In questa sede non vogliamo ricordare la positività delle attività di riqualificazione edilizia in termini “numerari”, ossia di occupazione, gettito iva, Ires, tasse, tributi ma soprattutto in termini di minore inquinamento e minore consumo del suolo. Si, anche minore consumo del territorio, perché l’efficientamento energetico si realizza sul già esistente rendendolo più sostenibile in termini di resilienza.Vi è qualcosa da migliorare ? Interveniamo. È ipotizzabile un suo uso perenne ? Nessuno lo pensa.
Sgomberiamo il campo da alcuni luoghi comuni prima di formulare proposte per il futuro.
Il “bonus 110” nulla ha rilevato, fino ad ora, con la speculazione dell’aumento dei prezzi non solo perché questi hanno subito una impennata già dall’ultimo trimestre del 2020 ma anche perché solo nel mese di settembre (dati Enea) sono decollati i primi lavori nei condomini. Il “bonus 110”, così come le opere del Recovery, è ora in rampa di lancio e la esecuzione in tempi ristrettissimi incide sulla dinamica dei prezzi. Si registrano speculazioni sui prezzi di alcune forniture (di cui le imprese ed i condomini sono parte lesa) e le cui dinamiche dovrebbero essere poste sotto controllo da parte della Autorità sulla Concorrenza, e non solo.
Il “bonus 110” nulla centra con la mancanza di manodopera in edilizia perché oltre 25 anni di demonizzazione di un settore ha determinato questa fuga dal comparto edile. Il “bonus 110” non costituisce alcun regalo alla ditte esecutrici perché circa il 15/20% del bonus è di competenza delle banche nella attualizzazione del cassetto fiscale, diverso, a seconda dei bonus. Il “bonus 110” non ha come finalità quella di riqualificare le aree disagiate della città. Per recuperare le ampie aree compromesse occorre uno strumento diverso: quello della rigenerazione urbana. Perché fino ad oggi abbiamo registrato rari casi di intervento della mano pubblica sul patrimonio pubblico? Cosa impediva/impedisce, la programmazione di un serio programma di riqualificazione urbanistica? Non confondiamo gli strumenti della riqualificazione edilizia con quello della riqualificazione urbanistica, soprattutto di parti vaste della città; peraltro l’uno non esclude l’altro.
Il “bonus 110” non costituisce la panacea dei mali che affliggono le nostre città con un patrimonio edilizio vecchio e non performante; in questo contesto contribuisce, prevedendo un salto di almeno due classi energetiche, perché vi sia un valido miglioramento ambientale in termini di minore energivorità degli edifici determinando una futura riduzione dei consumi. La normazione degli ultimi anni (Ace – Ape – certificati bianchi – il concetto di nZEB – eco bonus – bonus casa) ha avuto come finalità quella di migliorare la performance energetica degli edifici atteso che il settore residenziale, insieme a quello dei trasporti, è quello che consuma più energia. Abbiamo una predominanza di edifici di bassa qualità energetica nello stock immobiliare italiano dove solo il 10% degli immobili usati o da ristrutturare appartiene alla classe energetica da A a C.
D’altra parte, il miglioramento di almeno due classi comporta una riduzione media del fabbisogno e dei consumi di circa il 40/50%; se applicassimo questo dato al numero dei condomini avremmo un beneficio, in termini ambientali, assolutamente rilevante.Sarebbe anzi opportuno rilanciare collegando in maniera più stretta la transizione ecologica e la trasformazione digitale inserendo gli interventi per la banda larga tra le spese agevolabili favorendo gli interventi di cablaggio della fibra ottica all’incentivo dell’efficientamento energetico. È poco ? Facciamo di più!
Negli ultimi anni il “bonus 110” è tra le poche misure che sta rispettando le aspettative, anzi sta andando oltre, di impiego. Non è opportuno spegnere l’unico motore che ha funzionato ed affidare le speranze del Paese in altri strumenti che necessitano di un più complessivo quadro di riforme per le quali occorrono tempi più lunghi. Si può fare meglio? Facciamolo!
Preliminarmente riteniamo che per mettere in sicurezza il patrimonio immobiliare e renderlo meno energivoro occorre premiare chi investe su immobili “sicuri e performanti” uscendo dalla logica (perversa) delle proroghe annuali. Il miglioramento della efficienza energetica, con la crescita della quota di energie rinnovabili unitamente alla messa in sicurezza sotto un profilo sismico del patrimonio esistente deve rappresentare la bussola prioritaria del buon agire.Come Ance riteniamo che occorra una nuova armonizzazione dei massimali delle varie lavorazioni, che occorra esaminare il “bonus 110” all’interno di una più ampia visione della “politica della casa” (Imu, Catasto, Cedolare …), che solo imprese qualificate intercettino danari pubblici e realizzino i lavori. Certamente occorre utilizzare (prevalentemente) la leva fiscale quale premio per “rinnovare ” il nostro patrimonio. Occorre, infine, fare ordine nella selva delle varie aliquote bonus; importante sarà la risposta al tema del trattamento contabile della cessione del credito che costituisce ancora oggetto di confronto con l’Europa.
Bene, come Ance abbiamo tomi di proposte sul tema del mercato e restiamo sempre disponibili ad un confronto concreto ritenendo che solo una visione ampia e di respiro, ma unitaria, possa consentire al Paese di tornare a volare.Qualsiasi decisione il Parlamento adotterà è opportuno che siano rispettate alcune prerogative sul “bonus 110” che sovente è utilizzato in compagnia del “bonus 50” e del “bonus 90”.
È necessario un arco temporale per lo meno quinquennale, tale da consentire una visione idonea per programmare la crescita delle aziende in termini di manodopera, tecnologie, attrezzature ed accesso al credito. È assolutamente indispensabile che i crediti continuino a poter essere ceduti e che sia utilizzabile la procedura dello sconto in fattura. È fondamentale usufruire di un cassetto fiscale di 5 anni perché quello decennale risulta eccessivamente oneroso; la funzione dell’accesso al credito è essenziale per il decollo della iniziativa. Concentriamoci per fare funzionare le procedure che non riescono a fare atterrare le risorse, ed abbiamo visto ve ne sono molte, senza smontare una tra le poche norme che ha dato ottima prova di funzionamento; si lavori al suo efficientamento e razionalizzazione.
Perché tutto ciò sia realizzabile e non resti un libro dei sogni è necessario che sia identificato compiutamente il mercato dei prossimi anni che dovrà connotarsi di regole stabili e programmi pluriennali duraturi tali da scongiurare che l’unico futuro per le imprese di Ance sia quello di subappaltatori di pochi General contractor (istituto che non ha dato ottima prova di se).
Negli ultimi mesi il Governo ha rivolto alle imprese di costruzione un invito a guardare al futuro, a fare un salto di qualità verso una maggiore sostenibilità ed innovazione, una maggiore inclusione dei giovani e delle donne e, più in generale, verso il raggiungimento dei 17 obiettivi della Agenda Onu sullo sviluppo sostenibile. Chi opera nel campo delle commesse finanziate con danari pubblici è pronto ad accettare la nuova sfida che l’Europa ci presenta, vorremmo solo conoscere per tempo con quali regole giocheremo.
(*) Vicepresidente Ance con delega alle opere pubbliche
Source: ntplusentilocaliedilizia.ilsole24ore.com
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