Ho letto un articolo del 13 maggio, pubblicato su
www.lavoripubblici.it, dal titolo “Superbonus
110%: cosa accade in caso di inefficacia della CILAS?“, un
interessante interrogativo che si pone comprensibilmente a valle di
ciò che appare configurarsi una “legittimazione” da parte del
Giudice amministrativo di un uso invalso presso le PA di porre in
essere una non tipizzata “dichiarazione di inefficacia”.
CILA e dichiarazione di efficacia
Al sottoscritto, tuttavia, prendendo atto delle (sia pur poche)
sentenze (di TAR) in materia di CILA, che incardinano detta
dichiarazione di inefficacia nell’ambito dei poteri di vigilanza
sull’attività edilizia, sovvengono tanti altri interrogativi (a
monte) di portata più generale, del tipo:
- ma per adire ai poteri repressivi della PA relativi
all’attività edilizia posta in essere attraverso “atti privati”
(quali sono la CILA e la SCIA) è necessaria la (preliminare)
dichiarazione di inefficacia dei titoli abilitativi? - la dichiarazione di inefficacia, posta la sua eventuale
“doverosità”, può essere ”regolata” in analogia con la nullità del
provvedimento amministrativo ex art. 21-septies della L. n.
241/1990 (mancanza degli elementi essenziali) e/o della sua
annullabilità ex art. 21-octies (non è annullabile il provvedimento
adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma
degli atti)?
Si tratta di un argomento complesso e delicato allo stesso
tempo, anche perché coinvolge categorie concettuali quali quella di
efficacia/inefficacia dell’atto giuridico e quella di
validità/invalidità dello stesso, ecc., le quali sono squisitamente
giuridiche nell’ambito del diritto amministrativo, nel cui vortice,
però, veniamo in qualche modo risucchiati anche noi tecnici.
La CILA-Superbonus
Il caso considerato nell’articolo succitato, a firma del
direttore ing. Gianluca Oreto, riguarderebbe una dichiarazione di
inefficacia della CILAS, siamo quindi in ambito “superbonus”,
esperita dalla PA perché ritenuta “carente di un paio di documenti
di identità e Versamento Diritti segreteria” (ma sono elementi
essenziali della CILA?).
Quando si tratta di questioni inerenti il Superbonus si genera
immediatamente un “allarme” generale, nel senso che si determina
una situazione di panico per la temutissima conseguenza di
eventuale perdita del bonus fiscale.
Tuttavia, analoga situazione si registra anche nell’ambito dei
regimi ordinari, se non altro per altre temute conseguenze relative
al possibile rilievo penale, risarcitorio e via elencando, e cioè
per lo spettro sempre incombente (e frequente) delle
responsabilità.
Il profilo “formal-burocratico”
A mio parere, come credo di aver scritto nei miei due ultimi
libri, si è perso il senso della ragione in quanto il profilo “formal-burocratico”, nel senso negativo del termine, nonostante
gli sforzi normativi per “limitarlo”, è arrivato ad un livello di
involuzione tale da neutralizzare ogni “pensiero positivo” (per
usare uno slogan dell’ing. Oreto), ogni capacità critica di
valutazione a qualsiasi livello: legislativo (in primis),
giurisprudenziale, amministrativo e professionale.
I titoli abilitativi
I titoli abilitativi edilizi, comunque denominati e comunque
procedimentalizzati, per quanto mi consta, sono atti volti a
legittimare lo svolgimento di un’attività edilizia conforme alla
disciplina di subordinazione (profilo sostanziale), per cui sono
volti a rimuovere il limite legale posto ex ante la realizzazione
dell’attività stessa in ragione di una acclarata “conformità”.
Nei moduli procedimentali la conformità è attestata dal
professionista tecnico abilitato, nel provvedimento, invece, è
verificata dalla P.A. procedente nell’ambito del titolo espresso,
ovvero dal progettista abilitato asseverante nell’ambito del titolo
tacito.
La conformità, però, fermo restando lo stato legittimo
dell’immobile eventualmente oggetto di intervento edilizio, non è
l’unica condizione legittimante l’esercizio dell’attività edilizia,
essendo normativamente previsto un profilo “soggettivo”:
comunicazioni, segnalazioni, domande e rilascio di titolo
richiedono un “interessato”, ovvero un “proprietario od altro
avente titolo”.
Ma questo aspetto “soggettivo” non riguarda il fondamentale
interesse pubblico tutelato dalla disciplina urbanistico-edilizia,
e cioè gli “ordinati” usi, assetti e trasformazioni
fisico-funzionali del territorio.
Questo non esclude che nell’ambito della disciplina
urbanistico-edilizia vi siano disposizioni volte a perseguire altre
tutele pubblicistiche (in modo concorrente e/o parallelo), anche
riferite a beni giuridici o di interesse giuridico di altre “materie” normative (es. ordinamento civile, protezione civile,
sicurezza, ecc..), ma questo potrebbe incidere differentemente sul
primario e fondamentale bene giuridico tutelato, e cioè il
territorio.
Infatti, la seconda parte del testo unico edilizia considera
alcuni “profili” di conformità strettamente edilizia con un proprio
regime giuridico e amministrativo (cfr. le opere in conglomerato,
le zone sismiche, l’efficienza energetica), la cui inosservanza, di
norma, non incide sul titolo abilitativo edilizio, quale
espressione fondamentale di conformità “urbanistico-edilizia” (alle
previsioni della disciplina urbanistica, dei regolamenti edilizi e
della normativa vigente).
Per cui, fatti salvi i casi normativamente previsti, la mancata
osservanza delle disposizioni tecniche non mi pare rendano
inefficace il titolo abilitativo edilizio, nel senso che non lo
privano degli effetti giuridici predestinati dalla legge (rimozione
del limite legale, conformità sostanziale).
L’inefficacia della CILAS
Di conseguenza, mi chiedo come possa legittimare una inefficacia
di un titolo abilitativo (nel caso dell’articolo è la CILAS) la
mancanza di un paio di documenti di identità e il versamento dei
diritti di segreteria, per i quali sono esperibili altri “rimedi”
amministrativi.
In casi particolari come questi, mi chiedo se siamo in presenza
di un uso improprio del potere di vigilanza ex art. 27 TUE,
finalizzato, si guardi bene ad assicurare “la rispondenza alle
norme di legge e di regolamento, alle prescrizioni degli strumenti
urbanistici ed alle modalità esecutive fissate nei titoli
abilitavi”.
Mi chiedo anche se la PA, nell’ambito dei principi sul
procedimento amministrativo (cfr. art. 1 della L. n. 241/1990, nel
quale si declinano i fini determinati dalla legge per l’attività
amministrativa, ed in particolare i criteri di economicità, di
efficacia ecc..), in casi come questi possa sempre richiedere:
- il versamento dei diritti di segreteria (il cui mancato
pagamento non mi risulta essere una condizione di efficacia dei
titoli abilitativi edilizi), essendo questione amministrativa
regolata da specifiche normative (in analogia con il contributo di
costruzione); - i documenti di identità mancanti, per costituire atto di
“convalida” (e cioè un c.d. atto amministrativo di secondo grado)
nell’ambito del principio di conservazione degli atti
amministrativi.
Source: lavoripubblici.it
Link all’articolo Originale tutti i diritti appartengono alla fonte.
I commenti su questo articolo non dovranno contenere quesiti di natura tecnica.