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Superbonus, primo decreto Recovery firmato Cingolani – L’HuffPost

Pier Marco Tacca via Getty Images

MILAN, ITALY – FEBRUARY 23: Roberto Cingolani, scientific director of the Italian Institute of Technology (IIT) attends the launch of Corriere Innovazione at the Unicredit Pavilion on February 23, 2018 in Milan, Italy. Corriere Innovazione is new a monthly magazine which will be dedicated to the culture of innovation and science. (Photo by Pier Marco Tacca/Getty Images)

Le prime regole per far funzionare i progetti del Recovery da 248 miliardi ci sono già. Sono quelle messe nero su bianco dal ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani. A cosa servono lo spiega in una lettera, inviata a Mario Draghi, per presentare le 106 pagine dello schema di decreto che le contiene. “Lo schema di decreto legge – scrive il ministro – rappresenta la strumentazione giuridica e amministrativa essenziale per la realizzazione, in tempi brevi, delle principali riforme alla Missione 2” del Piano. La più pesante in termini di soldi (68,6 miliardi) e calibrata su una eterogeneità di interventi, dalla gestione dei rifiuti alle rinnovabili, dal superbonus all’agricoltura sostenibile. 

Il provvedimento è già sulle scrivanie dei funzionari del Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi di palazzo Chigi, la struttura che supporta Draghi nel coordinamento dell’attività normativa. Potrà restare un decreto autonomo o confluire nel più ampio decreto Semplificazioni che arriverà a maggio, ma la questione del contenitore è secondaria rispetto all’obiettivo. La traccia è quella della semplificazione. Non a caso lo schema del decreto parte proprio dalle “misure di accelerazione dei procedimenti di valutazione e autorizzazione ambientale”. Se non si aggredisce la burocrazia “verde”, i progetti del Recovery diventano carta straccia. Di fatto non finanziati dall’Europa perché ogni progetto ha una sua tempistica: va rispettata. E se il Governo ha potuto scegliere e posizionare i progetti lungo un orizzonte di scadenze è solo perché a monte c’è un abbattimento dei tempi per le autorizzazioni ambientali. La scommessa sarà centrata se l’assetto delle norme definito in questo schema di decreto saranno capaci di generare decisioni tempestive. 

Se fallisce il filone delle semplificazioni a saltare sono i progetti, ma anche la credibilità politica dell’Italia nell’affrontare la sfida più importante del Recovery, insieme al digitale: la transizione verde su cui l’Europa punta non solo per la ricostruzione post pandemia, ma anche per mettersi al passo dei grandi pezzi di mondo – dagli Stati Uniti alla Cina – che guardano al green come nuovo protocollo non solo economico e industriale, ma anche sociale. E per l’Italia degli abusi edilizi e dal territorio fragile la sfida è doppia. Perché è il salto a essere doppio. Ancora una volta le debolezze strutturali, mai affrontate o comunque senza una strategia compiuta, a cui si sono sommati i danni della pandemia. Quanto sia grave la fragilità ambientale del Paese l’ha ricordato anche Draghi nella prefazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza: “Secondo le stime dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra), nel 2017 il 12,6 per cento della popolazione viveva in aree classificate ad elevata pericolosità di frana o soggette ad alluvioni, con un complessivo peggioramento rispetto al 2015. Dopo una forte discesa tra il 2008 e il 2014, le emissioni
pro capite di gas clima-alteranti in Italia, espresse in tonnellate equivalenti, sono rimaste sostanzialmente inalterate nel 2019”.

La Valutazione di impatto ambientale: tempi di autorizzazione più veloci. Una commissione speciale per il Recovery

I procedimenti di Via (Valutazione di impatto ambientale), cioè le procedere per stimare l’impatto ambientale di un’opera, hanno tempi lunghissimi: in media più di due anni, con punte di quasi sei. La verifica di assoggettabilità alla Via non è da meno: circa 11 mesi, da minimo di 84 giorni a un massimo di 634. E le cose stanno così oggi come nel 2017: nessuna avanzamento. In questo modo l’Italia avrà bisogno di 24 anni per raggiungere gli obiettivi sulla produzione di energia da fonte eolica e di 100 anni per centrare quelli legati al fotovoltaico.

Da qui si capisce come e perché le opere sono bloccate dalla burocrazia. Nello schema di decreto all’esame di palazzo Chigi si prevede che la Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale Via-Vas dia precedenza ai progetti che hanno un valore economico superiore ai 5 milioni “ovvero una ricaduta in termini di maggiore occupazione attesa superiore a 15 unità di personale”. Ma la corsia preferenziale è data anche ai progetti che sono legati a scadenze non superiori a un anno, fissate con termini perentori, e ai progetti relativi a impianti già autorizzati e con l’autorizzazione che scade entro un anno dalla presentazione dell’istanza.

