Nel quinquennio 2016-2020 aveva dichiarato redditi per 33mila euro, poi all’improvviso, nel 2021, ha acquistato crediti per bonus facciate per 12 milioni di euro. Un miracolo o un imbroglio, hanno pensato i funzionari dell’Agenzia delle entrate appena hanno messo gli occhi addosso al 49enne Alessandro Trerotoli, avviando una verifica che poi si è trasformata in notizia di reato, quindi in un’indagine della Guardia di finanza, infine in sequestro disposto dal procuratore Roberto Rossi e dal pm Lanfranco Marazia.
Centoquaranta i milioni sottratti al titolare della ditta edile Unica srl di Bari e a 11 persone fisiche e 13 imprese risultanti cedenti-cessionarie di presunti crediti d’imposta fittizi, le cui sedi – in Lazio, Lombardia e Veneto, oltre che in Puglia – sono state perquisite dai militari del Nucleo di polizia economico finanziaria guidati dal colonnello Luca Cioffi.
Il costruttore è al momento l’unico indagato per i reati di emissione di fatture per operazioni inesistenti, indebita compensazione, riciclaggio e impiego di denaro e beni di provenienza illecita. Il meccanismo fraudolento era complesso ma elementare al tempo stesso, perché basato su un’evidenza innegabile: i lavori edili per i quali lo Stato ha erogato i crediti tributari non sono mai stati eseguiti. Non un cantiere, hanno annotato gli investigatori al termine dei sopralluoghi, era stato aperto in quelle zone di Bari in cui avrebbero dovuto esserci lavori in corso. Non un operaio era mai stato all’opera.
E dopo tale scoperta, anche gli approfondimenti sui soggetti “primi cedenti” dei crediti, ovvero i proprietari degli immobili da ristrutturare, avevano riservato poche sorprese. C’era un uomo che nel corso del quinquennio 2016-2020, per esempio, aveva dichiarato redditi complessivi per 1.200 euro e sostenuto di averne poi spesi 316mila per i lavori; una donna che ne dichiarava 8mila 900 e ne spendeva 113mila; uno straniero che avrebbe sostenuto costi per 128mila euro a fronte di un reddito da 129 euro. Roba da ridere, se non fosse che tali dichiarazioni erano la trama su cui imbastire la sottrazione di fondi pubblici.
Le stesse persone – sette in tutto – avrebbero anche sostenuto di avere speso per interventi edilizi cifre completamente sproporzionate rispetto al valore degli immobili da ristrutturare. Su un edificio stimato fra i 40 e i 50mila euro, tanto per dirne una, sarebbero stati eseguiti lavori per 1,2 milioni sulla sola facciata (di gran lunga superiore alla ricostruzione in toto); su uno che varrebbe fra 140 e 200mila, interventi per quasi 3 milioni; mentre un milione risulta speso per sistemare un immobile che ne vale circa 250. “Anomalie e incongruenze ricorrenti”, hanno annotato gli investigatori definendo Trerotoli “trait d’union, sia in qualità di persona fisica sia di rappresentante della Unica”, una ditta che fino al 2019 non ha presentato dichiarazione dei redditi e non aveva dipendenti ma che nel 2020 ha assunto sette persone e dichiarato un giro d’affari di 410mila euro.
“Trerotoli – è spiegato nel decreto di sequestro – non svolge alcuna attività imprenditoriale attinente all’edilizia e non presenta una capacità reddituale e finanziaria congrua con l’acquisto di crediti di imposta milionari”. Di lui, inoltre, si ricorda che “è persona gravata da precedenti per reati economico-finanziari”, facendo riferimento al coinvolgimento, nel 2012, in un’inchiesta sulle truffe alle assicurazioni tramite falsi incidenti stradali. In questo caso, invece, di falso c’erano i lavori edili. E di vero i soldi incassati grazie al bonus facciate, che consentiva la detrazione fiscale del 90 per cento delle spese sostenute negli anni 2020 e 2021 oppure la possibilità di utilizzare un credito d’imposta pari al 90 per cento cedibile a terzi e, quindi, monetizzabile.
Proprio per monetizzare era stato realizzato “un circuito fraudolento”, nell’ambito del quale le cessioni dei crediti, da parte di persone teoricamente sconosciute fra loro, avvenivano con caratteristiche ricorrenti e a volte anche negli stessi giorni. Tra i vari cessionari è risultata rilevante la posizione di un commercialista della provincia di Monza, il quale avrebbe ceduto alla Unica crediti per 14 milioni. La Unica, da parte sua, avrebbe ceduto crediti a una società che si trovava in procedura fallimentare (fallita nel febbraio scorso). Mentre fra i “primi cedenti” risulta una ditta veneta che ha evaso totalmente il fisco nel 2019 e ancora oggi è rappresentata legalmente da una persona deceduta sette mesi fa. In questo complicato gioco di cessioni, quel che è risultato chiaro alla fine è che i crediti a monte sono inesistenti perché riferiti a lavori mai effettuati.
Per questo il procuratore Rossi e pm Marazia ne hanno disposto il sequestro, definendoli il corpo del reato. Il riciclaggio viene invece contestato a Trerotoli perché avrebbe reimpiegato nella Unica denaro frutto di altri reati.
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