La forte accelerazione degli investimenti con Superbonus 110% negli ultimi mesi induce ad una riflessione su due aspetti: da un lato l’impatto che una spesa così consistente può avere nel sistema economico complessivo e dall’altro la sua sostenibilità per il bilancio dello Stato. Lo studio “L’impatto sociale ed economico dei Superbonus 110% per la ristrutturazione degli immobili: stime e scenari” elaborato dal Centro Studi CNI propone un primo step di analisi per fare il punto della situazione.
A settembre 2021 gli impegni di spesa per interventi con super ecobonus hanno raggiunto i 7,5 miliardi di euro (di cui 5,1 miliardi di lavori già conclusi). Si stima che questi impegni di abbia attivato nel sistema economico una produzione aggiuntiva di 15,7 miliardi di euro e occupazione aggiuntiva per oltre 120.000 posti di lavoro. Ad oggi tale spesa dovrebbe aver contribuito alla formazione del 4,6% degli investimenti fissi lordi totali previsti nel 2021 ed alla formazione di quasi 10 miliardi di Pil.
Il 2021 potrebbe chiudersi con impegni di spesa per interventi con Superbonus per 9,3 miliardi di euro (è inclusa la spesa per ecobonus e quella per il sismabonus). Il Centro Studi CNI stima che queste risorse potrebbero generare un livello di produzione aggiuntiva totale (all’interno della filiera delle costruzioni, nel comparto dei servizi di ingegneria e architettura, nei settori dell’indotto della filiera e in altri comparti) pari a 19,6 miliardi di euro, con occupazione diretta di quasi 100.000 unità e indiretta per poco più di 54.000 unità, per un totale di oltre 153.000 occupati. In questo scenario, la spesa per Superbonus 110% contribuirebbe alla formazione del 5,8% degli investimenti fissi lordi e contribuirebbe alla formazione del Pil per 12,3 miliardi di euro.
Naturalmente uno degli interrogativi più importanti è se questa spesa sia sostenibile nel medio-lungo periodo. Il disavanzo netto per lo Stato attivato dai Superbonus 110% viene stimato in oltre 6 miliardi di euro per il 2021. Tuttavia, questa cifra sarebbe più che compensata dalla formazione di valore aggiunto per 8,5 miliardi (il valore aggiunto contribuisce alla formazione del Pil).
Riteniamo – commenta Armando Zambrano, Presidente CNI – che la capacità dei Superbonus di generare valore e di avere affetti espansivi nel sistema economico nazionale siano particolarmente apprezzabili. Un’analisi di questo tipo non può, tuttavia, soffermarsi solo sugli aspetti economico-contabili. I Superbonus potrebbero consentire di attivare un virtuoso processo di rigenerazione del patrimonio edilizio con benefici sociali rilevanti. Minore insorgenza di malattie connesse ad ambienti malsani ed a povertà energetica, minore consumo di suolo, riduzione dell’inquinamento, minori danni alle strutture in caso di eventi imprevisti, più sicurezza degli edifici generano in modo sistematico un risparmio della spesa pubblica ed hanno un effetto espansivo sul Pil, come cerchiamo di spiegare nello studio che abbiamo realizzato.
Invitiamo inoltre a riflettere – conclude Zambrano – in modo aperto sulla questione della sostenibilità del debito pubblico generato da questa spesa. I Superbonus sono in grado di attivare valore aggiunto e generare un contributo alla formazione del Pil tali da compensare le minori entrate dello Stato. Auspichiamo che il Governo voglia prendere in considerazione questo concetto di sostenibilità della spesa per Superbonus nel medio periodo, spostando la scadenza degli incentivi almeno al 2026 (con la conclusione del PNRR), un orizzonte temporale che consideriamo utile per dare attuazione ad un vero piano di riqualificazione energetica e statica del patrimonio edilizio, come l’Europa ci chiede, verificando alla scadenza la possibilità di ridefinire le condizioni dell’incentivo in modo da renderlo strutturale, con particolare attenzione alla parte sulla sicurezza sismica.
Lo studio è disponibile in allegato.
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