La categoria giuridica della nullità, con riguardo alle deliberazioni dell’assemblea dei condomini, ha una estensione del tutto residuale rispetto alla generale categoria dell’annullabilità, attenendo essa a quei vizi talmente radicali da rendere la deliberazione inidonea a sopravvivere nel modo giuridico. Si può, quindi, affermare come, con la disposizione dell’art. 1137 c.c., il legislatore – mosso dall’intento di favorire la sanatoria dei vizi e il consolidamento degli effetti delle deliberazioni dell’assemblea condominiale – abbia elevato la categoria dell’annullabilità a “regola generale” dell’invalidità delle deliberazioni assembleari, confinando così la nullità nell’area della residualità e dell’eccezionalità.
Delibera nulla per impossibilità giuridica e cappotto termico
Un’assemblea non può certo occuparsi dei beni appartenenti in proprietà esclusiva ai singoli condomini o a terzi, giacché qualsiasi decisione che non attenga alle parti comuni dell’edificio non può essere adottata seguendo il metodo decisionale dell’assemblea, che è il metodo della maggioranza, ma esige il ricorso al metodo contrattuale, fondato sul consenso dei singoli proprietari esclusivi. In altre parole, l’assemblea, quale organo deliberativo della collettività condominiale, può occuparsi solo della gestione dei beni e dei servizi comuni; ne consegue che è abilitata ad adottare qualunque provvedimento, anche non previsto dalla legge o dal regolamento di condominio (avendo le attribuzioni indicate dall’art. 1135 c.c. carattere meramente esemplificativo), purché destinato alla gestione delle cose e dei servizi comuni. Alla luce di quanto sopra, è indubitabile che, in tema di condominio degli edifici, i poteri dell’assemblea, i quali sono fissati tassativamente dal codice (art. 1135 c.c.), non possono invadere la sfera di proprietà dei singoli condomini, tranne che una siffatta invasione sia stata da loro specificamente accettata o nei singoli atti di acquisto o mediante approvazione del regolamento di condominio che la preveda (Cass., civ. sez. II, del 14 maggio 2018, n. 11670). I condomini, quindi, devono valutare preventivamente il progetto di installazione del cappotto, al fine di evitare che la delibera approvata possa essere dichiarata nulla, per lesione del diritto di proprietà dei condomini.
Cappotto termico, davanzali delle finestre e pavimento del balcone: le delibere nulle
La delibera assembleare, anche se finalizzata al contenimento del consumo energetico diretto, non può in alcun modo imporre ai condomini di eseguire opere nelle loro unità immobiliari, a meno che i diretti interessati in assemblea non manifestino in modo espresso il loro consenso. Tuttavia, occorre considerare che lo spessore dei pannelli del cappotto da installare – che deve garantire un’efficiente coibentazione – potrebbe comportare la sostituzione dei davanzali. La proprietà esclusiva delle terrazze e dei balconi, infatti, si estende a tutte le opere necessarie al godimento e all’utilizzazione, quali la pavimentazione, la parte interna ed i davanzali dei parapetti, mentre invece sono di proprietà condominiale la parte esterna dei parapetti, la fascia di coronamento (cornicione o marcapiano) e quella di rivestimento dei bordi aggettanti (frontalini) con relativi intradossi. Di conseguenza, salvo il caso di davanzali chiaramente ornamentali, cioè quelli di palazzi d’epoca o rispetto ai quali è comunemente evidente che la loro fattura sia elemento caratterizzante la facciata, normalmente i davanzali devono essere considerati parti in proprietà esclusiva. Si può, quindi, affermare che ogni decisione e spesa per gli interventi di sostituzione del davanzale, che siano derivate dall’installazione del cappotto termico sulle pareti dell’edificio, restano di competenza esclusiva del proprietario dell’unità immobiliare, con la conseguenza che non possono essere imposte da una delibera condominiale. Allo stesso modo l’assemblea non può certo approvare l’esecuzione di un cappotto termico esterno che, realizzato con pannelli isolanti dallo spessore non precisato, possa andare ad incidere sulla proprietà privata dei terrazzi riducendone la superficie. Per evitare l’inconveniente della riduzione della superfice calpestabile si dovrebbe quindi valutare una coibentazione tramite “insufflaggio” di materiale isolante nell’intercapedine della parete prospiciente i balconi, piuttosto che intervenire con pannelli isolanti dall’esterno.
Cappotto e decoro architettonico
Sembra utile ricordare che l’installazione di un cappotto applicato alla facciata di un edificio condominiale non è un’innovazione voluttuaria, né gravosa ex art. 1121 c.c. Si tratta, però, pur sempre di un’opera innovativa.
In ogni caso una delibera che disponga un’innovazione diretta al miglioramento dell’efficienza energetica del fabbricato non deve essere volta necessariamente anche al «miglioramento del decoro architettonico» della facciata, ma l’eventuale alterazione del decoro architettonico costituisce un limite imposto alla legittimità dell’innovazione (art. 1120 c.c.).
L’installazione di un cappotto termico, quindi, può costituire innovazione lesiva del decoro architettonico del fabbricato condominiale, e, come tale, vietata, non solo se altera le linee architettoniche, ma anche se comunque si riflette negativamente sull’aspetto armonico ello stesso, a prescindere dal pregio estetico che possa avere il caseggiato.
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