Addio all’attestazione di stato legittimo, basterà la sola Cila. La semplificazione del Superbonus, a favore soprattutto dei condomini rimasti finora nella gran parte dei casi bloccati nell’avvio di lavori, sta tutta in questi due documenti. Difficili da interpretare per chi non è un esperto di edilizia, ma che corrispondono a due procedure totalmente diverse.
In attesa dell’agognata proroga al 2023, il passaggio dall’una all’altra permetterà, nelle intenzioni del governo, di superare gli ostacoli, accelerare i lavori e risparmiare denaro. Secondo quanto previsto nelle semplificazioni del decreto Recovery, i lavori di ristrutturazione agevolati al 110% – a meno che non comportino demolizione e ricostruzione – potranno essere realizzati con la sola Comunicazione di inizio lavori asseverata (la Cila appunto).
Non dovrà più essere presentato ‘lo stato legittimo’, ovvero la documentazione, rilasciata da un tecnico abilitato, in cui risulti la regolarità dell’immobile e l’assenza di violazioni urbanistiche. Questo solo però ai fini del Superbonus. Il decreto precisa infatti che «resta impregiudicata ogni valutazione circa la legittimità dell’immobile oggetto di intervento».
In pratica, eventuali abusi potranno comunque essere segnalati e puniti, ma non sarà il tecnico a doverli accertare preventivamente. Si tratta, secondo le stime del ministero della P.a, di una netta accelerazione che permetterà di risparmiare in media 3 mesi di tempo e complessivamente 110 milioni di euro. Gli eccessivi adempimenti burocratici, aggravati dalla situazione di lockdown, hanno infatti frenato l’accesso alla misura soprattutto da parte dei condomini, limitando la portata stessa dell’agevolazione.
Malgrado l’ampia richiesta, i cantieri, come sottolinea Confedilizia, sono rimasti «fermi al palo», tanto che secondo il ministero a fine aprile erano state presentate appena 12.745 domande, di cui solo il 10% per condomini e il restante 90% per edifici unifamiliari e unità immobiliari autonome.
Tra le novità introdotte nel decreto c’è anche la possibilità di usufruire del maxi bonus per l’eliminazione delle barriere architettoniche non solo a favore dei disabili, ma anche degli ultra sessantacinquenni. La condizione per ottenere l’agevolazione è però che i lavori di rimozione degli ostacoli, tra cui rientra anche l’installazione di ascensori, siano realizzati insieme ad altri interventi incentivati con il Superbonus.
Un’altra misura del tutto nuova, ma oggetto di continui tira e molla, riguarda case di cura, ospedali, collegi e convitti, ospizi, conventi e seminari, oltre che le caserme. I lavori realizzati su questi immobili potranno sfruttare il 110%, a patto che i titolari svolgano attività di prestazione di servizi socio-sanitari e assistenziali e i membri del Consiglio di amministrazione non percepiscano alcun compenso o indennità di carica.
L’estensione era inizialmente prevista per alberghi e pensioni che invece – causa costi – sono rimasti all’asciutto, nonostante il periodo di crisi attraversato durante la pandemia. A protestare sono dunque albergatori, Comuni e una parte della maggioranza. L’Anci stigmatizza l’atteggiamento del governo che evidentemente «non considera il turismo strategico», chiedendo una correzione di rotta nella conversione del decreto in Parlamento. Sulla stessa linea Federalberghi, delusa per l’annuncio poi disatteso, e Confalberghi «sconcertata» per il passo indietro dell’esecutivo «dopo 14 mesi di fermo pressoché totale» del turismo. Nella maggioranza è Forza Italia a difendere le istanze del settore. La presidente dei senatori azzurri, Anna Maria Bernini, definisce l’esclusione «un errore madornale».
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