La grande novità è la Commissione tecnica Pniec-Pnrr: le opere previste nel Recovery passeranno da qui, da una Via speciale statale con tempi più rapidi per la conclusione del procedimento. Saranno 40 i componenti della commissione che già nella sua denominazione ingloba la logica del Recovery con quella del Pniec, il Piano nazionale integrato per l’energia e il clima che guarda al 2030. Nelle norme anche un coordinamento per applicare in modo uniforme la Via su tutto il territorio nazionale, in modo da evitare procedimenti e decisioni disallineati. 

Procedure più veloci per le rinnovabili

Un capitolo del decreto è dedicato alle norme di semplificazione in materia di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. La Commissione competente si esprime al massimo entro 170 giorni dalla pubblicazione della documentazione richiesta e predispone il provvedimento della valutazione di Via. Entro un mese il direttore generale del ministero dell’Ambiente adotta il provvedimento, previa acquisizione del parere del Mibact, che ha un mese per farlo. Se entro trenta giorni non si pronuncia, allora il parere del Mibact si intende acquisito. 

Superbonus anche con il condono in corso. L’agevolazione estesa a pensioni e alberghi 

La riqualificazione energetica degli edifici è un altro pilastro del decreto Cingolani. Spicca il superbonus al 110%: sarà prorogato fino al 2023 (i soldi nella manovra di autunno) e sarà semplificato perché tutti o quasi sono d’accordo sulla validità dell’agevolazione, ma sono tanti quelli che lamentano procedure farraginose che alla fine disincentivano le richieste. Alcune norme sono già anticipate, a iniziare dal fatto che lo sconto per i lavori di efficientamento energetico e di adeguamento antisismico sarà valido anche per gli alberghi e per le pensioni. 

Tra le difficoltà che molti riscontrano per la realizzazione degli interventi di riqualificazione c’è quella di fare parte di condomini dove sono presenti case con abusi urbanistici. Le regole attuali prevedono che se anche una sola delle abitazioni presenta un’irregolarità allora tutte le altre non possono richiedere la certificazione di stato legittimo dell’immobile e quindi accedere al superbonus. Con le nuove norme, invece, è consentito il rilascio dello stato legittimo a una singola abitazione al di là degli abusi, interni o esterni, presenti in altre unità abitative dello stesso edificio. C’è anche un’altra norma che, spiega il testo, è funzionale a impedire “onerose questioni burocratiche”: potranno accedere agli incentivi anche quanti hanno in corso “domande di condono edilizio”. Se però poi la richiesta di sanatoria sarà respinta allora scatterà la revoca del superbonus. 

Più personale contro il dissesto idrogeologico

Le Regioni potranno contare su più personale per gli interventi di contrasto al dissesto idrogeologico. A ogni commissario (i presidenti di Regione ndr) sarà affiancato un Ufficio speciale per il contrasto al dissesto idrogeologico: i soldi dal Recovery, ma anche da fondi nazionali, e comunque per coprire le spese al massimo fino alla fine del 2026. Il personale varia da Regione a Regione. Si va da un minimo di 5 unità della Valle d’Aosta a un massimo di 30 per la Lombardia. Tutto questo perché per il Governo gli interventi di prevenzione, mitigazione e contrasto del rischio idrogeologico sono di interesse nazionale e gli investimenti pubblici per la difesa del suolo sono prioritari rispetto all’ordinaria gestione di tutte le pubbliche amministrazioni coinvolte.

Espropri più veloci a difesa del suolo

Gli espropri avranno procedure più rapide se servono a eliminare o contenere i rischi che derivano dal dissesto idrogeologico, “a tutela del supremo obiettivo di salvaguardia della vita umana”. Le procedure saranno più snelle, ma rispettando “un punto di equilibrio tra la salvaguardia della vita umana e la normativa vigente in materia di espropri”, pur mantenendo “tutte le salvaguardie minime a tutela degli interessi costituzionalmente garantiti”. 

I forestali passano sotto le dipendenze del ministero della Transizione ecologica

I carabinieri del Comando unità forestali, ambientali e agroalimentari, conosciuti come forestali, passano dalla dipendenza dal ministro delle Politiche agricole  quello della Transizione ecologica, per le materie che riguardano la tutela ambientale e la transizione ecologica. Il ministero delle Politiche agricole si può avvalere del lavoro della Forestale limitatamente allo svolgimento “delle specifiche funzioni espressamente riconducibili alle attribuzioni del medesimo dicastero”.

Source: huffingtonpost.it

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