Per quanti anni vanno conservati i documenti relativi ai lavori non solo per il superbonus, ma anche per i bonus casa ordinari?
A mettere un punto alla questione è la sentenza n. 8500 del 25 marzo 2021, con cui la Corte di Cassazione stabilisce che l’Agenzia delle Entrate può verificare documenti, fatture e bonifici finché non è scaduto il termine per controllare l’ultima rata.
Questo significa che per quanto riguarda i bonus casa ordinari, il Fisco ha potere di controllo per 10 anni dopo l’ultima rata, mentre per il superbonus il limite è 5 anni.
Vediamo quali sono i documenti in discussione e come conservarli.
Superbonus e bonus casa: per quanti anni vanno conservati i documenti?
La sentenza della Corte di Cassazione n. 8500 stabilisce, relativamente ai bonus casa, che l’Agenzia delle Entrate può contestare i presupposti che danno diritto all’agevolazione fino alla fine del periodo di recupero, quindi il potere del Fisco non si esaurisce nell’anno in cui decade la possibilità di accertare l’anno in cui è stata sostenuta la spesa.
Il termine ordinario rimane quello dei 5 anni successivi alla presentazione della dichiarazione dei redditi nell’anno in cui iniziano i lavori. Con la suddetta sentenza, però, cambia quello che l’Agenzia delle Entrate può obiettare.
Facciamo un esempio pratico: lavori di ristrutturazione nel 2021 e quindi dichiarati nel modello 730 del 2022. La tesi sposata dalla sentenza della Cassazione è che il Fisco può controllare il diritto alla detrazione fino al 31 dicembre del 2036 (quindi dopo 5 anni rispetto alla dichiarazione della decima rata).
Nel caso del superbonus, che si detrae in 5 anni e non in 10, il Fisco potrebbe indagare fino alla fine del 2031 (5 anni dopo il 2026, ultimo anno per le rate quinquennali).
L’interpretazione finora invece era più orientata a favore del contribuente, prevedendo la contestazione della detrazione spettante fino alla fine del 2027 (quindi 5 anni dalla prima rata dichiarata).
I documenti da conservare in caso di controlli per bonus casa e superbonus 110%
Come sottolinea il Sole 24 Ore, l’elemento da mettere in risalto nella sentenza della Cassazione è il contrasto con lo Statuto del Contribuente, che all’articolo 8 comma 5 stabilisce:
“L’obbligo di conservazione di atti e documenti, stabilito a soli effetti tributari, non può eccedere il termine di dieci anni dalla loro emanazione o dalla loro formazione.”
Il Parlamento dunque potrebbe (e dovrebbe) intervenire in tal senso. Nel frattempo, questi sono i documenti da conservare in caso di lavori in casa:
- le abilitazioni amministrative in base al tipo di lavori da realizzare, quindi concessione, autorizzazione o comunicazione di inizio lavori;
- la domanda di accatastamento per gli immobili non ancora censiti;
- la delibera dell’assemblea condominiale nel caso di lavori sulle parti comuni degli edifici;
- la tabella millesimale di ripartizione delle spese;
- la dichiarazione di consenso all’esecuzione dei lavori;
- la comunicazione preventiva all’Asl con la data di inizio dei lavori, se obbligatoria in base alle norme sulla sicurezza dei cantieri;
- le fatture e ricevute fiscali;
– le ricevute dei bonifici parlanti; - la comunicazione all’Enea;
- le certificazioni energetiche (ad esempio per la sostituzione degli infissi);
- per il superbonus gli attestati di prestazione energetica prima e dopo gli interventi;
– il visto di conformità, necessario in caso di sconto in fattura o cessione del credito.
Come conservare i documenti?
I contribuenti hanno a che fare con un vero e proprio archivio da conservare, anche se va sottolineato che non è necessario custodire gli originali.
La mole di documenti da conservare è comunque imponente, ma qui viene in soccorso la tecnologia.
I documenti possono infatti essere scannerizzati, salvati in formato pdf e archiviati su penne USB, memorie esterne o anche in cloud.
Source: money.it
Link all’articolo Originale tutti i diritti appartengono alla fonte.