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Superbonus, ristrutturare casa può diventare un buon investimento (con il 2,5% netto) – ilmessaggero.it

Ristrutturare casa e guadagnarci pure. Del superbonus 110% si è detto praticamente tutto.

Ma c’è un aspetto che forse in pochi valutano attentamente: la possibilità di ottenere dai soldi investiti nella ristrutturazione rendimenti interessanti. Non vale ovviamente se si sceglie lo sconto in fattura, e nemmeno se si opta per la cessione del credito a una banca, visto che in genere anche quando promettono di restituire il 102% del capitale impiegato poi – tra tassi di interesse sui finanziamenti (se servono), richiesta di apertura di conti correnti dedicati, spese per l’istruzione della pratica – non arrivano a restituire nemmeno il cento per cento. A determinate condizioni e in presenza di precisi requisiti può valere invece per chi decide di scegliere la terza opzione prevista: la detrazione fiscale. Così facendo il famoso 10% di spread (la differenza tra cifra spesa e cifra ammessa a detrazione fiscale) andrà tutto nelle tasche del committente lavori.

IL MECCANISMO

Il meccanismo è abbastanza semplice. Se ad esempio spendo per i lavori ammessi al superbonus cinquantamila euro, potrò portare in detrazione nelle dichiarazioni dei prossimi quattro anni, un totale di 55 mila euro, il 10% in più delle spese effettivamente sostenute. A partire dal 2022, la detrazione può essere ripartita in quattro anni. Il che di fatto significa un rendimento del 2,5% annuo. Netto. Garantito. E senza rischi (salvo due casi particolari che nel corso dell’articolo andremo a valutare). Non male. Anzi decisamente un affare. Anche adesso che stiamo assistendo a tassi in risalita di altri investimenti a bassissimo rischio.

RENDIMENTI A CONFRONTO

Per un confronto significativo non prendiamo in considerazione né i titoli di Stato a breve termine (che tra l’altro continuano ad avere rendimenti negativi), né investimenti in azioni (che hanno rischi maggiori) o in bitcoin. Prendiamo ad esempio i Bot a medio termine, come l’asta dal Tesoro per i Btp a 5 anni e a 10 anni. I tassi – è stato sottolineato – sono risultati in “deciso rialzo”. Il rendimento del Btp quinquennale è salito a 1,46% da 1,07% del collocamento di febbraio e quello del decennale è arrivato al 2,14% da 1,81%. Si tratta di tassi nominali, ai quali poi si applicherà la tassazione prevista (attualmente al 12,5%). Non ci vuole un genio della matematica o della finanza per capire che la detrazione fiscale delle spese del superbonus portate in detrazione con il loro 2,5% in più all’anno, risulta più conveniente. E non di poco. C’è qualcosa di paragonabile adesso sul mercato? Lo chiediamo a Roberto Rossignoli, manager di Moneyfarm: «Sì, ci sono i bond americani che danno il 2,5%, e ancora di più quelli legati all’inflazione sia americani che italiani. E ci sono anche obbligazioni societarie con merito creditizio molto elevato». Ma c’è un altro fattore da tenere in considerazione, avverte Rossignoli: la liquidità dell’investimento.

LA LIQUIDITÀ

Chi acquista titoli di Stato sa che, in caso di cambio programmi o necessità varie, può vendere sul mercato quegli stessi titoli prima della loro scadenza naturale. Il disinvestimento anticipato potrebbe anche comportare una perdita (ma non è detto), comunque l’investitore può ritornare in brevissimo tempo in possesso della liquidità. Questo aspetto non vale nel caso del superbonus: una volta spesi i soldi nei cantieri della propria abitazione, non si può più tornare indietro. Salvo decidere, in caso di bisogno di liquidità, di mettere in vendita l’immobile. Il quale a questo punto, se proprio la vogliamo dire tutta, varrà anche di più proprio per effetto dei lavori effettuati. Resta il fattore tempo: la vendita di titoli di Stato in genere è immediata, la vendita di un immobile può richiedere anche mesi. Decidere di usufruire del superbonus con la detrazione fiscale, non è però una scelta valida per tutti. Prima condizione: bisogna avere il capitale a disposizione (gli italiani hanno la bellezza di oltre 1.600 miliardi di euro parcheggiati nei depositi bancari, secondo i dati della Banca d’Italia). Ma serve anche la capienza Irpef. Ovvero le tasse Irpef che si versano ogni anno devono essere almeno uguali (per non rischiare, meglio se superiori) alla cifra da detrarre. Altrimenti la differenza è persa. Facciamo un esempio. Secondo i report dell’Enea sul superbonus per efficientamento energetico, la cifra media sostenuta dai proprietari di villette è poco più di 110.000 euro. Costoro quindi potrebbero portare in detrazione dall’imponibile Irpef un totale complessivo di 121.000 euro, che spalmati su 4 anni fanno 30.250 euro all’anno. La detrazione però, come detto, non può essere più alta delle tasse da pagare. Cosicché se queste ultime si aggirano ad esempio intorno ai 20.000 euro l’anno, andrebbero persi 10.250 euro di “rimborsi annuali” sotto forma di detrazione per mancanza di capienza fiscale. È bene quindi verificare quanto si versa ogni anno di tasse nel 730 o in Redditi. Giusto per avere un’idea: chi ha un reddito imponibile di 55.000 euro paga di Irpef al massimo 17.220 euro. Quindi gli converrà la scelta “superbonus con detrazione fiscale” fino a un tetto di spesa per i lavori di circa 60.000 euro che con il 110% consentono di detrarre 16.500 euro l’anno (66.000/4). Sempre che non abbia anche altre detrazioni. Più i lavori costano, più la detrazione è alta e più deve essere alta anche la capienza fiscale del reddito imponibile. Volendo, comunque, si può scegliere di cedere solo una parte del credito spettante e il resto portarlo in detrazione.

I RISCHI

Occhio alla capienza fiscale prevista per i prossimi quattro anni. Per intenderci: se l’imponibile diminuisce, si rischia di tagliare fuori una parte delle detrazioni. C’è poi un altro “rischio” da tenere presente: in caso di morte, le detrazioni fiscali già maturate passano agli eredi che conservano la detenzione materiale e diretta del bene, anche come seconda casa. Se invece la danno in affitto, la detrazione è persa.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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Source: ilmessaggero.it

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