«Quando tempo addietro dissi a qualche collega che con il Superbonus 110% lo Stato avrebbe perso almeno 20 miliardi di euro, mi diedero del folle. I fatti dimostrano che invece la stima rischia di essere addirittura sottostimata: i 4,4 miliardi già accertati e le operazioni di queste ore sono solo la punta dell’iceberg di un sistema assolutamente da rivedere». Lapidario il commento di Mario Palermo Cerrone, consulente e amministratore di Rcs Italia, in merito all’ultima notizia di cronaca che ha visto la Guardia di Finanza sequestrare 83 milioni di euro a un consorzio edile per presunte irregolarità sul Superbonus.
Mario Palermo Cerrone però premette: «Non ritengo utile giudicare la normativa Bonus e Superbonus partendo da quanto racconta la cronaca di truffe e danni erariali. Le truffe sono state poste in essere senza neanche montare un ponteggio e/o aprire un cantiere; insomma, non hanno nulla a che vedere con i lavori di risanamento ed efficientamento. Volendo fare un paragone estremo, è come affermare che la normativa fiscale di uno Stato è sbagliata perché ci sono gli evasori. Il problema in questo caso – purtroppo non isolato – è l’efficacia dei controlli: bastava imporre, a mio parere, ai beneficiari della detrazione una polizza assicurativa a favore dello Stato sull’intero importo detraibile, oppure imporre ai gestori delle pratiche (Es. Poste Italiane S.p.A. – 29,3% del Ministero dell’Economia e delle Finanze e 35% Cassa Depositi e Prestiti) controlli sul campo e certificazioni aggiuntive».
Attenti a demonizzare il bonus: «L’intenzione di base del Governo di ravvivare il settore dell’edilizia, oramai trainante per il nostro Paese vista la conclamata assenza delle grandi industrie, non può che trovarmi favorevole», spiega Palermo Cerrone. Che però puntualizza: «La normativa, e soprattutto i ripetuti interventi di modifica, hanno sofferto dell’influenza della situazione di questi ultimi due anni; la pandemia ha emotivamente indotto il legislatore ad adottare soluzioni di breve/brevissimo periodo. Si è creata una sorta di corsa all’ultimo treno; la fretta, come noto, è cattiva consigliera. Considerata la questione nel complesso, il risanamento del patrimonio edilizio e l’adeguamento dello stesso a criteri di risparmio energetico, andavano a mio avviso pianificati sul lungo periodo con incentivi magari minori, ma certi e duraturi».
In queste ore, si discute a Roma dell’attestazione Soa come soluzione a quella che sta diventando una sorta d’emergenza. «Sicuramente – sostiene Palermo Cerrone – ad averla adottata prima si sarebbe fatta una grande selezione. Le società in possesso di tale attestazione hanno comunque una struttura d’impresa preesistente. Ma non avremmo certamente fermato il fenomeno truffe. Trattandosi di fondi pubblici, in estrema sintesi, sarebbe bastato trattare l’argomento utilizzando alcune procedure previste dal codice dei contratti pubblici. Una su tutte, una fideiussione assicurava/bancaria, prima della reale erogazione del credito».
«Le criticità del momento – continua Palermo Cerrone – sono la diretta conseguenza dell’intero impianto normativo. Il cosiddetto Bonus Facciate 90% ha sofferto di eccessiva magnanimità quanto a limiti e vincoli. L’impianto normativo del Superbonus 110% è stato invece decisamente più razionale ma non supportato da una visione di lungo termine. Sicuramente chi ritiene opportuno cassare la norma appartiene al fronte del no sistematico. Oggi l’Italia paga le conseguenze dei tanti “No”, in tutti i settori. Si può anche decidere di non fare nulla in assoluto e aspettare che tutto ci crolli addosso, dipendendo da altri Stati per l’energia, incrementando l’esercito dei disoccupati, impoverendo chi oggi tira la carretta, smembrando interi settori delle Pmi e correndo dietro a decisioni prese da entità esterne al nostro Paese. Non credo sia la soluzione».
E in merito alla dipendenza energetica dagli altri Stati, e all’appello di alcuni osservatori di sfruttare misure per la ripartenza del settore edile dirottandoli su impianti autonomi e rinnovabili, Palermo Cerrone è critico: «Siamo in una fase di transizione con idee ancora non chiare da un punto di vista globale. Ma c’è comunque da dire. Siamo un Paese baciato dal sole (la Sicilia ad esempio potrebbe diventare l’Arabia Saudita dell’elettrico) e non capisco quindi cosa impedisca di imporre ad ogni singolo edificio esistente o in costruzione (tranne quelli di rilievo storico) un sistema di produzione di energia elettrica viste le molteplici soluzioni tecniche disponibili. Evidentemente a qualcuno interessa fare altro ed oggi, con il conflitto in Ucraina, ce ne rendiamo conto».
Source: ilmattino.it
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