proprio, ovvero le modificazioni
qualitative o quantitative di non rilevante consistenza rispetto al
progetto approvato, tali da non comportare un sostanziale e
radicale mutamento del nuovo elaborato rispetto a quello oggetto di
approvazione, sono soggette al rilascio di permesso in variante,
complementare ed accessorio, anche sotto il profilo temporale della
normativa operante, rispetto all’originario permesso a costruire,
le varianti essenziali, ovvero quelle caratterizzate da
incompatibilità quali-quantitativa con il progetto edificatorio
originario rispetto ai parametri indicati dall’art. 32 del d. P.R.
n. 380 del 2001, sono soggette al rilascio di permesso a costruire
del tutto nuovo ed autonomo rispetto a quello originario e per il
quale valgono le disposizioni vigenti al momento di realizzazione
della variante.

Nel caso di variante essenziale il problema si concentra nella
necessità o meno di nuovo titolo, che deve quindi considerare
l’eventuale diversa normativa sopravvenuta; la variante invece si
riferisce al titolo originario senza nuova valutazione della
normativa vigente.

Il caso della difformità parziale dal permesso di costruire per
le nuove costruzioni è invece previsto e regolato dall’art. 34 del
TUE. Si tratta una categoria residuale, la cui nozione è stata
ulteriormente chiarita dalla giurisprudenza amministrativa.

Il concetto di parziale difformità presuppone che un determinato
intervento costruttivo, pur se contemplato dal titolo
autorizzatorio rilasciato dall’autorità amministrativa, venga
realizzato secondo modalità diverse da quelle previste e
autorizzate a livello progettuale, come si desume in negativo
dall’art. 31, d.P.R. n. 380 del 2001.

In base alla norma infatti, mentre si è in presenza di
difformità totale del manufatto o di variazioni essenziali,
sanzionabili con la demolizione, quando i lavori riguardino
un’opera diversa da quella prevista dall’atto di concessione per
conformazione, strutturazione, destinazione, ubicazione, si
configura la difformità parziale quando le modificazioni incidano
su elementi particolari e non essenziali della costruzione e si
concretizzino in divergenze qualitative e quantitative non
incidenti sulle strutture essenziali dell’opera.

Ai fini sanzionatori, per gli interventi eseguiti in assenza di
permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni
essenziali, va senz’altro disposta la demolizione delle opere
abusive; per gli interventi eseguiti in parziale difformità dal
permesso di costruire, la legge prevede la demolizione, a meno che,
non potendo essa avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in
conformità, debba essere applicata una sanzione pecuniaria.

Le tolleranze

L’assenza di una compiuta definizione della categoria dei lavori
ed interventi eseguiti in parziale difformità ha indotto il
legislatore a fissare una soglia di rilevanza minima delle
variazioni non costituenti illecito edilizio. Si tratta di quegli
scostamenti dai parametri autorizzati di misura talmente contenuta
da non potere essere considerati un illecito edilizio. Per questo è
stata introdotta una soglia minima di rilevanza delle difformità
parziali, che è esclusa «in presenza di violazioni di altezza,
distacchi, cubatura o superficie coperta che non eccedano per
singola unità immobiliare il 2 per cento delle misure progettuali»
(comma 2-ter).

Tale disposizione non opera nel caso di interventi su immobili
“vincolati” eseguiti in difformità dalle autorizzazioni rilasciate
ai sensi del D.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42. Ovviamente, inoltre, la
disposizione opera unicamente nei rapporti con l’amministrazione,
senza interferire con i rapporti privatistici di vicinato.

Le soluzioni alle difformità

È chiaro che più l’abuso è grave, meno saranno le possibilità di
regolarlo. Il Testo Unico Edilizia prevede le seguenti:

  • ottenimento del permesso di costruire in sanatoria;
  • demolizione e ripristino dello stato dei luoghi, quindi
    l’eliminazione della cause dalle quali derivano le difformità.

Oltre a quelle amministrative, l’articolo 44 del Testo Unico
Edilizia stabilisce che fatto salvo che il fatto costituisca più
grave reato e ferme le sanzioni amministrative, si applica:

  • l’ammenda fino a 10.329 euro per l’inosservanza delle norme,
    prescrizioni e modalità esecutive previste dal presente titolo, in
    quanto applicabili, nonché dai regolamenti edilizi, dagli strumenti
    urbanistici e dal permesso di costruire;
  • l’arresto fino a due anni e l’ammenda da 5.164 a 51.645 euro
    nei casi di esecuzione dei lavori in totale difformità o assenza
    del permesso o di prosecuzione degli stessi nonostante l’ordine di
    sospensione;
  • l’arresto fino a due anni e l’ammenda da 15.493 a 51.645 euro
    nel caso di lottizzazione abusiva di terreni a scopo edilizio, come
    previsto dal primo comma dell’articolo 30. La stessa pena si
    applica anche nel caso di interventi edilizi nelle zone sottoposte
    a vincolo storico, artistico, archeologico, paesistico, ambientale,
    in variazione essenziale, in totale difformità o in assenza del
    permesso.

Sanzioni che si applicano chiaramente anche ai cantieri di
superbonus. Volendo concludere la valutazione dello stato legittimo
non è obbligatoria ma un’attenta valutazione delle difformità
edilizie consentirebbe di intervenire con coscienza sul patrimonio
edilizio.

Source: lavoripubblici.it

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