
I fondi che il governo ha stanziato per il cosiddetto Superbonus 110% sono già finiti. Lo sostiene l’ultimo rapporto dell’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (Enea), l’ente pubblico di ricerca controllato dal ministero della Transizione Ecologica. Secondo quanto si legge, i 33,3 miliardi di euro previsti per la misura sarebbero dovuti essere sufficienti per coprire le richieste di finanziamento fino alla fine del 2022, ma al 31 maggio sono stati prenotati ben 33,7 miliardi di euro, per un totale di 172.450 interventi edilizi incentivati, e adesso il governo dovrà decidere se rifinanziare o meno la misura.
Notoriamente, il presidente del Consiglio Mario Draghi non è un fan del Superbonus 110% che, come dimostra un’analisi di Wired sulle asseverazioni, ha fatto aumentare i costi dei materiali per l’edilizia.
Il Superbonus 110% per cento è un insieme di detrazioni per tutti gli interventi edilizi che hanno come scopo l’efficientamento energetico. È stato presentato dal secondo governo di Giuseppe Conte nel decreto legge Rilancio il 19 maggio 2020 come una misura per rendere più efficienti e sicure le abitazioni e un meccanismo pensato per permettere ai cittadini e alle aziende di svolgere interventi edilizi a costo zero. All’inizio del 2022 Draghi ha espresso riluttanza a mentenere una misura ritenuta poco efficiente e troppo costosa per lo Stato, ma ha confermato l’iniziativa dopo che la proposta aveva ottenuto la maggioranza in Parlamento.
Se il governo effettivamente non rifinanzierà la misura, come a oggi sembra verosimile attendersi, i cittadini e le aziende che contavano di sfruttare le agevolazioni per far partire lavori di efficientamento energetico nella seconda parte dell’anno si ritroveranno a dover rinunciare ai propri progetti. Mentre i cantieri già avviati potranno completare i lavori senza temere che la mancanza di soldi statali possa avere una qualche conseguenza, i progetti che sono ancora in fase di approvazione rischiano di non partire proprio. Lo scenario riguarda in particolare Lombardia, Veneto e Lazio, che sono le regioni con il maggior numero di progetti già avviati, e per cui potrebbe esserci meno meno propensione ad approvare lavori nuovi.
Source: wired.it
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