Il bonus bollette certifica la nostra fragilità. È la fotografia di un’impotenza, di come più di Francia o Germania ci siamo ritrovati spiazzati davanti a qualcosa di imponderabile. Abbiamo pensato che un’economia fondata sulla manifattura potesse andare avanti tranquillamente senza un piano energetico. Ci siamo affidati alla sorte. La crisi ucraina ora ci dice che sulla roulette della Storia è uscito il numero sbagliato e ci tocca riconoscere che no, non c’è una via di fuga. È il prezzo che paghiamo per aver detto no al nucleare e non aver neppure davvero immaginato un’alternativa. Il bonus è il racconto di un fallimento. È uno strumento tampone che non sana una debolezza strutturale. L’aumento fuori controllo dei costi energetici non è un’emergenza. È un cambio di prospettiva e si rischia di non tornare più indietro. Che fai adesso? Vai avanti di bonus in bonus. È come curare una malattia cronica con l’aspirina, solo che ti costa molto di più.
È lo specchio di una politica economica che di fronte a qualsiasi malessere cerca una risposta facile, immediata, buona per rassicurare tutti nel breve periodo. I bonus dicono molto di più di quanto appaia. È una filosofia, che poco alla volta finisce per avvelenare la democrazia. È lì infatti che si nasconde il sistema delle clientele, con il prezzo dei voti che finisce per appesantire il debito pubblico. Non c’è nulla spesso di illegale. È solo un modo di incarnare la politica, lasciando però l’Italia in una condizione di perenne emergenza. Tutto questo negli ultimi anni è diventato ancora più evidente.
Ecco come funziona. C’è un disagio, quasi sempre reale. L’ultimo caso, solo per fare un esempio, è la devastazione mentale provocata dalla pandemia. Il problema c’è. La risposta è il bonus di assistenza psicologica che il ministro Speranza sta inserendo nel Decreto Milleproroghe. È un sostegno. Ci può anche stare, ma poi tutto si ferma qui. È la stessa logica degli altri bonus. È il bonus vacanze con la speranza di salvare gli alberghi. È il bonus facciate, elettrodomestici, mobili, caldaie, zanzariere, idrico, affitto, nido, bebè, baby sitter, terme, animali domestici, biciclette, auto nuove e usate, partite Iva, rottamazione tv, occhiali, cinema, edicole, chef e si può continuare così per ore. C’è il bonus verde e il famigerato superbonus. C’è il fallimento del cashback per aiutare le famiglie e disincentivare l’uso del contante. Tutti possono avere un senso, nessuno però offre una soluzione politica di lungo respiro. La realtà è che dietro a ogni bonus c’è il lavoro di un gruppo di pressione, di una lobby. Il bonus ti assicura un consenso. La parte tragica di questa storia è che la politica spesso non sa andare oltre questo scambio primordiale. È anche da qui che viene il disastro trentennale sull’energia. È una politica che non sa, e non sente il bisogno, di pensare. Al di là del voto c’è il deserto.
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