Stringere la cinghia perché costano troppo. E’ questa l’intenzione del governo su alcuni sconti fiscali per ristrutturare la casa.
Nel mirino c’è il superbonus al 110 per cento, che permette di ammodernare a costo zero gli immobili, se si migliora il consumo energetico o la resistenza ai terremoti, e quello per rifare la facciata. Quest’ultimo, adesso al 90 per cento, con la manovra subirebbe un robusto taglio: da gennaio si potrebbe recuperare solo la metà delle spese.
Per quanto riguarda, invece, il superbonus, ci sarebbe la proroga fino a tutto il 2023, ma solo per i condomini e le case popolari, escluse le villette.
Ma non finisce, qui, perché si ipotizzano altre modifiche per attenuarne il peso sulle casse pubbliche, che – ha detto il ministro del Tesoro Daniele Franco – “non è sostenibile alla lunga” e che, potenzialmente, potrebbe essere “stratosferico”.
Con l’agevolazione al 110, in vigore da poco più di un anno, sono stati avviati oltre 46mila cantieri, dando una scossa alla crisi dell’edilizia, ma con una spesa pubblica stimata in 8,2 miliardi.
Gli interventi sono partiti a rilento a causa dei grovigli burocratici e procedono con intoppi per la difficoltà di trovare materie prime e manodopera, una circostanza che – insieme all’aumento delle richieste e qualche speculazione – ha contribuito a far lievitare i prezzi.
Nella maggior parte dei casi, poi, le ristrutturazioni col superbonus hanno riguardato piccole unità immobiliari e non i condomini, che però – in proporzione – comportano costi più alti.
In questo quadro, si ragiona su una riduzione graduale del maxi-sconto a partire dal 2024, che lo porterebbe vicino ai livelli degli storici bonus fiscali per la casa (quelli ordinari al 50 e 65 per cento), a loro volta prorogati per il 2022.
Altra ipotesi è quella di mettere un tetto al reddito per poter accedere alla misura, in modo da non favorire chi è più ricco e contenendo allo stesso tempo i costi per lo Stato.
Source: tg24.sky.it
Link all’articolo Originale tutti i diritti appartengono alla fonte.