Troppe richieste e le banche ora stringono le maglie sui crediti derivanti dai bonus edilizi. Nei giorni in cui è uscita la notizia che per il Superbonus 110% sono finiti i fondi disponibili, molti clienti stanno ricevendo lettere e telefonate dai loro istituti di credito che li informano che non sconteranno più le fatture dei lavori, in particolare quelli legati al Superbonus. Nella lettera che Intesa Sanpaolo sta inviando in questi giorni, per esempio, si spiega chiaramente che «la norma di legge impone, per tutti gli operatori del mercato, un vincolo di compensazione che prevede che ogni anno i crediti fiscali come quelli edilizi non possano eccedere il livello di imposte e contributi versanti dalla banca e che appunto possono essere oggetto di compensazione». Per questa ragione, l’istitituto è costretto ad ammettere «che, al momento, non siamo in grado di procedere con la sottoscrizione del contratto di cessione del credito, a nulla rilevando l’esito delle analisi che eventualmente Deloitte (che fornisce il servizio di valutazione della correttezza e completezza dei documenti) avesse iniziato».
Da Poste al Banco Bpm
Ma quella di Intesa è l’ultima voce a dare segno di un problema reale. Già Poste Italiane, a lungo principale operatore nel mercato del Superbonus, da tempo ha stretto la borsa, escludendo le imprese e limitandosi ad accettare i crediti solo dei suoi correntisti. Secondo il Messaggero, poi, anche il Banco Bpm ha raggiunto l’obiettivo dei 4 miliardi di volumi totali e ora procederà solo con l’acquisto dei crediti fiscali già contrattualizzati con i clienti. La stessa cosa vale per Unicredit.
Cna: 33 mila imprese artigiane rischiano di fallire
Ora, la situazione rischia di diventare drammatica per le imprese. Sarebbero 33 mila quelle artigiane a rischio fallimento con il blocco della cessione dei crediti, secondo uno studio di Cna, con la perdita di 150 mila posti di lavoro nella filiera delle costruzioni. I crediti fiscali delle imprese che hanno riconosciuto lo sconto in fattura e non monetizzati attraverso una cessione ammonterebbero, sempre secondo Cna, a quasi 2,6 miliardi di euro. “Oltre 60 mila imprese artigiane si trovano con cassetto fiscale pieno di crediti ma senza liquidità e con impatti gravissimi. Il 48,6% del campione parla di rischio fallimento mentre il 68,4% prospetta il blocco dei cantieri attivati”, spiega la Confederazione. Per non essere schiacciata dalla mancata cessione dei crediti, quasi un’impresa su due sta pagando in ritardo i fornitori, il 30,6% rinvia tasse e imposte e una su cinque non riesce a pagare i collaboratori.
Metà delle imprese non trova a chi cedere i crediti
Dall’analisi dei fatturati e della consistenza media dei crediti dall’indagine della Cna emerge che le imprese con giro d’affari di 150 mila euro detengono 57 mila euro di crediti nel proprio cassetto fiscale (38,2%). Alla crescita del fatturato l’incidenza tende a scendere pur restando rilevante: un’impresa con 750 mila euro di ricavi sconta 200 mila euro di crediti bloccati. Il 47,2% delle imprese dichiara di non trovare soggetti disposti ad acquisire i crediti, mentre il 34,4% lamenta tempi di accettazione dei documenti contrattuali eccessivamente lunghi. Per la cessione dei crediti, le imprese della filiera si sono rivolte principalmente alle banche (63,7%), a seguire Poste (22,6%), poi società di intermediazione finanziaria (5,1%).“Occorre ricordare – sottolinea Cna – che attraverso lo sconto in fattura l`impresa ha anticipato per conto dello Stato un beneficio al cliente, facendo affidamento sulla possibilità, prevista dalla legge, di recuperare il valore della prestazione attraverso la cessione a terzi. Il quadro molto preoccupante deve sollecitare un intervento straordinario da parte dello Stato per scongiurare una gravissima crisi economica e sociale”.
Source: corriere.it
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